2009-05-06 15:00:03

Raid Usa in Afghanistan: oltre cento morti tra cui donne e bambini


Oltre cento persone, fra cui molti civili, sono rimaste uccise nell’Afghanistan occidentale nel corso di alcuni raid aerei delle forze americane avvenuti tra lunedì e martedì nella provincia di Farah. Un'inchiesta è già stata aperta sull'incidente, mentre da Washington il presidente Hamid Karzai ha definito ''ingiustificabile e inaccettabile'' questo nuovo episodio di guerra che coinvolge civili inermi. Un dramma che influenzerà necessariamente il primo colloquio di Karzai con il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ma che avrà le sue ripercussioni più pesanti proprio nell’opinione pubblica afghana, come spiega padre Giacomo Rossigni, responsabile a Kabul di un progetto umanitario della Caritas italiana, intervistato da Stefano Leszczynski:RealAudioMP3

 
R. – Oramai credo che la gente sia molto stanca. Soltanto l’anno scorso ci sono stati 2850 morti. Ora, in tutte queste incursioni militari, si dice di voler colpire direttamente i talebani ribelli, ma poi vengono coinvolte anche le case con le donne e i bambini, con tanti civili. Questo la gente comincia a non sopportarlo più.

 
D. – Non si può dire, insomma, che il nuovo governo, a questo punto, stia avendo un particolare riscontro positivo?

 
R. – Assolutamente no perché in generale la gente ormai non ha più fiducia nella presenza dei militari e li vede sempre di più come degli invasori. Anche il presidente Karzai - giustamente, lui lo deve fare - apre sempre inchieste e non si sa mai quando le chiude.

 
D. – Come mai, secondo lei, capitano tanti e così drammatici errori da parte della coalizione internazionale che si trova in Afghanistan?

 
R. – La causa fondamentale è che i talebani usano, se così si può dire, nascondersi anche nelle case. Però, noi sappiamo che se si è sicuri che dentro ci sono dei bambini, non si dovrebbe sparare; invece questo non avviene. E’ logico che la gente, a forza di vivere questa situazione, si innervosisce, si incattivisce, e naturalmente l’esito è questo: se ne devono andare. Stanno portando il benessere? Fino ad oggi il benessere non si è visto, anzi, le grandi strade, che là sono molto larghe, hanno una o due colonne di cemento armato davanti agli ingressi, sia delle ambasciate, sia delle Ong più grandi e questo ci fa percepire proprio la presenza pesante dei militari.

 
D. – Quindi supera anche la paura eventualmente di un ritorno di un regime talebano?

 
R. – Sì, perché anche se c’è questa paura - che poi serpeggiava anche prima – dicono: “In fin dei conti, con i talebani c’era un po’ più di ordine”. Io credo che sia una cosa nemmeno da immaginare perché ciò che hanno fatto i talebani è pazzesco, però loro, in fin dei conti, dicono che con i talebani c’era più ordine. Ecco la conseguenza, come sempre, quando non si riesce ad ottenere qualcosa da colui in cui avevi tanta fiducia. I primi anni è stato un boom: tutte le Ong che sono andate in Afghanistan, le organizzazioni internazionali, hanno buttato miliardi. Tuttavia si dice, e si vede, che la corruzione, da cima a fondo, è pazzesca, proprio pazzesca.

 
D. – Quindi, tutti gli aiuti che sono arrivati, non sono riusciti a controbilanciare le disfunzioni?

 
R. – Non sono riusciti anche perché non sono arrivati tutti ad essere completamente utilizzati. Senz’altro le Ong hanno concluso qualcosa, però, nella visione globale.







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