Laici: da collaboratori a corresponsabili: così il Papa al Convegno ecclesiale della
Diocesi di Roma. Ripartire dalla comunione ecclesiale per testimoniare la carità
La Chiesa, Popolo di Dio e Corpo di Cristo, il ruolo dei laici corresponsabili dell’agire
pastorale, la concezione della Chiesa secondo il Concilio Vaticano II e la testimonianza
della carità che convince il mondo: sono i temi toccati dal Papa ieri sera aprendo
l’annuale Convegno ecclesiale della diocesi di Roma nella Basilica di San Giovanni
in Laterano. “Appartenenza ecclesiale e corresponsabilità pastorale” il tema del Convegno
che si concluderà venerdì prossimo. Oggi il confronto nelle varie prefetture romane.
Il servizio di Debora Donnini.
L’abbraccio
del Pastore con la sua diocesi nella cattedrale della sua città, Roma. Ieri il Papa
è stato accolto con grande calore dai tanti fedeli, religiosi, sacerdoti, presenti
nella Basilica di San Giovanni in Laterano. Il suo discorso ha aperto il convegno
della diocesi di Roma, un Convegno particolare, diverso dagli anni passati, come ha
sottolineato il cardinale vicario Agostino Vallini nel suo saluto perché non riflette
su un tema specifico, ma introduce la verifica del cammino pastorale percorso a Roma
negli ultimi dieci anni per trarne poi orientamenti efficaci per la vita ecclesiale.
“Appartenenza ecclesiale e corresponsabilità pastorale” il tema a cui il Papa risponde
con un discorso denso e ricco di spunti. Si parte dal Concilio Vaticano II: la Chiesa
come mistero di “comunione di persone” che per azione dello Spirito santo formano
il “Popolo di Dio” e il “Corpo di Cristo”. Il concetto “Popolo di Dio” - ha affermato
- esprime un senso di continuità perché Dio per entrare nella storia ha eletto un
popolo particolare, perché sia il suo popolo: il popolo di Israele. Un’intenzione
particolare, dunque, che si apre all’universale. Il concetto di “Corpo di Cristo”
esprime infatti l’universalità. È Cristo che abbattendo il muro di separazione di
popoli e culture realizza un popolo solo, nella sua Croce e Risurrezione. In Cristo
diventiamo realmente Popolo di Dio: “Quindi il concetto
‘Popolo di Dio’ e ‘Corpo di Cristo’ si completano: in Cristo diventiamo realmente
il Popolo di Dio. E ‘Popolo di Dio’ significa quindi ‘tutti’: dal Papa fino all’ultimo
bambino battezzato”. All’indomani del Concilio Vaticano II, spiega
il Papa, questa dottrina ecclesiologica ha trovato vasta accoglienza con tanti buoni
frutti, ma l’assimilazione nel tessuto della coscienza ecclesiale non è avvenuta sempre
e dovunque senza difficoltà e secondo una giusta interpretazione. Il pensiero del
Concilio Vaticano II sul Popolo di Dio va correttamente interpretato. Se da una parte
c’è stata una tendenza a identificare la Chiesa con la gerarchia, dall’altra c’è stata
una visione sociologica che, appellandosi ad un presunto spirito del Concilio Vaticano
II, lo ha concepito come punto di rottura, addirittura facendo una contrapposizione
fra prima e dopo e travalicando i confini esistenti fa ministero gerarchico e responsabilità
dei laici. Un taglio quasi esclusivamente orizzontale, che escludeva il riferimento
verticale a Dio: “Posizione, questa, in aperto contrasto
con la parola e con lo spirito del Concilio, il quale non ha voluto una rottura, un’altra
Chiesa, ma un vero e profondo rinnovamento, nella continuità dell'unico soggetto Chiesa,
che cresce nel tempo e si sviluppa, rimanendo però sempre identico, unico soggetto
del Popolo di Dio in pellegrinaggio”. Il risveglio delle energie, dunque,
non ha sempre prodotto l’incremento desiderato, ma talvolta un tempo di affievolimento,
anche di resistenza e contrapposizione fra la dottrina conciliare e diversi concetti
formulati in nome del Concilio ma in realtà opposti al suo spirito e alla sua lettera.
Quindi, poiché ci si è accorti che le pagine del Concilio sul ruolo dei laici non
erano ancora state sufficientemente realizzate nelle coscienze dei cattolici e nella
prassi pastorale, il Sinodo del 1987 si è concentrato proprio sul ruolo dei laici.
