2009-05-22 15:26:11

Concluso il Simposio internazionale sulla matrice ebraica di Paolo


Uno degli eventi culturali più significativi dell’Anno Paolino – il Simposio internazionale sul tema “Paolo nella sua radice giudiaca” – si è concluso oggi nella Basilica Ostiense con il saluto ai partecipanti, accademici e studiosi cristiani ed ebrei, del suo arciprete, il cardinale Andrea di Montezemolo che ha ricordato come egli abbia visto in questo evento un’applicazione dell’“Accordo fondamentale” del 1993 tra lo Stato d’Israele e la Santa Sede, per il quale ebbe il privilegio di svolgere un ruolo importante come delegato apostolico a Gerusalemme, quindi come primo nunzio in Israele. Il convegno, organizzato dal “Centro cardinal Bea per gli Studi Giudaici” della Pontificia Università Gregoriana, in collaborazione con l’Università Ebraica di Gerusalemme, l’Università Cattolica di Leuven (Belgio) e la Basilica papale di San Paolo fuori le Mura, è stato introdotto dalla relazione di uno dei maggiori studiosi della “Ebraicità di Paolo” , il prof. Ed Parish Sanders della Duke University della North Carolina (Stati Uniti). Egli, ha affermato, viveva e operava in un mondo che parlava greco, ma la sua istruzione e la sua educazione furono ebraiche. “Le categorie principali del suo pensiero furono ebraiche, la sua missione si svolse nel tessuto dell’escatologia ebraica, l’esito finale che desiderava ardentemente fu una forma universale di speranza ebraica”. Ha tuttavia sottolineato come lo studio delle sue citazioni abbia rivelato come egli conoscesse a memoria ampie parti della Bibbia in greco , la versione ebraica cosiddetta dei Settanta. Alla quale fecero costante riferimento i primi cristiani ma che fu rifiutata, alla fine del primo secolo, dall’ortodossia giudaica. E di questa versione, dei suoi precedenti, della sua influenza sul Nuovo Testamento, delle possibili correzioni ad essa apportate in alcuni manoscritti, ha parlato il prof. Emauel Tov, dell’Università Ebraica di Gerusalemme. Considerato come uno dei più rinomati esperti dei manoscritti di Qumram e della critica testuale della Bibbia Ebraica e Greca (dei Settanta), ha ricevuto nei giorni scorsi il prestigioso “Premio Israele”. Fra le altre importanti relazioni, quella della prof. Paula Fredriksen, dell’Università di Boston e dell’Università Ebraica di Gerusalemme, sul tema “Giudaizzando le Nazioni: i requisiti rituali del Vangelo di Paolo” e del padre Justin Taylor S.M., vice rettore della “Ecole Biblique et Archéologique Français” di Gerusalemme su “Paolo e la comunità ebraica di Roma in Atti “28, 17-31”. (A cura di Graziano Motta)







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