Benedetto XVI a Tel Aviv: vengo per pregare per la pace in Terra Santa e in tutto
il mondo. Mai più crimini come la Shoah
Una preghiera accorata per la pace in Terra Santa e nel mondo, la durissima condanna
della Shoah e una vera e propria supplica per il raggiungimento di una soluzione giusta
al conflitto israelo-palestinese: così Benedetto XVI si è presentato in Israele durante
la cerimonia di benvenuto all’aeroporto internazionale di Ben Gurion a Tel Aviv. Il
Papa è stato accolto dal presidente israeliano Shimon Peres e dal premier Benjamin
Netanyahu. Linea al nostro inviato Roberto Piermarini: “I come,
to pray at the holy places to pray…” “Vengo per pregare nei luoghi
santi, a pregare in modo speciale per la pace – pace qui nella Terra Santa e pace
in tutto il mondo”. Nel suo primo discorso in Israele,
Benedetto XVI ha voluto ribadire lo scopo del suo pellegrinaggio e non ha mancato
di lanciare un accorato appello per rilanciare il negoziato di pace tra israeliani
e palestinesi: “In union with people of good everywhere...” “In
unione con tutti gli uomini di buona volontà, supplico – ha detto il Papa – quanti
sono investiti di responsabilità, ad esplorare ogni possibile via per la ricerca di
una soluzione giusta alle enormi difficoltà, così che ambedue i popoli possano vivere
in pace in una patria che sia la loro, all’interno di confini sicuri ed internazionalmente
riconosciuti”. In questo momento in cui il processo di pace nella
regione si sta sgretolando tra rivendicazioni ed estremismi, Benedetto XVI ha detto
di sperare e pregare affinché “si possa presto creare un clima di maggiore fiducia,
che renda capaci le parti di compiere progressi reali lungo la strada verso la pace
e la stabilità”. Parlando al presidente Peres il Papa non ha
mancato di annunciare che in questa visita onorerà la memoria dei sei milioni di Ebrei
vittime della Shoah e pregherà “affinché l’umanità non abbia mai più ad essere testimone
di un crimine di simile enormità”. Inoltre ha condannato con forza il risorgere dell’antisemitismo
che va combattuto dovunque si trovi, promuovendo il rispetto e la stima verso gli
appartenenti ad ogni popolo, razza, lingua e nazione in tutto il mondo. Riferendosi
alla città di Gerusalemme, il Papa ha espresso la speranza che in questa Città Santa
“tutti i pellegrini ai luoghi santi delle tre grandi religioni monoteiste, abbiamo
la possibilità di accedervi liberamente e senza restrizioni per prendere parte a cerimonie
religiose”. Accesso che spesso le autorità israeliane limitano per motivi di sicurezza. Infine
un pensiero alla piccola Chiesa locale che è una minoranza e che è chiamata attraverso
la testimonianza a Colui che predicò il perdono e la riconciliazione, a difendere
la sacralità della vita ed a recare un “particolare contributo perché terminino le
ostilità che per tanto tempo hanno afflitto questa terra": “I
pray that your continuing presence in Israel...” “Prego che la vostra
continua presenza in Israele e nei Territori Palestinesi – ha concluso Benedetto XVI
- porti molto frutto nel promuovere la pace ed il rispetto reciproco fra tutte le
genti che vivono nelle terre della Bibbia”. Ad accogliere il Papa in
Israele, oltre al presidente Peres e al premier Netanyahu, anche tutti i presuli di
Terra Santa. Il presidente Peres nel suo discorso ha parlato di “importante missione
di pace” del Papa, ha incoraggiato il dialogo ebraico-cristiano, ha sottolineato la
convivenza in Israele di diversi popoli che pregano lo stesso Dio ed ha annunciato
che dopo la pace con Egitto e Giordania, Israele è impegnata in negoziati di pace
con i palestinesi. I giornali scrivono che Benedetto XVI viene in Israele per una
visita storica come uomo di pace. Il “Jerusalem Post” parla di visita “epocale” e
da più parti si sottolinea che il caso Williamson è superato. Singolare un titolo
sul quotiano “Haaretz” che parla di “Mission possible”, missione possibile, la missione
di pace che fa da sfondo a questo pellegrinaggio papale.