Imminenti sanzioni internazionali contro la Corea del Nord
Sembrano imminenti le sanzioni internazionali contro la Corea del Nord. Anche Russia
e Cina sarebbero favorevoli a nuove misure dopo i test nucleari e il lancio di missili
da parte di Pyongyang. Intanto le forze congiunte americano-sudcoreane, impegnate
a sud del 38.mo parallelo, hanno alzato il livello di allerta. Una decisione seguita
all’annuncio di Pyongyang di non considerare più valido l’armistizio del 1953 in vigore
tra le due Coree.
Usa-Medio Oriente Faccia a faccia oggi a Washington
tra il capo della Casa Bianca, Barack Obama, ed il presidente dell'Autorità Nazionale
Palestinese, Mahmud Abbas. L’incontro sarà dominato dalla necessità per i palestinesi
di ricevere rassicurazioni sull'impegno Usa per la formula dei ''due Stati''. Quali
sono i risultati che concretamente emergeranno? Salvatore Sabatino lo ha chiesto
a Marcella Emiliani, docente di Relazioni Internazionali all'Università di
Bologna-Forlì:
R. – Credo
che la cosa più importante sia che Barack Obama verifichi lo stato della riappacificazione
tra palestinesi perché, fin quando Mahmud Abbas da una parte e Hanyeh
o Khaled Meshal, cioè Hamas dall’altra, non avranno trovato la maniera di formare
un governo di unità nazionale, Netanyahu ha ragione a dire che Israele non ha interlocutori
per un possibile processo di pace. Processo di cui, peraltro, il premier israeliano
non parla se non in termini economici.
D. – Pochi giorni fa, alla Casa
Bianca, Obama aveva ricevuto proprio il premier israeliano Netanyahu che aveva messo
in luce le divergenze sulla strada per giungere alla ripresa dei negoziati di pace
tra israeliani e palestinesi. Quale è allora il percorso più praticabile? R.
– Allo stato attuale, credo che tutti stiano aspettando le mosse di tutti, nel senso
che Netanyahu cercherà, fin quando possibile, di prendere tempo. Pertanto il premier
israeliano punta su queste divergenze tra i palestinesi e anche tra il mondo arabo.
Quindi serve a questo punto da parte degli Stati Uniti un’accelerazione perché con
questa tattica attendista che tutti stanno mettendo in atto, la situazione sul terreno
va deteriorandosi. Come abbiamo visto, nei Territori si procede ancora a moltiplicare
gli insediamenti: quindi, sempre più nella realtà, la realtà dei due Stati sulla stessa
terra diventa praticamente non percorribile e non praticabile. Pakistan Una
forte esplosione ha scosso la zona nord occidentale di Peshawar. Secondo quanto riferito
da alcuni testimoni citati dalla Reuters, ci sono molti feriti. Su internet, intanto,
i talebani hanno rivendicato l’attacco di ieri a Lahore contro polizia e servizi segreti
pakistani, costato la vita a 24 persone. Un’azione, hanno precisato, compiuta per
rappresaglia contro l’offensiva dell’esercito di Islamabad nella valle dello Swat.
Fonti ufficiali non ritengono però autentica la rivendicazione.
Afghanistan Sempre
più insicura la frontiera tra Pakistan e Afghanistan. Oltre 30 militanti talebani
sono rimasti uccisi negli scontri con le forze di sicurezza supportate dalle truppe
americane nella provincia di Pathika.
Turchia L’aviazione turca ha
bombardato un covo di ribelli curdi nel nord dell’Iraq dopo la morte di sei soldati
di Ankara in seguito all’esplosione di una mina avvenuta oggi nella provincia di Hakkari,
al confine con il Paese del Golfo. Secondo fonti militari locali, l’ordigno era stato
collocato da ribelli del separatista Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk), molto
attivi nella zona. Infine una trentina di persone sono state arrestate dalla polizia
turca perché considerate direttamente legate al Pkk.
Myanmar La giunta
militare del Myanmar smentisce che il processo a carico del Premio Nobel Aung San
Suu Kyi sia di carattere “politico” e chiede che non ci siano interferenze internazionali.
