Un artista a tutto tondo capace di coniugare tradizione e innovazione, soggetti religiosi
e profani attraverso il ricorso alle varie tecniche pittoriche. Ma soprattutto artista
e uomo di fede. Biagio Biagetti, dedito prevalentemente all’arte religiosa del primo
Novecento, in Vaticano è stato tra l’altro direttore dello Studio del Mosaico, del
Laboratorio di restauro di opere d’arte e direttore dei Musei Vaticani. In occasione
dei 60 anni dalla morte, la sua città Recanati, nelle Marche, ospita la mostra “Le
città di Biagio Biagetti. Viaggio alla scoperta delle sue opere”. Fino al 30 settembre
si potranno ammirare bozzetti, disegni preparatori e scritti dell’artista. Il servizio
di Debora Donnini.
Biagio Biagetti.
Una sintesi fra la classica arte religiosa dei Preraffaelliti, che riproduce con fedeltà
del tratto il soggetto sacro e le correnti a lui contemporanee, come il Divisionismo,
che riprende la pittura a pennellate separate, tipica dell’Impressionismo. Un dialogo
fra passato e presente, innovativo nel campo dell’arte sacra del primo Novecento,
e che traspare nelle sue opere. Un esempio, il Trittico della Sacra Famiglia a Porto
Recanati, come ci spiega il nostro collega Paolo Ondarza che,
come storico dell’arte, ha curato la mostra: R. – In quest’opera
è evidente quella che è la tematica cara a Biagetti: il concetto di eternità. L’arte
non deve essere né passata né presente né futura, ma eterna, sempre valida. Deve parlare
all’uomo di ogni tempo, così come eterno è il Vangelo. Quello che colpisce di più
di quest’opera affrescata nella sala da pranzo di un villino privato a Porto Recanati,
è la sua impostazione: è un Trittico, al cui centro campeggia una scena di vita quotidiana
della Sacra Famiglia, intenta a preparsi a mangiare: è il momento della benedizione
del pasto. Ai lati sono raffigurati in processione i contadini marchigiani, vestiti
negli abiti del tempo contemporaneo a Biagetti. Questo dà la dimensione dell’attualità
dell’incarnazione di Cristo: Egli è presente in ogni tempo, quindi anche nel presente.
La Sacra Famiglia e i contadini del primo novecento, accostati insieme, in un unico
contesto artistico, danno la giusta chiave di lettura di quella che era la poetica
di Biagetti. Il mosaico di Maria che visita la cugina Elisabetta,
indimenticabile per i suoi smaglianti colori, che risaltano sulla facciata di pietra
bianca del Santuario della Visitazione ad Ein Karem in Israele. Curiosi
poi i particolari del Trittico del Trionfo della Croce, realizzato sulla facciata
esterna della chiesa di Santa Croce al Flaminio a Roma. Il Trittico riproduce, a destra
e a sinistra, l’ancora e il serpente di bronzo di Mosè, che dava la possibilità, a
chi lo avesse guardato, di salvarsi dal veleno dei morsi dei serpenti, come racconta
il Libro dei Numeri: particolari interessanti da inserire nell’arte sacra per il tempo
in cui visse Biagetti. Ancora Paolo Ondarza:
R. – Biagetti desiderava
istituire una moderna scuola d’arte sacra: una scuola che insegnasse ai giovani artisti
una buona tecnica artistica, insieme ad una cultura di base, ma soprattutto li formasse
ad una buona conoscenza del Vangelo, del catechismo e della liturgia: perché l’arte,
nelle intenzioni di Biagetti, doveva essere ancella della liturgia, cioè servire alla
liturgia e attraverso la bellezza comunicare la Bellezza della fede. Significativo
per la sua bellezza il Cristo risorto, raffigurato nel Duomo di Iesi, nelle Marche,
seduto con le braccia aperte, le mani con il segno dei chiodi, gli occhi pieni d’amore,
ma anche con le tracce della sofferenza provata. Innovativo Biagetti, come artista:
per lui l’arte era una missione consapevole che nulla, come l’immagine, può parlare
al cuore dell’uomo, con quella bellezza che da più di duemila anni è capace di sedurre
il mondo.