Concluso il Simposio internazionale sulla matrice ebraica di Paolo
Uno degli eventi culturali più significativi dell’Anno Paolino – il Simposio internazionale
sul tema “Paolo nella sua radice giudiaca” – si è concluso oggi nella Basilica Ostiense
con il saluto ai partecipanti, accademici e studiosi cristiani ed ebrei, del suo arciprete,
il cardinale Andrea di Montezemolo che ha ricordato come egli abbia visto in questo
evento un’applicazione dell’“Accordo fondamentale” del 1993 tra lo Stato d’Israele
e la Santa Sede, per il quale ebbe il privilegio di svolgere un ruolo importante come
delegato apostolico a Gerusalemme, quindi come primo nunzio in Israele. Il convegno,
organizzato dal “Centro cardinal Bea per gli Studi Giudaici” della Pontificia Università
Gregoriana, in collaborazione con l’Università Ebraica di Gerusalemme, l’Università
Cattolica di Leuven (Belgio) e la Basilica papale di San Paolo fuori le Mura, è stato
introdotto dalla relazione di uno dei maggiori studiosi della “Ebraicità di Paolo”
, il prof. Ed Parish Sanders della Duke University della North Carolina (Stati Uniti).
Egli, ha affermato, viveva e operava in un mondo che parlava greco, ma la sua istruzione
e la sua educazione furono ebraiche. “Le categorie principali del suo pensiero furono
ebraiche, la sua missione si svolse nel tessuto dell’escatologia ebraica, l’esito
finale che desiderava ardentemente fu una forma universale di speranza ebraica”. Ha
tuttavia sottolineato come lo studio delle sue citazioni abbia rivelato come egli
conoscesse a memoria ampie parti della Bibbia in greco , la versione ebraica cosiddetta
dei Settanta. Alla quale fecero costante riferimento i primi cristiani ma che fu
rifiutata, alla fine del primo secolo, dall’ortodossia giudaica. E di questa versione,
dei suoi precedenti, della sua influenza sul Nuovo Testamento, delle possibili correzioni
ad essa apportate in alcuni manoscritti, ha parlato il prof. Emauel Tov, dell’Università
Ebraica di Gerusalemme. Considerato come uno dei più rinomati esperti dei manoscritti
di Qumram e della critica testuale della Bibbia Ebraica e Greca (dei Settanta), ha
ricevuto nei giorni scorsi il prestigioso “Premio Israele”. Fra le altre importanti
relazioni, quella della prof. Paula Fredriksen, dell’Università di Boston e dell’Università
Ebraica di Gerusalemme, sul tema “Giudaizzando le Nazioni: i requisiti rituali del
Vangelo di Paolo” e del padre Justin Taylor S.M., vice rettore della “Ecole Biblique
et Archéologique Français” di Gerusalemme su “Paolo e la comunità ebraica di Roma
in Atti “28, 17-31”. (A cura di Graziano Motta)