Il patriarca Twal: è possibile abbattere i muri nei cuori
Sulla visita al Campo profughi di Aida, il nostro inviato Roberto Piermarini ha sentito
il commento del patriarca latino di Gerusalemme Fouad Twal:
R. – Mi è
piaciuto prima di tutto il discorso del Santo Padre, perchè è andato al cuore dei
bisogni, in modo speciale alla reintegrazione, alla riunificazione delle famiglie,
dando speranza ai giovani che desiderano creare una famiglia, avere una casa e poter
vivere insieme, sia a Gerusalemme, sia a Ramallah. Tutti devono sapere che la Chiesa
è sempre stata accanto agli oppressi, ai poveri e a quelli che soffrono. E là francamente
c’è gente che soffre. I discorsi sono stati ben preparati dalle persone e hanno toccato
tutti gli argomenti, sia la separazione delle famiglie, sia la questione dei prigionieri:
noi abbiamo 12 mila prigionieri in Israele. Abbiamo il più vecchio prigioniero nel
mondo, che sta dentro da 32 anni ed il più giovane nel mondo, in carcere da due mesi,
perché una donna ha partorito lì. E’ una ferita nel cuore della Terra Santa. Noi saremo
più felici se tutti godranno della libertà di movimento. D.
– La visita ad Haida si è svolta praticamente a ridosso del muro di separazione. Il
Papa ha detto che bisogna abbattere i muri nei nostri cuori. E’ difficile in questa
terra abbattere questi muri? R. – Non deve mai essere difficile.
Niente è impossibile a Dio. Manca solamente la buona volontà umana. D’altronde, questo
muro che vediamo non è che la realizzazione di questi altri muri nei cuori, muri di
odio, di sfiducia, di paura. Tutto ciò è stato messo in pratica con un muro che è
visibile, ma ci sono tanti altri muri invisibili. Dobbiamo cominciare con il cuore
umano. Il Santo Padre lo ha detto molto, molto bene con questa frase.