Il Papa al Memoriale di Mosè sul Monte Nebo: Chiesa unita in modo inseparabile al
popolo ebreo
Seconda giornata di Benedetto XVI in Giordania. Il Papa questa mattina si recato in
visita all’antica Basilica del Memoriale di Mosè sul Monte Nebo. “L’antica tradizione
del pellegrinaggio ai luoghi santi ci ricorda – ha detto il Pontefice - l’inseparabile
vincolo che unisce la Chiesa al popolo ebreo. Sin dagli inizi, la Chiesa in queste
terre ha commemorato nella propria liturgia le grandi figure dell’Antico Testamento,
quale segno del suo profondo apprezzamento per l’unità dei due Testamenti. Possa l’odierno
nostro incontro ispirare in noi un rinnovato amore per il canone della Sacra Scrittura
ed il desiderio di superare ogni ostacolo che si frappone alla riconciliazione fra
Cristiani ed Ebrei, nel rispetto reciproco e nella cooperazione al servizio di quella
pace alla quale la Parola di Dio ci chiama!”. Ecco il testo integrale del discorso
del Papa nella traduzione italiana dall’originale inglese:
Padre
Ministro Generale, Padre Custode, Cari Amici, in
questo luogo santo, consacrato dalla memoria di Mosè, vi saluto tutti con affetto
nel Signore nostro Gesù Cristo. Ringrazio il Ministro Generale dell’Ordine dei Frati
Minori, il P. José Rodríguez Carballo, per le cordiali parole di benvenuto. Colgo
inoltre questa occasione per rinnovare l’espressione della mia gratitudine, e quella
dell’intera Chiesa, ai Frati Minori della Custodia per la loro secolare presenza in
queste terre, per la loro gioiosa fedeltà al carisma di san Francesco, come pure per
la loro generosa sollecitudine per il benessere spirituale e materiale delle comunità
cristiane locali e degli innumerevoli pellegrini che ogni anno visitano la Terra Santa.
Qui desidero ricordare anche, con particolare gratitudine, il defunto P. Michele Piccirillo,
che dedicò la sua vita allo studio delle antichità cristiane ed è sepolto in questo
santuario che egli amò così intensamente. È giusto che il mio pellegrinaggio
abbia inizio su questa montagna, dove Mosè contemplò da lontano la Terra Promessa.
Il magnifico scenario che ci si apre dinanzi dalla spianata di questo santuario ci
invita a considerare come quella visione profetica abbracciava misteriosamente il
grande piano della salvezza che Dio aveva preparato per il suo Popolo. Nella Valle
del Giordano, infatti, che si snoda sotto di noi, nella pienezza dei tempi Giovanni
Battista sarebbe venuto a preparare la via del Signore. Nelle acque del Giordano Gesù,
dopo il battesimo ad opera di Giovanni, sarebbe stato rivelato come il Figlio diletto
del Padre e, dopo essere stato unto di Spirito Santo, avrebbe inaugurato il proprio
ministero pubblico. Fu ancora dal Giordano che il Vangelo si sarebbe diffuso, dapprima
mediante la predicazione stessa e i miracoli di Cristo, e poi, dopo la sua risurrezione
e l’effusione dello Spirito a Pentecoste, mediante l’opera dei suoi discepoli sino
ai confini della terra. Qui, sulle alture del
Monte Nebo, la memoria di Mosè ci invita ad “innalzare gli occhi” per abbracciare
con gratitudine non soltanto le opere meravigliose di Dio nel passato, ma anche a
guardare con fede e speranza al futuro che egli ha in serbo per noi e per il mondo
intero. Come Mosè, anche noi siamo stati chiamati per nome, invitati ad intraprendere
un quotidiano esodo dal peccato e dalla schiavitù verso la vita e la libertà, e ci
vien data un’incrollabile promessa per guidare il nostro cammino. Nelle acque del
Battesimo siamo passati dalla schiavitù del peccato ad una nuova vita e ad una nuova
speranza. Nella comunione della Chiesa, Corpo di Cristo, noi pregustiamo la visione
della città celeste, la nuova Gerusalemme, nella quale Dio sarà tutto in tutti. Da
questa santa montagna Mosè orienta il nostro sguardo verso l’alto, verso il compimento
