Il Papa conclude il mese mariano alla Grotta di Lourdes nei Giardini Vaticani
Domani la Chiesa celebra la solennità di Pentecoste: il Papa presiederà la Messa nella
Basilica Vaticana alle 9.30 e alle 12.00 guiderà il Regina Caeli. Quest'anno la Pentecoste
coincide col 31 maggio, memoria della Visitazione di Maria: perciò si svolgerà questa
sera la conclusione del mese mariano. Nei Giardini Vaticani ci sarà una processione
accompagnata dalla recita del Santo Rosario. Il percorso dei fedeli si svilupperà
dalla Chiesa di Santo Stefano degli Abissini alla Grotta di Lourdes, dove il cardinale
Angelo Comastri, Vicario generale per la Città del Vaticano, guiderà la Liturgia della
Parola. Quindi, Benedetto XVI rivolgerà il suo saluto ai presenti ed impartirà la
sua Benedizione. La Radio Vaticana seguirà l'evento a partire dalle 20.00. Ma come
è nata la devozione mariana del mese di Maggio? Isabella Piro lo ha chiesto
al padre monfortano Stefano De Fiores:
R.
– La devozione del mese mariano, del mese di maggio, è sorta nel ‘700 per opera di
tre gesuiti che hanno operato nel nord, nel centro e nel sud d’Italia. Il più famoso
è certamente Alfonso Muzzarelli, ed hanno approfittato del ciclo della primavera,
quando la natura era in fiore, per convocare tutti i fedeli ad onorare la madre del
Signore, che è il fiore dell’umanità.
D. – Per la donna
di oggi, Maria quale modello rappresenta?
R. – La donna
di oggi s’ispira a Maria, ma secondo la figura biblica e non secondo alcuni clichés
tradizionali che l’hanno presentata come donna passiva e remissiva. Paolo VI, nella
“Marialis Cultus” reagisce contro questa presentazione, invitando ad andare al Vangelo,
dove si vede che Maria, invece, è una donna attiva e responsabile, che prende decisioni
e che proclama il “Magnificat” secondo i criteri di una sapienza divina e non di una
sapienza umana.
D. – “Il Santo Rosario non è una pratica
del passato o una preghiera meccanica”, ricorda spesso il Papa; che valore ha allora,
oggi, questa preghiera mariana?
R. – Il Rosario dev’essere
considerato come un modo per metabolizzare, nella nostra vita, ciò che noi celebriamo
nella liturgia e che noi annunciamo nella Scrittura, cioè i fatti salvifici per la
vita di Cristo – e a cui Maria è stata intimamente unita – vengono meditati e quindi
interiorizzati da parte dei fedeli. Come? Il mezzo migliore che abbiamo, fino a questo
momento, è proprio quello del Rosario, perché ricorriamo a Maria il cui cuore era
veramente – come diceva il Curato D’Ars– scrigno che conteneva i misteri di Dio. Difatti,
Luca ci presenta Maria come Colei che medita nel suo cuore i fatti e le parole riguardanti
Gesù.
D. – Pratica stretta del Rosario è, appunto, lo
sgranamento della coroncina: che valore simbolico ha questo strumento?
R.
– La ripetizione non è da considerare come un qualcosa di estraneo alla spiritualità,
perché fa parte della religione, perché è il solo mezzo che noi abbiamo per interiorizzare.
Non basta dire una volta una cosa, bisogna ripeterla; questa è, diciamo, una prima
spiegazione del fatto che noi ripetiamo. L’altra spiegazione viene dal fatto che,
quando si ama, si ricorre spesso alle stesse parole; “Ti amo” si ripete continuamente,
per cui il Rosario è visto come un dialogo tra amici. Del resto, anche Gesù, nel Giardino
degli Ulivi, ha detto tre volte la stessa preghiera al Padre, perché era sotto l’influsso
di un sentimento molto profondo.
D. – I giovani di oggi
comprendono l’importanza del Rosario? Come aiutarli a capire veramente il valore di
questa preghiera?
R. – Bisogna vincere alcuni condizionamenti,
perché il Rosario è visto, in genere, come preghiera per vecchiette, per gente che
non ha magari niente da fare, e che fa come una specie di cantilena. No, il Rosario
non è questo: senza la meditazione dei misteri, il Rosario è come un corpo senza anima.
Quando il Rosario è trasformato in un’autentica preghiera ed in un’autentica espressione
di spiritualità, perché c’è l’enunciazione biblica, ci sono i momenti di silenzio,
c’è il canto – anche del Gloria al Padre, come ci viene raccomandato da Giovanni Paolo
II -, allora diventa veramente una preghiera dignitosa, e credo che i giovani, una
volta conosciuta e sperimentata, non la lasceranno più.