Mons. Sayegh: un pellegrinaggio che dà alla minoranza cristiana una nuova speranza
Per un bilancio della tappa giordana del pellegrinaggio del Papa, ascoltiamo mons.
Salim Sayegh, vicario patriarcale latino per la Giordania, al microfono di Pietro
Cocco: R. – E’ stata,
prima di tutto, una benedizione del Signore per tutto il Paese, per tutti gli abitanti
cristiani e musulmani, che ci dà questa forza, questa speranza di continuare veramente
a sperare e a vivere insieme come fratelli e sorelle. L’incontro nella Moschea con
il principe Ghazi e con la comunità musulmana ha mostrato che la fratellanza è viva
in Giordania e speriamo che continui a crescere come una sola famiglia continui, perché
la gente sia veramente sempre in pace, guardando al futuro. D.
– Che comunità cristiana ha incontrato il Papa? R. – Penso che
il Santo Padre abbia scoperto che i cristiani di Giordania sono una comunità, una
Chiesa che cresce, che guarda verso il futuro con speranza, e nel benedire le pietre
di tre o quattro Chiese, due nel Sito del Battesimo, vuol dire che è una Chiesa che
guarda verso il futuro, che non ha paura di niente, che programma per il futuro, mette
in pratica questa fratellanza tra musulmani e cristiani nel vivere insieme, nel rispettarsi
gli uni gli altri, nel costruire la Chiesa e costruire la patria. E’ una cosa veramente
necessaria per tutto il Paese, per tutti i musulmani e i cristiani. D.
– Benedetto XVI ha invitato ad avere la gioia spirituale, ma il coraggio anche di
costruire ponti tra persone che hanno fedi e culture diverse. E quindi ha invitato
ad essere presenti nella società civile... R. – Nel Centro Regina
Pacis il 99 per cento è musulmano, e lì non guardiamo ai musulmani o ai cristiani,
guardiamo all’essere umano uscito dalle mani del Signore, che riflette la presenza
del Signore, di Dio creatore, che sia musulmano o cristiano. E l’incontro del Re e
della Regina con il Santo Padre nella visita del Sito del Battesimo, dove Cristo è
stato battezzato, è stata una cosa molto, molto bella che aiuta la convivenza e la
fratellanza tra musulmani e cristiani. Il Re e il popolo giordano rispettano i luoghi
santi, sia cristiani sia musulmani. D. – La celebrazione
dei Vespri nella chiesa greco-melkita e la grande Messa, il grande abbraccio della
comunità cristiana nello stadio di Amman domenica, sono stati anche di grande incoraggiamento
per la comunità cristiana... R. – La Messa allo stadio è stata
una bella testimonianza: tutta la Chiesa, il successore di San Pietro, il rappresentante
di Gesù Cristo, il pastore di tutto il popolo di Dio, tutti a pregare insieme. Il
raduno nella Chiesa melkita era per la vita consacrata: tutti i religiosi e le religiose,
ma anche i maestri di catechismo erano presenti ed hanno avuto il messaggio del Santo
Padre per il futuro, per penetrare più fortemente nelle anime dei giovani e ben educarle
e dare loro davvero un’educazione cristiana. D. – Il Papa si
trova a Gerusalemme, la seconda tappa del suo pellegrinaggio, ha raggiunto Israele.
Lei lo raggiungerà lì. Qual è il suo auspicio per questo nuovo momento che sta vivendo
il Papa? R. – Lì certamente tutto il popolo cristiano, sia in
Israele, sia in Palestina, e anche tutti i responsabili dei governi in Israele e Palestina,
sono sicuro che faranno tutto il possibile per ben ricevere il Santo Padre, perché
faccia il suo pellegrinaggio ai luoghi santi per dare una voce che aiuti la gente
ad ascoltare la ragione e ad indirizzarsi verso una pace vera, che dà speranza ai
giovani, alle generazioni di oggi e del futuro, perché senza pace né Israele né la
Palestina possono vivere tranquille. La vera soluzione è una pace giusta, che soddisfi
tutti quanti.