Benedetto XVI nella solennità di Pentecoste: come esiste un inquinamento atmosferico
così esiste un inquinamento del cuore e dello spirito
La Chiesa è oggi in festa per la solennità di Pentecoste. Benedetto XVI ha presieduto
stamani la Santa Messa nella Basilica Vaticana per celebrare la discesa dello Spirito
Santo su Maria e sugli Apostoli nel Cenacolo. Cinquanta giorni dopo la Pasqua si realizza
quanto Gesù aveva promesso ai discepoli: il battesimo nello Spirito Santo e l’effusione
di una potenza dall’alto per avere la forza di annunciare il Vangelo a tutte le nazioni.
Con la Pentecoste si compie il progetto di Dio di dar vita ad un popolo nuovo e nasce
la Chiesa. Nell’omelia il Santo Padre si è soffermato sulle immagini con cui viene
rappresentato lo Spirito Santo. Di seguito il testo integrale dell’omelia del Papa
nella solennità di Pentecoste:
Cari fratelli e sorelle!
Ogni
volta che celebriamo l’Eucaristia, viviamo nella fede il mistero che si compie sull’altare,
partecipiamo cioè al supremo atto di amore che Cristo ha realizzato con la sua morte
e risurrezione. L’unico e medesimo centro della liturgia e della vita cristiana –
il mistero pasquale – assume poi, nelle diverse solennità e feste, “forme” specifiche,
con ulteriori significati e con particolari doni di grazia. Tra tutte le solennità,
la Pentecoste si distingue per importanza, perché in essa si attua quello che Gesù
stesso aveva annunciato essere lo scopo di tutta la sua missione sulla terra. Mentre
infatti saliva a Gerusalemme, aveva dichiarato ai discepoli: “Sono venuto a gettare
fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso!” (Lc 12,49). Queste parole
trovano la loro più evidente realizzazione cinquanta giorni dopo la risurrezione,
nella Pentecoste, antica festa ebraica che nella Chiesa è diventata la festa per eccellenza
dello Spirito Santo: “Apparvero loro lingue come di fuoco… e tutti furono colmati
di Spirito Santo” (At 2,3-4). Il vero fuoco, lo Spirito Santo, è stato portato sulla
terra da Cristo. Egli non lo ha strappato agli dèi, come fece Prometeo, secondo il
mito greco, ma si è fatto mediatore del “dono di Dio” ottenendolo per noi con il più
grande atto d’amore della storia: la sua morte in croce.
Dio
vuole continuare a donare questo “fuoco” ad ogni generazione umana, e naturalmente
è libero di farlo come e quando vuole. Egli è spirito, e lo spirito “soffia dove vuole”
(cfr Gv 3,8). C’è però una “via normale” che Dio stesso ha scelto per “gettare il
fuoco sulla terra”: questa via è Gesù, il suo Figlio Unigenito incarnato, morto e
risorto. A sua volta, Gesù Cristo ha costituito la Chiesa quale suo Corpo mistico,
perché ne prolunghi la missione nella storia. “Ricevete lo Spirito Santo” – disse
il Signore agli Apostoli la sera della risurrezione, accompagnando quelle parole con
un gesto espressivo: “soffiò” su di loro (cfr Gv 20,22). Manifestò così che trasmetteva
ad essi il suo Spirito, lo Spirito del Padre e del Figlio. Ora, cari fratelli e sorelle,
nell’odierna solennità la Scrittura ci dice ancora una volta come dev’essere la comunità,
come dobbiamo essere noi per ricevere il dono dello Spirito Santo. Nel racconto, che
descrive l’evento di Pentecoste, l’Autore sacro ricorda che i discepoli “si trovavano
tutti insieme nello stesso luogo”. Questo “luogo” è il Cenacolo, la “stanza al piano
superiore” dove Gesù aveva fatto con i suoi Apostoli l’Ultima Cena, dove era apparso
loro risorto; quella stanza che era diventata per così dire la “sede” della Chiesa
nascente (cfr At 1,13). Gli Atti degli Apostoli tuttavia, più che insistere sul luogo
fisico, intendono rimarcare l’atteggiamento interiore dei discepoli: “Tutti questi
erano perseveranti e concordi nella preghiera” (At 1,14). Dunque, la concordia dei
discepoli è la condizione perché venga lo Spirito Santo; e presupposto della concordia
è la preghiera.
