Mons. Marchetto contro la tratta di esseri umani: spezzare il ciclo povertà-abuso-sfruttamento
“Sulla dignità non si TRATTA”: è lo slogan del Convegno ospitato oggi nel Palazzo
Marini, a Roma, dedicato al dramma crescente del traffico di esseri umani e della
prostituzione schiavizzata. Incontro promosso dalla Associazione Comunità Papa Giovanni
XXIII, con la partecipazione dell’arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio
Consiglio per i migranti. Il servizio di Roberta Gisotti.
“Uno dei
fenomeni più vergognosi della nostra epoca”, la tratta di persone – ha denunciato
mons. Marchetto – un crimine odioso favorito da povertà, arretratezze socio-culturali,
ignoranza dei propri diritti, conflitti armati e assenza di leggi adeguate. Ma “anche
– ha aggiunto il presule – l’attuale restringimento per i migranti all’accesso regolare
ai Paesi sviluppati spinge molti a cercare vie irregolari”. Ma purtroppo “non esistono
soluzioni facili”, ha sottolineato il segretario del dicastero vaticano per i migranti,
auspicando “un approccio coerente ed integrale”, che punti al “migliore interesse
della vittime”, ma anche alla “giusta punizione” per chi ne trae vantaggio e a “misure
preventive”.
Solo pochi Paesi - ha stigmatizzato
l’arcivescovo Marchetto - proteggono le vittime, dando la possibilità di rimanere
nella società ospitante e integrarsi. E se oggi "si fa spesso ricorso - ha osservato
ancora il presule - a politiche d’immigrazione più severe, a maggiori controlli alle
frontiere e alla lotta al crimine organizzato", questo è “un approccio ristretto e
limitato”, insufficiente per contrastare il traffico di esseri se non si affrontano
le vere cause del fenomeno, impedendo che le vittime rimpatriate si ritrovino nelle
stesse condizioni da cui hanno cercato scampo". Occorre quindi offrire alle vittime
o potenziali vittime “possibilità concrete di sfuggire al ciclo povertà-abuso-sfruttamento”.
“La misura dell’umanità - ha concluso mons. Marchetto citando l’Enciclica del Papa
‘Spe salvi’ - si determina essenzialmente nel rapporto con la sofferenza e col sofferente”.