“In un tempo in cui è forte il fascino di concezioni relativistiche e nichilistiche
della vita, e la legittimità stessa dell’educazione è posta in discussione, il primo
contributo che possiamo offrire è quello di testimoniare la nostra fiducia nella vita
e nell’uomo, nella sua ragione e nella sua capacità di amare”. E’ quanto ha detto
Benedetto XVI ricevendo i vescovi italiani in occasione della loro assemblea generale.
Oggi – ha aggiunto il Papa – “c’è bisogno di educatori autorevoli a cui le nuove generazioni
possano guardare con fiducia…Un vero educatore mette in gioco in primo luogo la sua
persona e sa unire autorità ed esemplarità nel compito di educare coloro che gli sono
affidati”. Ecco il testo integrale del discorso del Papa:
Cari
Fratelli Vescovi italiani, sono lieto di incontrarvi ancora una volta
tutti insieme, in occasione di questo significativo appuntamento annuale che vi vede
riuniti in assemblea per condividere le ansie e le gioie del vostro ministero nelle
Diocesi della diletta Nazione italiana. La vostra assemblea, infatti, esprime visibilmente
e promuove quella comunione di cui la Chiesa vive, e che si attua anche nella concordia
delle iniziative e dell’azione pastorale. Con la mia presenza vengo a confermare quella
comunione ecclesiale che ho visto costantemente accrescersi e rinsaldarsi. In particolare,
ringrazio il Cardinale Presidente che, a nome di tutti, ha confermato la fraterna
adesione e la cordiale comunione con il magistero e il servizio pastorale del Successore
di Pietro, riaffermando così la singolare unità che lega la Chiesa in Italia alla
Sede Apostolica. Ho ricevuto in questi mesi veramente tante commoventi testimonianze
di questa adesione. Vi posso solo dire con tutto il cuore: grazie! In questo clima
di comunione si può nutrire proficuamente della Parola di Dio e della grazia dei sacramenti
il popolo cristiano, che sperimenta il profondo inserimento nel territorio, il vivo
senso della fede e la sincera appartenenza alla comunità ecclesiale: tutto ciò grazie
alla vostra guida pastorale, al servizio generoso di tanti presbiteri e diaconi, di
religiosi e fedeli laici che, con assidua dedizione, sostengono il tessuto ecclesiale
e la vita quotidiana delle numerose parrocchie disseminate in ogni angolo del Paese.
Non ci nascondiamo le difficoltà che esse incontrano nel condurre i propri membri
ad una piena adesione alla fede cristiana nel nostro tempo. Non a caso si invoca da
varie parti un loro rinnovamento nel segno di una crescente collaborazione dei laici,
e di una loro corresponsabilità missionaria. Per queste ragioni avete
voluto opportunamente approfondire nell’azione pastorale l’impegno missionario, che
ha caratterizzato il cammino della Chiesa in Italia dopo il Concilio, mettendo al
centro della riflessione della vostra assemblea il compito fondamentale dell’educazione.
Come ho avuto modo a più riprese di ribadire, si tratta di una esigenza costitutiva
e permanente della vita della Chiesa, che oggi tende ad assumere i tratti dell’urgenza
e, perfino, dell’emergenza. Avete avuto modo, in questi giorni, di ascoltare, riflettere
e discutere sulla necessità di porre mano ad una sorta di progetto educativo che nasca
da una coerente e completa visione dell’uomo quale può scaturire unicamente dalla
perfetta immagine e realizzazione che ne abbiamo in Cristo Gesù. È Lui il Maestro
alla cui scuola riscoprire il compito educativo come un’altissima vocazione alla quale
ogni fedele, con diverse modalità, è chiamato. In un tempo in cui è forte il fascino
di concezioni relativistiche e nichilistiche della vita, e la legittimità stessa dell’educazione
è posta in discussione, il primo contributo che possiamo offrire è quello di testimoniare
la nostra fiducia nella vita e nell’uomo, nella sua ragione e nella sua capacità di
amare. Essa non è frutto di un ingenuo ottimismo, ma ci proviene da quella «speranza
affidabile» (Spe salvi, 1) che ci è donata mediante la fede nella redenzione operata
da Gesù Cristo. In riferimento a questo fondato atto d’amore per l’uomo può sorgere
una alleanza educativa tra tutti coloro che hanno responsabilità in questo delicato
ambito della vita sociale ed ecclesiale. La conclusione, domenica
prossima, del triennio dell’Agorà dei giovani italiani, che ha visto impegnata la
vostra Conferenza in un percorso articolato di animazione della pastorale giovanile,
costituisce un invito a verificare il cammino educativo in atto e a intraprendere
nuovi progetti per una fascia di destinatari, quella delle nuove generazioni, estremamente
ampia e significativa per le responsabilità educative delle nostre comunità ecclesiali
e della società tutta. L’opera formativa, infine, si allarga anche all’età adulta,
che non è esclusa da una vera e propria responsabilità di educazione permanente. Nessuno
è escluso dal compito di prendersi a cura la crescita propria e altrui verso la «misura
della pienezza di Cristo» (Ef 4,13). La difficoltà di formare autentici
cristiani si intreccia fino a confondersi con la difficoltà di far crescere uomini
e donne responsabili e maturi, in cui coscienza della verità e del bene e libera adesione
ad essi siano al centro del progetto educativo, capace di dare forma ad un percorso
di crescita globale debitamente predisposto e accompagnato. Per questo, insieme ad
un adeguato progetto che indichi il fine dell’educazione alla luce del modello compiuto
da perseguire, c’è bisogno di educatori autorevoli a cui le nuove generazioni possano
guardare con fiducia. In questo Anno paolino, che abbiamo vissuto nell’approfondimento
