Per il mese di giugno, il Papa chiede ai fedeli di pregare affinché i Paesi più poveri
siano liberati dal peso del debito estero. Il commento di Sergio Marelli
“Perché l’attenzione internazionale verso i Paesi più poveri susciti un più concreto
aiuto, in particolare per sollevarli dallo schiacciante onere del debito estero”:
è l’intenzione generale di preghiera di Benedetto XVI per il mese di giugno. Il Papa
torna quindi a chiedere un supplemento di solidarietà verso chi è nel bisogno, specie
in un periodo di crisi economica. Sul richiamo del Pontefice, Alessandro Gisotti
ha intervistato Sergio Marelli, direttore generale della Focsiv:
R. - Penso
che sia una costante dei messaggi dei Pontefici, che all’avvicinarsi dei grandi appuntamenti
internazionali - in questo caso il vertice del G8 all’Aquila, che si terrà il prossimo
6-8 luglio - richiamano questa necessità di preoccuparsi anche dei Paesi poveri. Mi
sembra che quest’anno, in questa congiuntura economica finanziaria così grave, tale
richiamo sia oltremodo opportuno. Pensare di trovare delle soluzioni a questa crisi,
che si è abbattuta anche su noi, in Italia, senza pensare a delle soluzioni globali
che coinvolgano anche i Paesi poveri sia, fondamentalmente, come pensare a una “non
soluzione”. D. - Nel recente discorso ad otto ambasciatori ricevuti
in Vaticano per le lettere credenziali, il Papa ha messo l’accento su due punti: solidarietà
verso i più bisognosi e sobrietà nello stile di vita. E’ lungo queste due direttrici
che si può davvero invertire la rotta? R. - E’ un messaggio
che noi accogliamo con grande favore perché Focsiv con i suoi volontari, in qualche
modo, ha sempre cercato di incarnare esattamente questa idea, cioè che insieme alle
grandi scelte che bisogna fare - la cancellazione del debito, stanziare risorse adeguate
per aiutare i Paesi poveri, mettere in atto dei meccanismi e riformare le strutture
perché ci sia più giustizia a livello planetario - occorra anche un atteggiamento
personale. Molti cittadini che incontriamo nel nostro lavoro ci dicono: “Ma noi che
cosa possiamo fare?” Il nostro messaggio è sempre quello che Benedetto XVI ha ricordato:
ci vogliono le grandi scelte ma occorrono anche delle scelte di vita quotidiane, piccole,
costanti, che vengono fatte a livello individuale… quello che il Papa definisce giustamente
“uno stile di vita più sobrio”, perché questo livello di consumi non ci consentirà
di lasciare alle generazioni prossime un futuro che sia sostenibile. D.
- Nella Messa di Pentecoste il Papa ha sottolineato che, accanto a un inquinamento
ecologico, c’è anche un “inquinamento del cuore e dello spirito”. Non è possibile
un’economia senza etica, ci ricorda il Papa… R. - L’etica viene
prima di tutto. I fondamenti dei valori devono essere quelli che orientano e che guidano
le scelte in tutti i campi della vita politica e sociale. Un’economia e una finanza
che non siano ispirate e orientate al bene comune e, quindi, a dei valori etici, portano
a dei risultati e a delle situazioni che purtroppo oggi stiamo constatando anche noi
nei nostri Paesi ma che, soprattutto, stanno vivendo i Paesi poveri e le popolazioni
povere del Sud del mondo. La massimizzazione del profitto, anche a costo di violare,
di calpestare i diritti umani, è una di quelle storture che portano a un sistema malato.
Porta a quelle che Giovanni Paolo II chiamava le “strutture di peccato”. Penso che
riporre l’etica, oggi, nei fondamenti delle scelte personali e delle scelte collettive
sia il grande imperativo e la grande urgenza cui giustamente la Chiesa ci richiama.