2009-05-28 12:52:39

Rapporto di Amnesty: diritti umani più violati per la crisi


La crisi economica globale da una parte ha distolto l’attenzione dai conflitti nel mondo, dall’altra ha generato nuove gravi violazioni dei diritti umani. E’ quanto rileva il rapporto annuale 2009 di Amnesty International presentato ieri a Roma, che fotografa la situazione dei diritti umani nel mondo e che contiene capitoli su oltre 150 Paesi. Servizio di Francesca Sabatinelli: RealAudioMP3

Dopo l’11 settembre 2001, i diritti umani sono stati messi in secondo piano dalla Guerra al terrore; oggi accade di nuovo a causa della crisi economica globale che nasconde “un’esplosiva crisi dei diritti umani che è una bomba ad orologeria sociale, politica ed economica”. Il Rapporto di Amnesty International spiega come anche nel 2008 si sia tradita o negata la dignità umana. “Il rischio è che la recessione porti con sé maggiore repressione” spiega l’organizzazione, perché “miliardi di persone sono private di sicurezza, giustizia e dignità. La crisi che le colpisce ha a che fare con la mancanza di cibo, di lavoro, di acqua potabile, di terra e di alloggio”. Tra gli esempi più evidenti: la negazione a comunità indigene, come quelle di Brasile, Messico e India, del diritto fondamentale a una vita dignitosa; gli sgomberi forzati di centinaia di migliaia di persone da insediamenti abitativi precari o terreni agricoli; l’aumento dei prezzi e dunque l’uso del cibo come arma politica in Paesi come Corea del Nord, Myanmar o Zimbabwe; o l’adozione di politiche restrittive come reazione alla pressione migratoria da parte di Paesi di destinazione e di transito. Capitolo che riguarda da vicino l’Italia, che sarà considerata responsabile, avverte Christine Weise, neo-presidente di Amnesty Italia, di ciò che accadrà ad ogni persona che verrà rimandata in Libia dove, spiega ancora il Rapporto, non esiste procedura d’asilo e dove si praticano torture e maltrattamenti. Christine Weise:
 
“Dobbiamo renderci conto che la crisi economica nei Paesi poveri ha effetti assolutamente devastanti; dove la povertà è accentuata da violazioni dei diritti umani e dove la povertà è anche causa di violazioni. Chi è povero non ha accesso all’istruzione che gli darebbe i mezzi per combattere le violazioni e affermare i propri diritti. Bisogna combattere gli effetti devastanti della crisi, migliorando i diritti umani. Chiediamo, per esempio, agli Stati Uniti di ratificare il Patto internazionale sui diritti economici e sociali e culturali. E’ un patto del 1966! Chiediamo, per esempio, alla Cina di ratificare invece il Patto internazionale sui diritti civili e politici: anche quello è un patto del 1966 …”. 
Nel rapporto si evidenzia non solo come i Paesi del G20, pur presentandosi come “soggetto nuovo, in tema di diritti umani dimostrino di avere un approccio vecchio e fallimentare”, ma come proprio in questi Paesi si verifichino il 78% delle esecuzioni, il 79% delle torture e dei maltrattamenti, il 47% dei processi iniqui, il 74% delle detenzioni illegali. Il rispetto dei diritti umani, spiega l’organizzazione, è anche la chiave per far uscire le persone da quella trappola che è la povertà che stringe quei 963 milioni di persone che ogni sera vanno a dormire affamate. Anche a loro è dedicata la nuova campagna di Amnesty International: „Io pretendo dignità”. Daniela Carboni, direttrice ufficio campagne e ricerca:
 
“La dignità può significare tante cose: per chi vive nel delta del Niger, può significare vivere in un ambiente pulito e poter godere, almeno in parte, della ricchezza che le estrazioni petrolifere producono. Per le donne che non riescono ad avere accesso all’assistenza necessaria per non correre rischi addirittura di morte durante la gravidanza e il parto, significa poter andare negli ospedali quando serve e andarci a prescindere dal fatto che se lo possano permettere economicamente o no. E per chi vive negli insediamenti abitativi precari, significa poter raccontare che cosa comporta crescere una famiglia in questi insediamenti e poter chiedere una sistemazione diversa e adeguata”.







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