della parola e dell’esempio del grande Apostolo delle genti, e che avete in vari modi
celebrato nelle vostre Diocesi e proprio ieri tutti insieme nella Basilica di San
Paolo fuori le mura, risuona con singolare efficacia il suo invito: «Fatevi miei imitatori»
(1Cor 11,1). Una parola coraggiosa, ma un vero educatore mette in gioco in primo luogo
la sua persona e sa unire autorità ed esemplarità nel compito di educare coloro che
gli sono affidati. Ne siamo consapevoli noi stessi, posti come guide in mezzo al popolo
di Dio, ai quali l’apostolo Pietro rivolge, a sua volta, l’invito a pascere il gregge
di Dio facendoci «modelli del gregge» (1Pt 5,3). Anche questa è una parola sulla quale
meditare. Risulta pertanto singolarmente felice la circostanza che
ci vede pronti a celebrare, dopo l’anno dedicato all’Apostolo delle genti, un Anno
sacerdotale. Siamo chiamati, insieme ai nostri sacerdoti, a riscoprire la grazia e
il compito del ministero presbiterale. Questo ministero è un servizio alla Chiesa
e al popolo cristiano che esige una profonda spiritualità. In risposta alla vocazione
divina, tale spiritualità deve si nutrirsi della preghiera e di una intensa unione
personale con il Signore per poterlo servire nei fratelli attraverso la predicazione,
i sacramenti, una ordinata vita di comunità e l’aiuto ai poveri. In tutto il ministero
sacerdotale risalta, in tal modo, l’importanza dell’impegno educativo, perché crescano
persone libere, veramente libere, e cioè responsabili, cristiani maturi e consapevoli. Non
c’è dubbio che dallo spirito cristiano attinga vitalità sempre rinnovata quel senso
di solidarietà che è profondamente radicato nel cuore degli italiani e trova modo
di esprimersi con particolare intensità in alcune circostanze drammatiche della vita
del Paese, ultima delle quali è stato il devastante terremoto che ha colpito talune
aree dell’Abruzzo. Come già detto dal vostro presidente, ho avuto modo, nella mia
visita a quella terra tragicamente ferita, di rendermi conto di persona dei lutti,
del dolore e dei disastri prodotti dal terribile sisma, ma anche, questo è stato per
me realmente molto impressionante, della fortezza d’animo di quelle popolazioni insieme
al movimento di solidarietà che si è prontamente avviato veramente da tutte le parti
d’Italia. Le nostre comunità hanno risposto con grande generosità alla richiesta di
aiuto che saliva da quella regione sostenendo le iniziative promosse dalla Conferenza
Episcopale tramite le Caritas. Desidero rinnovare ai Vescovi abruzzesi e, attraverso
di loro, alle comunità locali l’assicurazione della mia costante preghiera e della
perdurante affettuosa vicinanza. Da mesi stiamo constatando gli effetti
di una crisi finanziaria ed economica che ha colpito duramente lo scenario globale
e raggiunto in varia misura tutti i Paesi. Nonostante le misure intraprese a vari
livelli, gli effetti sociali della crisi non mancano di farsi tuttora sentire, e anche
duramente, in modo particolare sulle fasce più deboli della società e sulle famiglie.
Desidero pertanto esprimere il mio apprezzamento e incoraggiamento per l’iniziativa
del fondo di solidarietà denominato "Prestito della speranza", che avrà proprio domenica
prossima un momento di partecipazione corale nella colletta nazionale, che costituisce
la base del fondo stesso. Questa rinnovata richiesta di generosità, che si aggiunge
alle tante iniziative indette da numerose Diocesi, evocando il gesto della colletta
promossa dall’apostolo Paolo a favore della Chiesa di Gerusalemme, è una eloquente
testimonianza della condivisione dei pesi gli uni degli altri. In un momento di difficoltà,
che colpisce in modo particolare quanti hanno perduto il lavoro, ciò diventa un vero
atto di culto che nasce dalla carità suscitata dallo Spirito del Risorto nel cuore
dei credenti. È un annuncio eloquente della conversione interiore generata dal Vangelo
e una manifestazione toccante della comunione ecclesiale. Una forma
essenziale di carità su cui le Chiese in Italia sono vivamente impegnate è anche quella
intellettuale. Ne è un esempio significativo l’impegno per la promozione di una diffusa
mentalità a favore della vita in ogni suo aspetto e momento, con un’attenzione particolare
a quella segnata da condizioni di grande fragilità e precarietà. Tale impegno è ben
testimoniato dal manifesto "Liberi per vivere. Amare la vita fino alla fine", che
vede il laicato cattolico italiano concorde nell’operare affinché non manchi nel Paese
la coscienza della piena verità sull’uomo e la promozione dell’autentico bene delle
persone e della società. I "sì" e i "no" che vi si trovano espressi disegnano i contorni
di una vera azione educativa e sono espressione di un amore forte e concreto per ogni
persona. Il pensiero torna dunque al tema centrale della vostra assemblea - il compito
urgente dell’educazione - che esige il radicamento nella Parola di Dio e il discernimento
spirituale, la progettualità culturale e sociale, la testimonianza dell’unità e della
gratuità. Carissimi Confratelli, pochi giorni appena ci separano
dalla solennità di Pentecoste, in cui celebreremo il dono dello Spirito che abbatte
le frontiere e apre alla comprensione della verità tutta intera. Invochiamo il Consolatore
che non abbandona chi a Lui si rivolge, affidandoGli il cammino della Chiesa in Italia
e ogni persona che vive in questo amatissimo Paese. Venga su tutti noi lo Spirito
di vita e accenda i nostri cuori col fuoco del suo infinito amore. Di
cuore benedico voi e le vostre comunità!