2009-05-19 15:00:14

Pakistan: l'impegno della Chiesa per i due milioni di sfollati dallo Swat


Continua senza sosta l’emorragia dei profughi pakistani che fuggono dalla valle di Swat per trovare riparo e per non restare vittima dei combattimenti fra esercito regolare e miliziani talebani che infuriano nella regione. La Chiesa, la Caritas e altre organizzazioni e associazioni cattoliche si sono mobilitate per l’assistenza, sia nei territori adiacenti al distretto di Swat, sia nelle città di Islamabad e Rawalpindi, dove i profughi continuano ad arrivare: sono in cerca di un luogo sicuro dove accamparsi, in attesa di poter tornare nello loro case, una volta finiti i combattimenti che, secondo il capo delle Forze Armate pakistane, potrebbero protrarsi per almeno tre mesi. “La situazione è ancora molto confusa ed è concretamente difficile riuscire ad organizzare aiuti per questa grande massa di persone in estrema difficoltà”, afferma una fonte di Fides nella Chiesa locale, che chiede l’anonimato per motivi di sicurezza. “Occorre stare molto attenti: non si tratta solo di una tragedia umanitaria: siamo in mezzo ad un conflitto che può degenerare in qualsiasi momento”, aggiunge con preoccupazione. La tensione è palpabile: sono in gioco gruppi fondamentalisti con le loro istanze, profughi ridotti allo stremo delle forze e sull’orlo della disperazione, la gente delle città che si sente all’improvviso “invasa da un’ondata di gente in condizioni di estrema miseria”, la polizia che, per mantenere l’ordine pubblico, sta trasferendo i profughi in nuovi siti. Tutto ciò costituisce una situazione potenzialmente esplosiva, “per questo è fondamentale muoversi con estrema prudenza”, nota la fonte di Fides. Ma gli aiuti di emergenza scarseggiano e nella capitale Islamabad non sono state approntate misure di accoglienza di alcun tipo: l’impegno della Chiesa cerca, allora, anche di colmare il vuoto delle istituzioni pubbliche. Intanto i civili in fuga dagli scontri nel Nordovest del Pakistan sono oltre due milioni, di cui 1,4 milioni dal 2 maggio scorso: lo ha annunciato a Ginevra l'Alto Commissari dell'Onu per i rifugiati (Acnur) Antonio Guterres, reduce da una missione sul posto. Secondo l’Acnur, si tratta di una delle crisi più drammatiche dei tempi recenti. “Da lungo tempo non assistevamo a un simile esodo. Bisogna risalire al 1994 in Ruanda. Si tratta di un numero enorme di persone”, ha detto Ron Redmond, portavoce dell'agenzia Onu. “Lasciare la popolazione senza aiuti potrebbe costituire un enorme fattore destabilizzante”, ha avvertito Guterres. (R.P.)







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