2009-05-09 15:17:13

Il Papa al Centro “Regina Pacis” di Amman: nella sofferenza possiamo cogliere l’amore di Dio che cambia la nostra vita


Si è svolta all’insegna della speranza la prima tappa della visita di Benedetto XVI in Giordania, ieri pomeriggio al Centro “Regina Pacis” di Amman. Il Papa ha invocato la pace per la Terra Santa ed ha incoraggiato con affetto paterno i giovani disabili accolti dal centro fondato da mons. Salim Sayegh, vicario patriarcale latino per la Giordania. Durante l’incontro nella Chiesa del Centro, due ragazzi hanno fatto dono al Papa di una kefiah, che il Santo Padre si è messo sulle spalle in segno di gratitudine. L’indirizzo d’omaggio è stato rivolto dal Patriarca Latino di Gerusalemme Fouad Twal. Il servizio di Alessandro Gisotti:RealAudioMP3

Canti

In un luogo dove ogni giorno si sperimentano prove e sofferenze, Benedetto XVI ha portato un messaggio di speranza. Speranza per la pace, per la riconciliazione tra i popoli del Medio Oriente e per i ragazzi disabili esortati a non scoraggiarsi, a trovare in Dio l’amore che salva:

 
“Prayer is hope in action. And in fact true reason is contained in prayer…”
“La preghiera – ha detto – è speranza in azione. Ed infatti la vera ragione è contenuta nella preghiera”. Entrando in contatto con Dio, ha proseguito, “giungiamo a renderci conto della futilità delle divisioni umane e dei pregiudizi e avvertiamo le meravigliose possibilità che si aprono davanti a noi quando i nostri cuori sono convertiti alla verità di Dio, al suo progetto per ognuno di noi e per il nostro mondo”. Amici, ha detto ancora, “diversamente dai pellegrini d’un tempo, io non vengo portando regali od offerte”:

 
“I come simply with one intention, a hope: to pray for the precious gift…”
“Io vengo semplicemente con un’intenzione, una speranza – ha affermato Benedetto XVI: pregare per il regalo prezioso dell’unità e della pace, più specificamente per il Medio Oriente”. Il Pontefice ha invocato la pace per Gerusalemme e la Terra Santa, per l’intera famiglia umana. Una pace durevole, ha sottolineato, “generata dalla giustizia, dall’integrità e dalla compassione”. Una pace “che sorge dall’umiltà, dal perdono e dal profondo desiderio di vivere in armonia come un’unica realtà”. Si è così soffermato sulla sofferenza provata da tanti dei ragazzi del Centro “Regina Pacis”:

 
“At times it is difficult to find a reason for what appears only…”
“A volte – ha riconosciuto – è difficile trovare una ragione per ciò che appare solo come un ostacolo da superare o anche come prova – fisica o emotiva – da sopportare”. Ma la fede e la ragione, è stato il suo richiamo, “ci aiutano a vedere un orizzonte oltre noi stessi per immaginare la vita come Dio la vuole”. Il suo, ha aggiunto, “è un amore che salva”. “L’amore incondizionato di Dio, che dà la vita ad ogni individuo umano – è stata la sua riflessione – mira ad un significato e ad uno scopo per ogni vita umana”. Per questo propria nella sofferenza, il cristiano può cogliere la forza che viene da Dio:

 
“Your experience of trials, your witness to compassion…”
“La vostra esperienza del dolore, la vostra testimonianza in favore della compassione, la vostra determinazione nel superare gli ostacoli che incontrate – ha detto il Papa - mi incoraggiano a credere che la sofferenza può determinare un cambiamento in meglio”. Ed ha aggiunto: “Nelle nostre personali prove, e stando accanto agli altri nelle loro sofferenze, cogliamo l'essenza della nostra umanità, diventiamo, per così dire, più umani”. Per questo, ha concluso, “anche i cuori induriti dal cinismo o dall’ingiustizia o dalla riluttanza a perdonare non sono mai al di là del raggio d’azione di Dio, possono essere sempre aperti ad un nuovo modo di essere, ad una visione di pace”. La visita svoltasi in un clima particolarmente festoso, si è conclusa con canti in lingua italiana dei ragazzi giordani:

 
Benedetto! Benvenuto in Giordania!

 
Sulle attività del Centro "Regina Pacis", il nostro inviato Pietro Cocco ha intervistato mons. Salim Sayegh, che spiega innanzitutto le motivazioni che hanno portato alla fondazione di questo Centro per giovani ad Amman:RealAudioMP3

R. – Questo centro è nato per rispondere a due questioni principali, due necessità della Chiesa locale: gli handicappati e i giovani. Volevano un posto per i ritiri spirituali, per i loro incontri, perchè non avevamo niente: né noi, né la Chiesa ortodossa, né la Chiesa melkita. E’ la loro casa. Anzi, una volta, i giovani musulmani sono venuti e sono stati ricevuti. Siamo stati aiutati fortemente dalla Cei, la Conferenza episcopale italiana. Per quanto riguarda gli handicappati, anche questo risponde ad una necessità della Chiesa, perchè gli handicappati in Giordania sono il 9.8 per cento della popolazione. La gente ha vergogna di dire che ha figli handicappati.

 
D. – Ma quali sono i principali handicap, i più diffusi?

 
R. – Sordi, ciechi, handicappati mentali. Il centro ha avuto, dunque, come scopo non solo quello di dare aiuto a coloro che vengono nel centro, con la fisioterapia, la scuola, ma anche quello di arrivare alla famiglia musulmana e cristiana, per sensibilizzarla al valore dell’uomo e dell’essere handicappato, per rispettarlo. Allora, ci siamo detti: dobbiamo lavorare con i musulmani. E, dunque, abbiamo cominciato a fare piccoli gruppi di 10, 15, 20, 25 persone, nelle grandi città, di cristiani e musulmani. All’inizio non è stato facile. In un villaggio del nord-est del deserto di Giordania abbiamo fondato un gruppo di Fede e Luce di Jean Vanier di musulmani.







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