di tutte le promesse di Dio in Cristo. Mosè contemplò
la Terra Promessa da lontano, al termine del suo pellegrinaggio terreno. Il suo esempio
ci ricorda che anche noi facciamo parte del pellegrinaggio senza tempo del Popolo
di Dio lungo la storia. Sulle orme dei Profeti, degli Apostoli e dei Santi, siamo
chiamati a portare avanti la missione del Signore, a rendere testimonianza al Vangelo
dell’amore e della misericordia universali di Dio. Noi siamo chiamati ad accogliere
la venuta del Regno di Cristo mediante la nostra carità, il nostro servizio ai poveri
ed i nostri sforzi di essere lievito di riconciliazione, di perdono e di pace nel
mondo che ci circonda. Sappiamo che, come Mosè, non vedremo il pieno compimento del
piano di Dio nell’arco della nostra vita. Eppure abbiamo fiducia che, facendo la nostra
piccola parte, nella fedeltà alla vocazione che ciascuno ha ricevuto, contribuiremo
a rendere diritte le vie del Signore e a salutare l’alba del suo Regno. Sappiamo che
Dio, il quale ha rivelato il proprio nome a Mosè come promessa che sarebbe sempre
stato al nostro fianco (cfr Es 3,14), ci darà la forza di perseverare in gioiosa speranza
anche tra sofferenze, prove e tribolazioni. Sin
dai primi tempi i cristiani sono venuti in pellegrinaggio ai luoghi associati alla
storia del Popolo eletto, agli eventi della vita di Cristo e della Chiesa nascente.
Questa grande tradizione, che il mio odierno pellegrinaggio intende continuare e confermare,
è basata sul desiderio di vedere, toccare e assaporare in preghiera e in contemplazione,
i luoghi benedetti dalla presenza fisica del nostro Salvatore, della sua Madre benedetta,
degli Apostoli e dei primi discepoli che lo videro risorto dai morti. Qui, sulle orme
degli innumerevoli pellegrini che ci hanno preceduto lungo i secoli, siamo spinti,
quasi come in una sfida, ad apprezzare più pienamente il dono della nostra fede e
a crescere in quella comunione che trascende ogni limite di lingua, di razza e di
cultura. L’antica tradizione del pellegrinaggio
ai luoghi santi ci ricorda inoltre l’inseparabile vincolo che unisce la Chiesa al
popolo ebreo. Sin dagli inizi, la Chiesa in queste terre ha commemorato nella propria
liturgia le grandi figure dell’Antico Testamento, quale segno del suo profondo apprezzamento
per l’unità dei due Testamenti. Possa l’odierno nostro incontro ispirare in noi un
rinnovato amore per il canone della Sacra Scrittura ed il desiderio di superare ogni
ostacolo che si frappone alla riconciliazione fra Cristiani ed Ebrei, nel rispetto
reciproco e nella cooperazione al servizio di quella pace alla quale la Parola di
Dio ci chiama! Cari Amici, riuniti in questo santo
luogo, eleviamo gli occhi e i cuori al Padre. Mentre ci apprestiamo a recitare la
preghiera insegnataci da Gesù, invochiamolo perché affretti la venuta del suo Regno,
così che possiamo vedere il compimento del suo piano di salvezza e sperimentare, insieme
con san Francesco e tutti i pellegrini che ci hanno preceduto segnati con il segno
della fede, il dono dell’indicibile pace – pax et bonum – che ci attende nella Gerusalemme
celeste. Indirizzo di saluto di padre Carballo al Santo Padre
Santo
Padre, voglia accogliere a nome di tutti i Frati Minori che vivono in Terra Santa
e di tutto l’Ordine il saluto di san Francesco: il Signore Le dia Pace! Qui, sul
Monte Nebo, alle porte della terra promessa, Le diamo il benvenuto all’inizio del
suo pellegrinaggio in Terra Santa. Qui Mosè, al termine dell’esodo, ebbe la grazia
di vedere la terra che il Signore aveva promesso al suo popolo. La promessa di Dio
diventava finalmente realtà. Mosè aveva guidato Israele per quarant’anni, per quarant’anni
era stato la voce di Dio per il popolo e la voce del popolo presso Dio. Egli aveva
ricevuto dal Signore la legge e l’aveva consegnata ad Israele perché la osservasse.