Il servizio di Anna Villani:
Rispondendo
alla richiesta del Consiglio di sicurezza dell'Onu di liberare il Nobel per la Pace
e alla dichiarazione dei suoi avvocati, secondo i quali il processo è “di parte”,
la giunta militare ha precisato che il processo a carico di Aung San Suu Kyi non è
di natura politica. Il ministero degli Esteri birmano ha dichiarato inoltre che si
tratta di “un'azione giudiziaria inevitabile e conforme alla legge”. Ma il
tribunale birmano, che da giorni conduce il processo a carico della donna ha negato
la maggioranza dei testimoni per la difesa al Premio Nobel. Il tribunale ha dato il
via libera solo ad uno dei quattro testimoni convocati dalla difesa della leader dell'opposizione
birmana. Proprio ieri erano scaduti i termini della misura domiciliare che
avrebbero rimesso in libertà Aung San Suu Kyi, nuovamente nel mirino con l’accusa
di violazione degli arresti domiciliari, per l’intrusione nella casa della donna il
3 maggio scorso del cittadino americano, John Yettaw, ora in carcere. La dissidente,
divenuta il simbolo della difesa dei diritti umani nel Paese, ha detto in aula di
essere stata proprio lei ad informare i responsabili della sicurezza di una prima
intrusione che lo statunitense Yettaw aveva fatto il 30 novembre 2008. Suu
Kyi, sotto processo dal 18 maggio scorso nel carcere di Insein, rischia fino a cinque
anni di carcere. L’opposizione ritiene che il nuovo arresto sia l'ennesima
prova che il processo è una pantomima per tenere la leader dell'opposizione in prigione
durante le elezioni del 2010. Honduras Forte scossa di
terremoto in Honduras. Il sisma di magnitudo 7.1 sulla scala Richter, che ha avuto
come epicentro una zona al largo dell’isola di Roatan, ha provocato una vittima a
La Lima, circa 230 chilometri a nord della capitale honduregna Tegucigalpa. Per il
terremoto è stato lanciato un allarme tsunami oltre che in Honduras anche in Belize
e Guatemala.
Angola L’Angola, Paese africano risorto dalle ceneri
del conflitto civile cessato nel 2002, è impegnato oggi in una corsa alla ricostruzione
in tutti i settori dell'economia ed apre quindi le porte agli investitori esteri.
Un programma di rilancio economico ambizioso che punta a diversificare le risorse
nazionali andando oltre i settori leader, petrolifero e diamantifero. A cogliere l’occasione
di una partnership privilegiata nella complessa realtà africana è stata proprio l’Italia
che ha invitato i propri imprenditori a beneficiare delle nuove opportunità offerte
dal mercato angolano. Il servizio di Stefano Leszczynski:
Sono state
oltre 200 le imprese italiane che hanno partecipato all’incontro presso il Ministero
degli Esteri italiano con le autorità di Luanda per valutare le possibilità d’investimento
in Angola. Con tasso di crescita nel 2008 superiore al 16% l’Angola ha avuto negli
ultimi anni un incremento costante delle importazioni dall'Italia per oltre 300 milioni
di euro e delle esportazioni con 250 milioni. Sui problemi e le aspettative degli
angolani abbiamo sentito Jaquim David, ministro dell’industria
dell’Angola: (Parole in portoghese) “Ultimamente in
Angola, nonostante la pace che regna ormai da sette anni, ci sono ancora molti problemi.
In particolare problemi di disoccupazione, ora al 20 per cento. Quindi, quello che
si chiede ad un partner come l’Italia e ai suoi imprenditori è di aiutare nella riduzione
della disoccupazione e un incentivo per nuovi posti di lavoro. In sostanza un aiuto
degli imprenditori italiani per poter diminuire questa piaga e aiutare nella lotta
contro la povertà”. Investire sull’Africa spiega Giuseppe
Morabito responsabile per l’Africa subsahariana della Farnesina oggi significa
imboccare una via innovativa per contrastare la crisi economica globale:
R.
- Non dobbiamo pensare all’Africa, solo come ad un continente dove prendiamo le risorse
minerarie. L’Africa ha tante altre risorse che vanno sfruttate dagli africani. E quindi
con l’Africa possiamo collaborare anche in altri settori diversi dal petrolio. D.
– Un partenariato che aiuterà ad uscire dalla crisi quello tra Paesi sviluppati e
Paesi dell’Africa... R. – Direi di sì. C’è un mutuo interesse
a cooperare. Noi vogliamo fare delle cose che convengono agli africani, ma non abbiamo
l’ipocrisia di dire “facciamo delle cose che non ci convengono”. Le imprese italiane
vanno in Africa se gli conviene. Nel fare questo, però, devono tener conto che il
problema principale è lo sviluppo e al centro di tutto c’è l’uomo e la donna con la
loro dignità. Moldova Il parlamento della Moldova ha
spostato al 3 giugno il voto per l’elezione del presidente della Repubblica previsto
oggi. Si tratta del secondo tentativo per scegliere il capo dello Stato dopo quello
del 20 maggio scorso. In caso di mancato raggiungimento del quorum necessario, 61
voti, le camere verranno sciolte e si convocheranno nuove elezioni.(Panoramica
internazionale a cura di Benedetta Capelli e Anna Villani)
Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 148 E'
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