Quindi il Papa punta sul concreto della sua diocesi, quella di Roma: a che punto è,
si chiede, la diocesi di Roma, in che misura favorisce la corresponsabilità pastorale
di tutti, specialmente dei laici? Nei primi secoli del cristianesimo la comunità cristiana
ha annunciato il Vangelo agli abitanti di Roma: bisogna tornare a farlo, è la forte
e chiara esortazione del Papa. Troppi battezzati, infatti, hanno smarrito la via della
Chiesa e non si sentono parte della comunità ecclesiale. O si rivolgono alle parrocchie
per ricevere servizi religiosi solo in alcune circostanze. Tanti non cristiani non
conoscono la bellezza della fede. La missione cittadina in preparazione al Giubileo
del 2000 ha invece mostrato nei fatti che il mandato ad evangelizzare spetta a tutti
i battezzati. Un’esperienza molto importante che ha contribuito a far maturare nelle
parrocchie, nelle comunità religiose, nei movimenti la consapevolezza di appartenere
all’unico Popolo di Dio: “Ciò esige un cambiamento di mentalità
riguardante particolarmente i laici, passando dal considerarli ‘collaboratori’ del
clero a riconoscerli realmente ‘corresponsabili’ dell’essere e dell'agire della Chiesa,
favorendo il consolidarsi di un laicato maturo ed impegnato”. Cosa
fare, dunque, più concretamente, si chiede Benedetto XVI, perché non possiamo rassegnarci
all’esistente. Anzitutto ci vuole una formazione più attenta alla visione della Chiesa,
bisogna migliorare l’impostazione pastorale e promuovere, nel rispetto delle vocazioni
e gradualmente, la corresponsabilità dei membri del Popolo di Dio. Ma questo non diminuisce
la responsabilità dei parroci: a voi, ha detto, tocca promuovere la crescita spirituale
e apostolica di quanti sono già attivi. Bisogna quindi educare le comunità all’ascolto
orante della Parola di Dio, cioè la lectio divina. Ma centrale è la fede che oltre
a essere una personale relazione con Dio ha anche un’essenziale componente comunitaria.
Questa viene in aiuto ai giovani che sono maggiormente esposti all’individualismo
con l’indebolimento di legami interpersonali. Inoltre, è importante curare la liturgia
dell’Eucaristia, che non è mero estetismo, ma il modo in cui l’amore di Dio in Cristo
ci affascina e ci rapisce. La comunione nasce dall’Eucaristia. Dobbiamo sempre imparare
a custodire l’unità della Chiesa, spiega il Papa, da rivalità, da contese e gelosie
che possono nascere nelle e tra le comunità ecclesiali. Benedetto XVIsi
rivolge, quindi, a movimenti e comunità sorti dopo il Concilio, un dono prezioso di
cui ringraziare il Signore, e raccomanda di curare i loro itinerari formativi per
aiutare i membri a maturare un senso di appartenenza alla comunità ecclesiale. Centro
della vita della parrocchia è l’Eucaristia, particolarmente la celebrazione domenicale: “La
crescita spirituale ed apostolica della comunità porta poi a promuoverne l’allargamento
attraverso una convinta azione missionaria. Prodigatevi pertanto a ridar vita in ogni
parrocchia, come ai tempi della Missione cittadina, ai piccoli gruppi o centri di
ascolto di fedeli che annunciano Cristo e la sua Parola, luoghi dove sia possibile
sperimentare la fede, esercitare la carità, organizzare la speranza. Questo articolarsi
delle grandi parrocchie urbane attraverso il moltiplicarsi di piccole comunità permette
un respiro missionario più largo, che tiene conto della densità della popolazione,
della sua fisionomia sociale e culturale, spesso notevolmente diversificata”. Il
Papa sottolinea anche l’importanza di utilizzare questo metodo pastorale nei luoghi
di lavoro, creando gruppi missionari con una pastorale degli ambienti ben pensata.
Bisogna dunque ripartire dall’evangelizzazione. È chiaro in questo il Papa, che afferma:
il futuro del Cristianesimo dipende dalla testimonianza di ciascuno di noi, ma anche
ricorda che è la testimonianza della carità ad aver sedotto gli uomini fin dagli albori
del Cristianesimo: “Alla domanda come si spieghi il successo
del Cristianesimo dei primi secoli, l’ascesa da una presunta setta ebrea alla religione
dell’Impero, gli storici rispondono che fu particolarmente l’esperienza della carità
dei cristiani che ha convinto il mondo. Vivere la carità è la forma primaria della
missionarietà”. “Siate buoni samaritani”, esorta
quindi il Pontefice. E a proteggere la sua Chiesa il Pontefice invoca l’aiuto della
Vergine Maria, Salus popoli romani, venerata a Santa Maria Maggiore. All’arrivo
nella Basilica lateranense, il saluto del cardinale vicario Agostino Vallini che ha
spiegato al Papa che “la Chiesa di Roma ha sofferto nei mesi passati nel vedere interpretati
in modo distorto alcuni suoi pronunciamenti o decisioni pastorali”. La diocesi, ha
detto fra gli applausi il cardinale Vallini, le esprime affetto e riconoscenza
per il suo Magistero.