Questo, cari fratelli e sorelle,
vale anche per la Chiesa di oggi, vale per noi, che siamo qui riuniti. Se vogliamo
che la Pentecoste non si riduca ad un semplice rito o ad una pur suggestiva commemorazione,
ma sia evento attuale di salvezza, dobbiamo predisporci in religiosa attesa del dono
di Dio mediante l’umile e silenzioso ascolto della sua Parola. Perché la Pentecoste
si rinnovi nel nostro tempo, bisogna forse – senza nulla togliere alla libertà di
Dio – che la Chiesa sia meno “affannata” per le attività e più dedita alla preghiera.
Ce lo insegna la Madre della Chiesa, Maria Santissima, Sposa dello Spirito Santo.
Quest’anno la Pentecoste ricorre proprio nell’ultimo giorno di maggio, in cui si celebra
solitamente la festa della Visitazione. Anche quella fu una sorta di piccola “pentecoste”,
che fece sgorgare la gioia e la lode dai cuori di Elisabetta e di Maria, una sterile
e l’altra vergine, divenute entrambe madri per straordinario intervento divino (cfr
Lc 1,41-45). La musica e il canto, che accompagnano questa nostra liturgia, ci aiutano
anch’essi ad essere concordi nella preghiera, e per questo esprimo viva riconoscenza
al Coro del Duomo e alla Kammerorchester di Colonia. Per questa liturgia, nel bicentenario
della morte di Joseph Haydn, è stata infatti scelta molto opportunamente la sua Harmoniemesse,
l’ultima delle “Messe” composte dal grande musicista, una sublime sinfonia per la
gloria di Dio. A voi tutti convenuti per questa circostanza rivolgo il mio più cordiale
saluto.
Per indicare lo Spirito Santo, nel racconto
della Pentecoste gli Atti degli Apostoli utilizzano due grandi immagini: l’immagine
della tempesta e quella del fuoco. Chiaramente san Luca ha in mente la teofania del
Sinai, raccontata nei libri dell’Esodo (19,16-19) e del Deuteronomio (4,10-12.36).
Nel mondo antico la tempesta era vista come segno della potenza divina, al cui cospetto
l’uomo si sentiva soggiogato e atterrito. Ma vorrei sottolineare anche un altro aspetto:
la tempesta è descritta come “vento impetuoso”, e questo fa pensare all’aria, che
distingue il nostro pianeta dagli altri astri e ci permette di vivere su di esso.
Quello che l’aria è per la vita biologica, lo è lo Spirito Santo per la vita spirituale;
e come esiste un inquinamento atmosferico, che avvelena l’ambiente e gli esseri viventi,
così esiste un inquinamento del cuore e dello spirito, che mortifica ed avvelena l’esistenza
spirituale. Allo stesso modo in cui non bisogna assuefarsi ai veleni dell’aria – e
per questo l’impegno ecologico rappresenta oggi una priorità –, altrettanto si dovrebbe
fare per ciò che corrompe lo spirito. Sembra invece che a tanti prodotti inquinanti
la mente e il cuore che circolano nelle nostre società - ad esempio immagini che spettacolarizzano
il piacere, la violenza o il disprezzo per l’uomo e la donna - a questo sembra che
ci si abitui senza difficoltà. Anche questo è libertà, si dice, senza riconoscere
che tutto ciò inquina, intossica l’animo soprattutto delle nuove generazioni, e finisce
poi per condizionarne la stessa libertà. La metafora del vento impetuoso di Pentecoste
fa pensare a quanto invece sia prezioso respirare aria pulita, sia con i polmoni,
quella fisica, sia con il cuore, quella spirituale, l’aria salubre dello spirito che
è l’amore!
