Svizzera: no dei vescovi ad una legge sulla diagnosi pre-impianto
“Un tentativo impossibile di far quadrare il cerchio”: così, con una metafora, la
Commissione bioetica della Conferenza episcopale svizzera dice no alla proposta di
legge, presentata dal Consiglio federale, che autorizza la diagnosi pre-impianto.
“Da un lato – si legge in una dichiarazione – si tratta di proteggere quella dignità
umana che è radicata nella Costituzione federale. Dall’altro, questa stessa dignità
sarebbe gravemente lesa dalla discriminazione, eticamente inammissibile, effettuata
tra embrioni ‘sani’ ed embrioni ‘malati’”. “La Commissione bioetica dei vescovi –
continua la nota – comprende la sofferenza e l’angoscia delle coppie che sanno di
trasmettere malattie genetiche. La società dà loro una risposta solidale, insieme
ai progressi tecnologici. Tuttavia, la sofferenza non giustifica tutta la tecnologia”.
Quindi, i presuli si soffermano sulle eventuali conseguenze della diagnosi pre-impianto:
“Il Consiglio federale vuole impedire la trasmissione di malattie gravi. In realtà,
questa procedura di scelta eugenetica mira a sopprimere gli embrioni che sono, probabilmente,
portatori di una malattia. Un limite arbitrario del 25% di probabilità di malattie
gravi è, allora, decisivo per l’eliminazione dell’embrione”. E qui, i vescovi svizzeri
ribadiscono: “In quel caso, si tratta di un rischio, mentre l’eliminazione degli embrioni
è un vero e proprio fatto. L’embrione umano non viene rispettato, come esige la dignità
umana”. La Commissione bioetica sottolinea, inoltre, un altro aspetto: “Limitando
le indicazioni giuridiche alle malattie gravi, il progetto di legge vuole impedire
una scelta puramente soggettiva dei genitori sugli embrioni; ma ciò implica comunque
la stigmatizzazione delle persone disabili, come se la loro vita non valesse la pena
di essere vissuta”. Guardando al futuro, i vescovi svizzeri affermano poi che “l’introduzione
della diagnosi pre-impianto abbasserà, prima o poi, le barriere poste dalla legge
sulla procreazione medicalmente assistita e dalla stessa Costituzione federale. Già
ora, la medicina della riproduzione vuole abrogare la ‘regola del tre’”, ovvero quella
prescrizione che stabilisce, come limite massimo, il numero di tre per gli ovuli fecondati
che “possono essere sviluppati fino allo stadio embrionale e quindi trasferiti”. Ancora
più grave, ribadisce la Commissione bioetica, è che “i medici della riproduzione chiedano
l’autorizzazione a poter congelare gli embrioni, così da sfruttare il loro patrimonio
ovulare”. “Approvando la diagnosi pre-impianto – continua la nota episcopale – la
Svizzera si incamminerebbe su una strada senza ritorno. Tutti i Paesi che non avevano
ammesso la diagnosi pre-impianto se non i casi eccezionali, prima o poi l’hanno, di
fatto, approvata, fino ad arrivare alla libera scelta del sesso del nascituro, senza
che, nel frattempo, sia stato realmente provato il rischio di una malattia genetica”.
“Per questo motivo – concludono i vescovi – la Commissione bioetica respinge questo
progetto di legge, che costituisce un segnale allarmante per la nostra società”. (I.P.)