Aveva aiutato il popolo a crescere nella fede, esortandolo e sostenendolo nei momenti
di scoraggiamento, ma anche ammonendolo e riprendendolo, quando la tentazione delle
cipolle d’Egitto si faceva più forte. Grazie a Mosè Israele aveva imparato a conoscere
meglio il suo Signore: un Dio provvidente che non abbandona mai il suo popolo; che
durante il cammino è luce nelle tenebre e ristoro dalla fatica; che viene incontro
ai bisogni dei suoi figli con la manna dal cielo e con l’acqua dalla roccia; che scende
in una tenda per stare in mezzo a loro e con loro si fa pellegrino. Mosè, così, non
solo guidò il popolo dell’Alleanza verso questa terra, ma soprattutto lo condusse
al suo Signore e Salvatore. Santo Padre, Lei oggi ha voluto farsi pellegrino, ricordandoci
che questa è la condizione del popolo di Dio. In questo viaggio non è solo. Vogliamo
accompagnarla, anzi seguirla, come un tempo il popolo di Israele aveva seguito Mosè
e da lui si era lasciato condurre. Anche noi oggi ci sentiamo come nel deserto e abbiamo
bisogno di chi ci conduce al Signore, di qualcuno che ci aiuti a conoscerlo sempre
più come un Padre provvidente e misericordioso, come il Signore nostro Gesù Cristo
ce lo ha rivelato. Spesso, infatti, siamo presi dallo scoraggiamento e dalla paura,
quando il cammino si fa aspro e duro. A volte sembra che il male prevalga. Ovunque
ci volgiamo vediamo guerre e violenze; c’è ancora tanta povertà che schiaccia gran
parte dell’umanità, mentre i diritti umani più elementari sono calpestati; per la
sete di ricchezza e di potere gli uomini non esitano a devastare il creato, che era
stato loro affidato perché ne avessero cura. La fede nella promessa della terra dove
scorre latte e miele, del Regno che cresce senza far rumore, come il piccolo granello
di senapa, rischia di affievolirsi nei nostri cuori e siamo tentati di lasciare l’aratro
e volgerci indietro. Qui, su questo monte, un nostro Frate, Fr. Michele Piccirillo,
che da poco il Signore ha chiamato a sé, ha dedicato l’intera vita per permetterci
di gustare la bellezza di questi luoghi, restituendoci capolavori perduti e sepolti
dai secoli. La sua opera, oltre all’immenso valore scientifico, ci insegna che è nella
natura profonda dell’uomo andare sempre alla ricerca della vera bellezza. Santità,
in questo pellegrinaggio ci affidiamo a Lei. Porti le nostre suppliche al Signore
e ci rivolga ancora una volta quella Parola, che è la sola a poterci donare la salvezza.
Ci aiuti a riscoprire la bellezza della nostra vocazione, la bellezza di essere discepoli
del Risorto. Allora, come i discepoli, avremo il coraggio di lasciare alle spalle
il nostro cenacolo comodo e sicuro per metterci di nuovo sulle strade del mondo, testimoniando
a tutti la gioia della Pasqua.