L’altra immagine dello Spirito Santo che
troviamo negli Atti degli Apostoli è il fuoco. Accennavo all’inizio al confronto tra
Gesù e la figura mitologica di Prometeo, che richiama un aspetto caratteristico dell’uomo
moderno. Impossessatosi delle energie del cosmo – il “fuoco” – l’essere umano sembra
oggi affermare se stesso come dio e voler trasformare il mondo escludendo, mettendo
da parte o addirittura rifiutando il Creatore dell’universo. L’uomo non vuole più
essere immagine di Dio, ma di se stesso; si dichiara autonomo, libero, adulto. Evidentemente
tale atteggiamento rivela un rapporto non autentico con Dio, conseguenza di una falsa
immagine che di Lui si è costruita, come il figlio prodigo della parabola evangelica
che crede di realizzare se stesso allontanandosi dalla casa del padre. Nelle mani
di un uomo così, il “fuoco” e le sue enormi potenzialità diventano pericolosi: possono
ritorcersi contro la vita e l’umanità stessa, come dimostra purtroppo la storia. A
perenne monito rimangono le tragedie di Hiroshima e Nagasaki, dove l’energia atomica,
utilizzata per scopi bellici, ha finito per seminare morte in proporzioni inaudite.
Si
potrebbero in verità trovare molti esempi, meno gravi eppure altrettanto sintomatici,
nella realtà di ogni giorno. La Sacra Scrittura ci rivela che l’energia capace di
muovere il mondo non è una forza anonima e cieca, ma è l’azione dello “spirito di
Dio che aleggiava sulle acque” (Gn 1,2) all’inizio della creazione. E Gesù Cristo
ha “portato sulla terra” non la forza vitale, che già vi abitava, ma lo Spirito Santo,
cioè l’amore di Dio che “rinnova la faccia della terra” purificandola dal male e liberandola
dal dominio della morte (cfr Sal 103/104,29-30). Questo “fuoco” puro, essenziale e
personale, il fuoco dell’amore, è disceso sugli Apostoli, riuniti in preghiera con
Maria nel Cenacolo, per fare della Chiesa il prolungamento dell’opera rinnovatrice
di Cristo.
Infine, un ultimo pensiero si ricava ancora
dal racconto degli Atti degli Apostoli: lo Spirito Santo vince la paura. Sappiamo
come i discepoli si erano rifugiati nel Cenacolo dopo l’arresto del loro Maestro e
vi erano rimasti segregati per timore di subire la sua stessa sorte. Dopo la risurrezione
di Gesù questa loro paura non scomparve all’improvviso. Ma ecco che a Pentecoste,
quando lo Spirito Santo si posò su di loro, quegli uomini uscirono fuori senza timore
e incominciarono ad annunciare a tutti la buona notizia di Cristo crocifisso e risorto.
Non avevano alcun timore, perché si sentivano nelle mani del più forte. Sì, cari fratelli
e sorelle, lo Spirito di Dio, dove entra, scaccia la paura; ci fa conoscere e sentire
che siamo nelle mani di una Onnipotenza d’amore: qualunque cosa accada, il suo amore
infinito non ci abbandona. Lo dimostra la testimonianza dei martiri, il coraggio dei
confessori della fede, l’intrepido slancio dei missionari, la franchezza dei predicatori,
l’esempio di tutti i santi, alcuni persino adolescenti e bambini. Lo dimostra l’esistenza
stessa della Chiesa che, malgrado i limiti e le colpe degli uomini, continua ad attraversare
l’oceano della storia, sospinta dal soffio di Dio e animata dal suo fuoco purificatore.
Con questa fede e questa gioiosa speranza ripetiamo oggi, per intercessione di Maria:
“Manda il tuo Spirito, Signore, a rinnovare la terra!”.