Temendo un’escalation della violenza talebana, constatata la debolezza del governo,
della polizia e delle istituzioni civili, le famiglie cristiane della città di Karachi,
aggredite la scorsa settimana da gruppi talebani armati, sono terrorizzate e rinchiuse
nelle loro case. E’ quanto comunica all’Agenzia Fides padre Mario Rodriguez, Direttore
delle Pontificie Opere Missionarie (POM) in Pakistan, esprimendo preoccupazione e
allarme per l’espandersi della violenza dei gruppi militanti islamici nel paese, non
solo nella Provincia della Frontiera di Nordovest, ma anche nelle principali città
pakistane. Padre Rodriguez afferma: “I talebani si aggirano minacciosi nei quartieri
cristiani della città terrorizzando le donne e invitando la gente a convertirsi all’islam,
pena la morte. Si susseguono episodi di violenza, percosse e maltrattamenti improvvisi.
Sono militanti armati di pistole e kalashnikov. Siamo scioccati da questa situazione
e da questa ondata di violenza insensata, che le autorità non dovrebbero permettere:
la polizia ha il dovere di difendere tutti i cittadini dalle aggressioni”.Il Direttore
delle POM chiede attenzione e sostegno a tutti cristiani del mondo e invita e pregare
perché le minoranze cristiane in Pakistan stanno attraversando uno dei momenti più
bui e difficili della loro storia. “Speriamo nell’aiuto del Signore e chiediamo al
governo di riprendere il controllo della situazione, in tutto il paese, Intanto le
famiglie cristiane sono terrorizzate e non escono dalle loro case. Sono costrette
all’isolamento”. La Chiesa sta vivendo questa situazione cercando di coinvolgere la
società civile (inclusi gruppi musulmani moderati) nel contrastare l’estremismo religioso.
Mons. Lawrence Saldanha, Arcivescovo di Lahore e presidente della Conferenza Episcopale
del Pakistan, nelle scorse settimane ha inviato una lettera a tutti i leader politici
e istituzionali del Pakistan, segnalando la situazione di terrore e violenza a cui
sono sottoposte le minoranze religiose, sotto la pressione dei gruppi integralisti
islamici, parlando della presenza di una “macchina omicida di terrore in nome della
religione”. Oggi l’Arcivescovo sottolinea: “Esiste un fondato timore che gli episodi
di violenza avvenuti a Karachi possano ripetersi in altre parti del paese. I cristiani
già subiscono ingiustizie e violenze a causa della iniqua legge sulla blasfemia, usata
contro di loro. Ora è in pericolo la loro stessa sopravvivenza”. L’Arcivescovo si
chiede preoccupato: “Il governo sarà in grado di salvare i cristiani? Il governo e
l’esercito sapranno salvare lo stato democratico del Pakistan?”. Intanto un’altra
brutta notizia per le minoranze religiose viene dal sistema giuridico nazionale: per
il reato di “blasfemia” (profanare il nome di Maometto o il Corano) previsto dall’art
295.C del Codice Penale del Pakistan, ora è prevista la pena di morte, mentre è stata
cancellata l’opzione dell’ergastolo. La Corte Suprema infatti, in una recente sentenza,
ha reso la pena di morte obbligatoria. La Chiesa da tempo denuncia l’abuso della legge
sulla blasfemia e il suo utilizzo per penalizzare o eliminare cittadini di fede non
islamica.