Sisma in Abruzzo, i rischi di una vita da sfollati: intervista con lo psichiatra Antonio
Picano
Domani sarà un mese esatto dalla forte scossa che il 6 aprile scorso ha devastato
L’Aquila e i paesi della provincia, provocando quasi 300 vittime. Nei centri abitati
colpiti dal sisma, le verifiche strutturali andranno avanti fino alla fine di maggio,
solo allora si avrà il dato complessivo sulle strutture completamente inagibili. Al
momento il 54% delle 22.700 case finora sottoposte a verifica risulta agibile, ma
pochi se la sentono di rientrare. Nei campi d’accoglienza, intanto, sono al lavoro
medici e psicologi che ribadiscono: “E' necessario prevenire logiche di assistenzialismo”.
Massimiliano Menichetti ha raggiunto telefonicamente nel capoluogo abruzzese
lo psichiatra Antonio Picano, dirigente medico presso l’ospedale San Camillo
Forlanini di Roma e presidente dell’associazione “Strade 360 Studio e trattamento
della depressione”:
R. - Oggi,
nei campi, si verifica che ogni bisogno viene soddisfatto passivamente. Non c’è il
denaro, la persona si alza ed ha la colazione pronta, il pranzo pronto: non c’è assolutamente
niente da fare, tanto è vero che le persone non mettono la sveglia ed aspettano, in
questa situazione di attesa, che qualcosa si verifichi. D. -
Voi ribadite, in una condizione del genere, è in agguato la depressione… R.
- I dati dicono che tra il 50 ed il 66 per cento delle persone esposte ad un trauma
di questo genere sviluppano depressione. Noi ci siamo posti il problema di realizzare
una gestione non assistenziale per favorire la ripresa dell’iniziativa personale che
possa, in qualche maniera, garantire la vitalità e la prevenzione dalla depressione,
che è il rischio più grande in questo momento. D. - Tre gli
ambiti di intervento individuati… R. - L’area della cura della
salute, perché tende a cadere rapidamente in situazioni di passività e di abbandono
e di attesa. L’area dell’organizzazione, perché quando ci si trova in una situazione
in cui tutto viene perso, l’organizzazione della vita quotidiana diventa assolutamente
frammentaria e incoerente. L’altra area importante è quella della comunicazione, perché
le persone che si trovano in difficoltà non sanno rappresentare il loro problema,
hanno bisogno di grandi stimoli per poter essere rimessi in attività. D.
- In pratica, gli aiuti materiali servono ma le persone devono poterli gestire anche
da soli. E nello specifico, proponete la formazione di cooperative… R.
- Lo strumento organizzativo della cooperativa è uno strumento democratico in cui
ciascuno ha un voto e che è finalizzato a costruire qualcosa. Pensiamo che la realizzazione
di una struttura congiunta, in cui ci sia una cooperativa che unisca tutte le risorse
delle persone, aiutata da una struttura di tutoraggio, possa essere lo strumento per
favorire una rinascita delle persone, anche in linea con il principio di sussidiarietà
che è fondamentale. Per cui, se la persona è in grado di fare una cosa da sola, è
giusto che lo Stato si metta un po' da parte.