2009-05-21 15:30:32

Presentato a Roma un libro su Tommaso Gallarati Scotti


All’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede è stato presentato il volume ‘Tommaso Gallarati Scotti: memorie riservate di un Ambasciatore 1943-1951’, a cura e con prefazione del professor Nino Del Bianco. Sono intervenuti, tra gli altri, l’arcivescovo Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della cultura, e l’ambasciatore Boris Biancheri. Promotore dell’iniziativa, tenutasi martedì scorso, è stato il Centro Studi Gallarati Scotti, presieduto dal professor Luciano Pazzaglia dell’Università Cattolica di Milano. Il Centro si propone di far conoscere l’opera e l’archivio di Tommaso Gallarati Scotti, donato dalla famiglia alla Biblioteca Ambrosiana, proprio quando ne era prefetto mons. Ravasi. A questo evento ne farà seguito un secondo analogo a Milano con la partecipazione dell’ambasciatore Sergio Romano e di mons. Franco Buzzi, prefetto della Biblioteca Ambrosiana. ‘Memorie riservate di un ambasciatore 1943-1951’ restituisce un interessante spaccato di un periodo storico tanto breve quanto ricco di avvenimenti drammatici: sono le “memorie riservate”, fra il 1943 e il 1951, di uno degli esponenti più significativi della Milano dei primi decenni del secolo. Una figura poliedrica quella del duca Tommaso Gallarati Scotti, intellettuale, letterato, diplomatico, nato a Milano nel 1878 e morto a Bellagio nel 1966, tra l’altro autore di romanzi, poesie e alcuni testi teatrali. Egli fu primo ambasciatore italiano in Spagna e Inghilterra dopo la fine della seconda guerra mondiale. Profondo cattolico, ebbe molto a soffrire a seguito della condanna del modernismo, avendo scritto una Vita di Antonio Fogazzaro, scrittore che fu all’epoca nell’occhio del ciclone della condanna antimodernista. All’indice venne messa anche la sua biografia del Fogazzaro, opera che poi venne elogiata da Paolo VI, come ha messo in evidenza l’arcivescovo Ravasi nel suo intervento: “La mia è una testimonianza personale, perché ho avuto ripetutamente l’occasione di poter essere vicino idealmente a lui attraverso il grande deposito del suo archivio e di altri materiali che lo riguardano che si trovano all’interno della Biblioteca ambrosiana”. “Lì – ha proseguito il presule - c’era veramente il ritratto della sua persona che univa in sé una dimensione di grande credente con una dimensione di finissimo diplomatico e di uomo profondamente legato alla storia del nostro Paese, dell’Italia”. Per quanto riguarda la vicenda del suo “modernismo”, mons. Ravasi ricorda che “questo fu uno dei momenti più emblematici della sua storia personale: egli infatti sentì tutto il peso, tutta l’amarezza dell’essere stato condannato dalla Chiesa, anche se egli aveva per certi versi preso le distanze da posizioni moderniste esasperate. Egli lascia una testimonianza molto amara dell’impossibilità di poter celebrare il Natale senza la comunione, proprio perché in una posizione di scomunica”. “Dobbiamo dire però che il suo itinerario ha avuto poi la possibilità finale di quel grande incontro con la Chiesa di Paolo VI – conclude il presidente del Pontificio Consiglio della cultura – nella quale anche la sua ricerca profonda, pur non compresa allora, era una ricerca che nasceva da una grande lealtà alla Chiesa ma anche da un grande desiderio di rendere il cristianesimo sempre una parola viva, incarnata e costante all’interno del tessuto della storia”. (A cura di Giovanni Peduto)







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