Superare la vergogna della divisione per proclamare uniti l'amore di Dio: così il
Papa al Patriacato greco-ortodosso
“Sperimentiamo la vergogna della nostra divisione. Tuttavia, inviati nel mondo, resi
saldi dalla forza unificante dello Spirito Santo, chiamati ad annunciare la riconciliazione
che attira ogni uomo a credere che Gesù è il Figlio di Dio, noi dobbiamo trovare la
forza di raddoppiare il nostro impegno per perfezionare la nostra comunione, per renderla
completa, per recare comune testimonianza all’amore del Padre, che invia il Figlio
affinché il mondo conosca il suo amore per noi”. E’ quanto ha affermato il Papa stamani
durante l’incontro ecumenico al Patriarcato greco-ortodosso di Gerusalemme, prima
tappa dell’ultima giornata del suo pellegrinaggio in Terra Santa. Ecco il testo
integrale del discorso del Papa: Cari fratelli e sorelle in Cristo, è con profonda gratitudine e gioia che compio questa visita al
Patriarcato Greco-Ortodosso di Gerusalemme; un momento che ho a lungo desiderato.
Ringrazio Sua Beatitudine il Patriarca Teofilo III per le sue gentili parole di saluto
fraterno, che ricambio con calore. Esprimo a voi tutti la mia cordiale gratitudine
per avermi offerto questa opportunità di incontrare ancora una volta i molti leader
di Chiese e comunità ecclesiali presenti. Stamani
il mio pensiero va agli storici incontri che ebbero luogo qui, in Gerusalemme, fra
il mio predecessore, il Papa Paolo VI, e il Patriarca Ecumenico Atenagora I, come
pure quello fra Papa Giovanni Paolo II e Sua Beatitudine il Patriarca Diodoros. Questi
incontri, in essi comprendendo la mia visita odierna, sono di grande significato simbolico.
Essi ricordano che la luce da Oriente (cfr Is 60,1; Ap 21,10) ha illuminato il mondo
intero sin dal momento stesso in cui un “sole che sorge” venne a visitarci (Lc 1,78)
e ci rammentano anche che da qui il Vangelo venne predicato a tutte le nazioni. Stando
in questo santo luogo, a fianco della Chiesa del Santo Sepolcro, che segna il posto
dove il nostro crocifisso Signore risorse dai morti per l’intera umanità, e vicino
al Cenacolo, dove nel giorno di Pentecoste “si trovavano tutti insieme nello stesso
luogo” (At 2,1), chi potrebbe non sentirsi sospinto a porre la pienezza della buona
volontà, della sana dottrina e del desiderio spirituale nel nostro impegno ecumenico?
Elevo la mia preghiera affinché il nostro odierno incontro possa imprimere nuovo slancio
ai lavori della Commissione Internazionale Congiunta per il Dialogo Teologico tra
la Chiesa Cattolica e le Chiese Ortodosse, aggiungendosi ai recenti frutti di documenti
di studio e di altre iniziative congiunte. Di
particolare gioia per le nostre Chiese è stata la partecipazione del Patriarca Ecumenico
di Costantinopoli, Sua Santità Bartolomeo I, al recente Sinodo dei Vescovi a Roma
dedicato al tema: “La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa”. La
calorosa accoglienza da lui ricevuta e il suo toccante intervento sono state sincere
espressioni della profonda gioia spirituale che scaturisce dall’ampiezza con cui la
comunione è già presente tra le nostre Chiese. Una simile esperienza ecumenica testimonia
chiaramente il legame fra l’unità della Chiesa e la sua missione. Nello stendere le
braccia sulla croce, Gesù ha rivelato la pienezza del suo desiderio di attirare ogni
persona a sé, raccogliendoli tutti insieme in unità (cfr Gv 12,32). Alitando il suo
Spirito su di noi, ha rivelato il suo potere di renderci capaci di partecipare alla
sua missione di riconciliazione (cfr Gv 19,30; 20,22-23). In quell’alito, mediante
la redenzione che unisce, sta la nostra missione! Non meraviglia, perciò, che sia
precisamente in presenza del nostro ardente desiderio di portare Cristo agli altri,
di render noto il suo messaggio di riconciliazione (cfr 2 Cor 5,19), che noi sperimentiamo
la vergogna della nostra divisione. Tuttavia, inviati nel mondo (cfr Gv 20,21), resi
saldi dalla forza unificante dello Spirito Santo (cfr ibid., v.22), chiamati ad annunciare
la riconciliazione che attira ogni uomo a credere che Gesù è il Figlio di Dio (cfr
ibid., 31), noi dobbiamo trovare la forza di raddoppiare il nostro impegno per perfezionare
la nostra comunione, per renderla completa, per recare comune testimonianza all’amore
del Padre, che invia il Figlio affinché il mondo conosca il suo amore per noi (cfr
Gv 17,23). Circa due mila anni orsono, lungo queste
stesse strade, un gruppo di greci chiese a Filippo: “Signore, vogliamo vedere Gesù”
(Gv 12,21). È una richiesta che ci viene fatta di nuovo oggi, qui in Gerusalemme,
nella Terra Santa, in questa regione e in tutto il mondo. Come dobbiamo rispondere?
La nostra risposta viene udita? San Paolo ci allerta sulla gravità della nostra risposta,
sulla nostra missione di insegnare e di predicare. Egli dice: “La fede viene dall’ascolto,
e l’ascolto riguarda la parola di Cristo” (Rm 10,17). È perciò imperativo che i Capi
cristiani e le loro comunità rechino una testimonianza vigorosa a quanto proclama
la nostra fede: la Parola eterna, che entrò nello spazio e nel tempo in questa terra,
Gesù di Nazareth, che camminò su queste strade, chiama mediante le sue parole e i
suoi atti persone di ogni età alla sua vita di verità e d’amore. Cari
Amici, mentre vi incoraggio a proclamare con gioia il Signore risorto, desidero riconoscere
l’opera svolta a questo scopo dai Capi delle comunità cristiane, che regolarmente
si incontrano in questa città. Mi sembra che il servizio più grande che i Cristiani
di Gerusalemme possano offrire ai propri concittadini sia di allevare ed educare una
nuova generazione di Cristiani ben formati ed impegnati, solleciti nel desiderio di
contribuire generosamente alla vita religiosa e civile di questa città unica e santa.
La priorità fondamentale di ogni leader cristiano è di nutrire la fede degli individui
e delle famiglie affidati alle sue premure pastorali. Questa comune preoccupazione
pastorale farà sì che i vostri incontri regolari siano contrassegnati dalla sapienza
e dalla carità fraterna necessarie per sostenervi l’un l’altro e per affrontare tanto
le gioie quanto le difficoltà particolari che segnano la vita della vostra gente.
Prego perché si comprenda che le aspirazioni dei Cristiani di Gerusalemme sono in
sintonia con le aspirazioni di tutti i suoi abitanti, qualunque sia la loro religione:
una vita contrassegnata da libertà religiosa e da coesistenza pacifica, e – in particolare
per le giovani generazioni – il libero accesso all’educazione e all’impiego, la prospettiva
di una conveniente ospitalità e residenza familiare e la possibilità di trarre vantaggio
da una situazione di stabilità economica e di contribuirvi. Beatitudine,
La ringrazio ancora una volta per la gentilezza nell’avermi invitato qui, assieme
agli altri ospiti. Su ciascuno di voi e sulle comunità da voi rappresentate invoco
l’abbondanza delle benedizioni di Dio che donano forza e sapienza! Possa ciascuno
di voi essere rinvigorito dalla speranza di Cristo che non delude!