In India, la vittoria del Partito del Congresso segna la sconfitta del fondamentalismo:
così la Conferenza episcopale indiana
In India vittoria netta alle legislative del partito del Congresso e della coalizione
dell’Unione Progressista Unita (Upa), guidati da Sonia Gandhi e dal figlio Rahul,
contro la destra nazionalista hindu, da 25 anni al potere. E mentre l’opposizione
ammette la disfatta e il suo leader storico Krisna Ad Vani annuncia le dimissioni,
giungono alla leader democratica le congratulazioni da varie parti del mondo, tra
cui anche quelle del presidente americano Barak Obama e della Conferenza Episcopale
Indiana. I particolari nel servizio di Cecilia Seppia:
Un voto oltre
le previsioni, un terremoto elettorale quello che ha scosso ieri l’India fin dall’apertura
delle urne per l’elezione della quindicesima Camera del popolo, portando alla vittoria
schiacciante del Partito del Congresso contro quello nazionalista hindù Bharatiya
Janata. Un risultato per la democrazia ma anche per la tutela delle minoranze religiose,
come quella cristiana in Orissa, secondo il Global Council of Indian Christians, ma
soprattutto la possibilità di un concreto sviluppo della folta presenza tribale e
fuoricasta. Più del 30% degli oltre 650 milioni di elettori ha dunque deciso per il
partito della Ghandi che conquista per ora 261 seggi su 543, contro i 159 dei nazionalisti:
una scelta quella degli elettori che va verso il cambiamento e marcia verso politiche
di riforme e di rinnovamento, ma soprattutto - secondo monsignor Stanislaus Fernandes,
segretario della Conferenza Episcopale Indiana - una scelta che decreta la sconfitta
degli elementi fondamentalisti. “L’India - commenta il presule - dopo 25 anni vuole
un governo stabile”. Secondo Theodore Mascarenhas, responsabile della regione asiatica
al Pontificio consiglio per la cultura in Vaticano, questo risultato elettorale è
una risposta del popolo alla politica d’odio contro i cristiani in Orissa e contro
le donne nel Karnataka. "Il verdetto delle urne – ribadisce Mascarenhas - riflette
ancora una volta l’intelligenza degli indiani che scelgono l’inclusione contro la
divisione. La pace al fanatismo”. In attesa dei risultati definitivi, il partito di
Sonia Ghandi si prepara al governo, definendo in queste ore le alleanze che consentiranno
la nascita di una guida stabile per tutta l’India, mentre sembra scontata la rielezione
del premier uscente Singh, la cui leadership, secondo le parole della stessa Ghandi,
è fondamentale per poter mantenere le promesse fatte al Paese.
C'è
comunque chi riflette sulle incognite del dopo voto: nell'intervista della collega
della nostra redazione inglese, Emer McCarthy, il dott. John Dyal, segretario
generale dell’“All India Christian Council”:
R. – The
secularism does imply a respect for other faiths, other than the majority … Il
secolarismo, in realtà, implicherebbe il rispetto per le altre fedi, diverse dalla
religione indù, maggioritaria. Ma il secolarismo implica non semplicemente una tutela.
Questo è ciò che penso sulla vittoria del Partito del congresso. Non vorrei che dimenticassimo
che molti insidiosi atti contrari alla libertà di religione sono stati in qualche
modo “approvati” dal Partito del Congresso quando era al governo. Ora, noi vorremmo
che questo nuovo e rivitalizzato Congress Party denunci chiaramente questo aspetto
della sua politica in passato. Ora con questo nuovo mandato che ha ricevuto dal popolo,
deve assolutamente rifiutare di dare ascolto alle richieste del Bharatiya Janata
Party (Bjp) e rifiutare di assoggettarsi ad una maggioranza nichilista.
Comuqnue sono d’accordo con la Conferenza dei vescovi dell’India, quando affermano
che si tratta di una vittoria positiva delle forze secolari del Paese.
D.
– Dr. Dayal, cosa significa questo per il futuro delle minoranze religiose in India
soprattutto per la minoranza cristiana, in particolare per quella che vive nello Stato
di Orissa?
R. – I really would like to add the following.
I think, the test before the State government … Vorrei veramente ribadire
quanto segue. Il banco di prova nei riguardi del governo federale di Orissa, dove
Navin Patnaik ha vinto dopo essersi separato da Bjp, e quello nei riguardi del governo
centrale, cioè dal governo dell’India, consiste in questo: saranno capaci di portare
davanti al giudice i perpetratori delle violenze contro i cristiani dell’Orissa il
più velocemente possibile? Saranno capaci di dare tangibile, adeguato e commisurato
sollievo e riabilitare le 15 mila vittime delle violenze nell’Orissa? Saranno capaci
di assicurare che le garanzie, fornite dalla Costituzione, saranno rispettate? E,
soprattutto, sapranno dire ai poveri dell’India che esiste la sicurezza sociale e
che c’è cibo per tutti, che c’è qualcosa al di là della fame e della sofferenza, che
c’è un governo che si interessa a loro? Se non faranno questo, potranno sì governare
per cinque anni, ma non avranno il sostegno del popolo. (Traduzione di Gloria Fontana)