La difficile realtà del campo profughi palestinese di Aida, vicino Betlemme, che il
Papa visiterà mercoledì prossimo
Dopo la sosta in Giordania e i primi incontri a Gerusalemme, mercoledì prossimo Benedetto
XVI valicherà il confine tra lo Stato di Israele e i Territori autonomi palestinesi
per raggiungere la città di Betlemme. Oltre al momento spirituale, segnato dalla visita
alla Grotta della Natività, il Papa si immergerà per circa un’ora nella difficile
realtà dell’“Aida Refugee Camp”, uno dei molti campi che ospitano migliaia di profughi
palestinesi. Il nostro inviato, Roberto Piermarini, ne offre uno spaccato in
questo servizio:
Una grande
chiave che simboleggia il diritto a tornare nelle proprie case espropriate 60 anni
fa, sovrasta l’arco di ingresso del campo profughi di Aida, a Betlemme che il Papa
visiterà mercoledì pomeriggio, come gesto di vicinanza alle sofferenze del popolo
palestinese. Si tratta di uno dei primi campi dal 1948, per accogliere i 900 mila
palestinesi rimasti da un giorno all’altro senza casa nè lavoro. Ad Aida vivono 5
mila dei più di 4 milioni di palestinesi raccolti nei 59 campi profughi sparsi in
tutto il Medio Oriente. In un primo tempo l’incontro del Papa con i profughi era previsto
su un palco a ridosso del Muro di separazione costruito per motivi di sicurezza da
Israele, per prevenire azioni terroristiche e contestato da tutta la comunità internazionale;
una scelta che in questo pellegrinaggio papale, avrebbe avuto un forte impatto mediatico.
Poi si è preferito la scuola dell’Unrwa, l’organismo dell’Onu per i rifugiati che
opera nel Campo. Camminare per le strade di Aida è desolante:
case fatiscenti e sovrappopolate allineate come tessere di un domino, fogne a cielo
aperto, disoccupazione, violenza, e nello sguardo della gente, quasi tutti musulmani
palestinesi, tanta rassegnazione, nonostante gli sforzi dell’ONU e di molte Ong che
lavorano per i profughi. Il silenzio che accompagna chi si muove tra le vie polverose
del Campo, è rotto soltanto dalle voci e dalle grida dei bambini che giocano a pallone
nell’unico campo sportivo a disposizione: il cortile della scuola dell’Unicef. Nel
Campo di Aida, oltre alla presenza silenziosa di 14 famiglie cristiane che convivono
fraternamente con la maggioranza musulmana, c’è un piccolo convento di suore: sono
le Missionarie francescane del Cuore Immacolato di Maria. Dopo la seconda Intifada
la loro scuola ha chiuso i battenti e da qualche mese non funziona più neppure l’ambulatorio
medico. Le poche persone che si fermano a parlare hanno una sola richiesta che farà
da sfondo all’incontro con il Papa: porre fine all’ingiustizia dell’emigrazione forzata.
Uno degli organizzatori dell’incontro di Aida, il padre Majdi Syriani, del Patriarcato
latino di Gerusalemme, si dice convinto che Benedetto XVI, che è tedesco, vedendo
il Muro di separazione non potrà non tornare allo “scandalo” del Muro di Berlino che
per tanti anni ha diviso il suo Paese. Gli abitanti del Campo offriranno tra l’altro
al Papa, un ciondolo decorato con una chiave, simbolo sia della missione di “custode
delle chiavi”affidata da Cristo a San Pietro ed ai suoi successori e sia la “chiave
del ritorno” dei profughi palestinesi, la stessa che campeggia l’ingresso di questo
Campo.