Sulla visita del Papa a Betlemme ascoltiamo il commento del direttore della Sala Stampa
vaticana, padre Federico Lombardi, al microfono di Sergio Centofanti:
R. – E’ una
giornata splendida, c’è un’accoglienza molto calorosa … La Messa è una vera, grande
festa con una partecipazione estremamente cordiale dei cristiani che non solo sono
quelli di Betlemme ma sono anche venuti dalla West Bank e un gruppo è venuto anche
da Gaza … quindi, è un momento veramente di gioia. E nonostante le difficoltà che
qui le comunità cristiane vivono e che sono state ricordate con molta efficacia anche
dal Santo Padre - oltre che dal patriarca latino Twal - però è un messaggio di speranza,
quello che porta il Papa, di grande solidarietà della Chiesa universale con queste
comunità cristiane, e anche di speranza, perché continuino ad impegnarsi qui, ad essere
ponti di riconciliazione in Paesi di tensione, e ad essere testimoni, i custodi –
diciamo – come comunità viva dei Luoghi più santi della nostra religione. D.
– Come sono state accolte dai palestinesi le espressioni di solidarietà del Papa? R.
– Bè, naturalmente sono state accolte con grandissima gioia: è quello che loro desiderano,
è quello di cui sentono il bisogno; però, bisogna notare sempre che le espressioni
di solidarietà del Papa sono unite ad un incoraggiamento, ad uno spirito di pace e
di riconciliazione. Ci sono state le parole chiare del Papa soprattutto per i giovani,
di non cedere alla tentazione del terrorismo e della violenza. Quindi, il Papa continua
a dare un messaggio che è chiarissimamente orientato alla pace e al superamento delle
divisioni. Lo ha fatto in Israele, lo ha fatto con i musulmani e lo fa anche qui con
i palestinesi. D. – E’ un pellegrinaggio di pace che cerca di
mettere insieme le legittime aspirazioni dei palestinesi e degli israeliani … R.
– Certamente: questo il Papa lo ha ripetuto molto chiaramente, soprattutto nel discorso
all’arrivo qui, al Palazzo presidenziale di Mahmoud Abbas, dicendo chiaramente il
sostegno della Santa Sede per la linea di due Stati sovrani, indipendenti, con confini
internazionalmente riconosciuti che vivano in pace. Tra l’altro, due Stati che vivono
così vicini sono anche interrelati da tantissimi rapporti di carattere sociale, economico,
umano … Ecco, la pace può essere fatta solo se queste entità statali crescono in un
clima in cui poi anche tutti i tessuti umani siano di riconciliazione e di pace. E
sulle parole pronunciate dal Santo Padre si sofferma, al microfono di Fabio Colagrande,
il dottor Geries Sa’ed Khourry,direttore del Centro Al-Liqa’ di Betlemme
per la promozione della tolleranza e dell’amicizia tra cristiani, musulmani ed ebrei:
R. – Le parole
di Sua Santità hanno commosso tutti: hanno commosso non soltanto i giovani, ma tutti
noi. Quando ha detto: “Bisogna resistere, non bisogna scappare, bisogna sperare, bisogna
rimanere qua!”. E’ un messaggio molto importante per la Chiesa locale. Noi crediamo
nel dialogo, crediamo nell’incontro sia religioso sia culturale; noi crediamo nella
costruzione di ponti e non muri tra popoli e tra religioni. Perciò, i giovani sono
molto importanti per il futuro della presenza viva della Chiesa locale. D.
– Lei crede davvero che, nonostante le grandi difficoltà che stanno vivendo i Territori
palestinesi, questo seme di speranza e di pace possa maturare? R.
– Come popolo palestinese, abbiamo sofferto per più di 60 anni, e tuttora stiamo soffrendo.
Ma quando sentiamo queste parole, che danno coraggio, quando sentiamo parole che sono
piene di amore, piene di fede, per noi sono veramente parole che ci danno speranza
per un futuro migliore. Noi palestinesi cristiani dobbiamo continuare a far sentire
la nostra voce profetica che chiede la giusta pace in Terra Santa sia per il popolo
palestinese sia per i nostri fratelli israeliani, noi vogliamo solo una cosa: uno
Stato palestinese per il nostro popolo che ha sofferto, affianco allo Stato israeliano:
che vivano in pace l’uno vicino all’altro!