Padre Neuhaus: testimonianza di unità dai cattolici di espressione ebraica in Terra
Santa
Benedetto XVI al Regina Coeli di ieri, ha ricordato il suo recente pellegrinaggio
in Terra Santa ed ha annunciato che ne parlerà con maggiore ampiezza, all’udienza
generale di mercoledì prossimo. Il Papa ha spiegato che “quella Terra, simbolo dell’amore
di Dio per il suo popolo e per l’intera umanità, è anche simbolo della libertà e della
pace che Dio vuole per tutti i suoi figli. Una Terra – ha sottolineato - che è diventata
in se stessa quasi metafora della rivelazione, un ‘quinto Vangelo’, come qualcuno
l’ha chiamata, che per la sua stessa storia può essere considerata un microcosmo che
riassume in sé il faticoso cammino dell’umanità verso il Regno di giustizia, di amore
e di pace”. E nel microcosmo della Chiesa locale, hanno un loro posto – nella stragrande
maggioranza araba – le comunità cattoliche di espressione ebraica. Una realtà che
ha un proprio vicario patriarcale, il padre gesuita David Neuhaus, di origine
tedesca, che si è convertito dall’ebraismo. Al microfono del nostro inviato a Gerusalemme
Roberto Piermarini, il religioso spiega come nasce questo “piccolo gregge”
delle comunità cattoliche di espressione ebraica:
R. - Quando
gli ebrei sono venuti qui, nella grande emigrazione dell’Europa, hanno portato con
loro membri della famiglia che erano cattolici. In generale, erano coppie miste, molto
spesso un uomo laico ebreo ed una donna cattolica. In più, erano quegli ebrei cattolici
di origine ebraica che hanno scoperto la loro fede e la loro appartenenza al popolo
ebraico, in seguito alla Shoah. Inoltre, erano cristiani che sono venuti qui con i
cattolici che, dopo la Shoah, hanno visto quanto fosse importante essere in contatto
con la realtà ebraica in solidarietà con il popolo ebreo. Quindi, da queste provenienze,
molto diverse tra loro, sono nate le comunità. Ufficialmente, hanno fondato un’opera
che si chiama l’opera di San Giacomo, nel 1955, con preti, suore, ed anche laici,
qui in Israele, per creare una Chiesa che sia israeliana al cuore della società ebraica
in Israele. Quindi, si deve dire subito che la maggioranza assoluta dei cattolici
in Israele sono arabi e coloro che vivevano nel cuore della società ebraica, volevano
un’espressione ebraica nella realtà cattolica nello Stato di Israele. D.
– Padre Davide, qual è la particolarità di queste comunità? R.
– La nostra vita, come cattolici israeliani, è definita un pò dalla cultura della
società ebraica: quindi noi siamo in un dialogo di vita. Questo è molto importante
anche per la liturgia perché tutto è in ebraico, ma anche per rispetto del calendario
ebraico e certamente anche per la musica. D. – Quali le relazioni
di queste comunità con gli arabi cristiani, quelli russi e quelli stranieri in cerca
di lavoro, che sono venuti qui in Israele? R. – I russi che
sono venuti qui, sono diventati cittadini dello Stato di Israele e fanno parte del
nostro vicariato. Quelli che sono cattolici, la maggioranza assoluta, sono ortodossi,
sono parte integrante del nostro vicariato perché anche loro sono cittadini israeliani
che vivono nel cuore della società ebraica israeliana. Ci sono poi altri due gruppi,
molto importanti. Il primo è certamente la maggioranza assoluta dei cristiani in Israele
che sono gli arabi, ed i rapporti sono quelli di una fede comune ed una Chiesa comune.
Quindi, noi facciamo parte del Patriarcato latino di Gerusalemme; il nostro Patriarca,
fino a giugno scorso, era un palestinese mentre adesso è un giordano. Credo che sia
molto importante che i capi della Chiesa diano segni di unità perché nella vita quotidiana
non ci sono tante occasioni di incontrarci e nelle occasioni importanti si deve dare
una testimonianza dell’unità alla nostra società che è molto divisa. Noi vogliamo
dare una testimonianza di unità con gli operatori stranieri e ce ne sono tanti che
danno una testimonianza bellissima della fede cristiana. Spesso si stabiliscono contatti
perché alcuni rimangono qui molto tempo e cominciano ad imparare un po’ l’ebraico.
Quindi, anche lì, ci sono incontri belli ma la sfida della Chiesa della Terra Santa
con gli arabi, la maggioranza, gli stranieri, e noi, il piccolo gregge di lingua ebraica,
è di dare la testimonianza di un Corpo di Gesù, unico ed unito. (Montaggio
a cura di Maria Brigini)