Guerra in Centrafrica: il dramma di migliaia di sfollati
Sempre più preoccupante la situazione nel nord della Repubblica Centrafricana, dove
- a causa di scontri tra esercito e ribelli - migliaia di persone sono state costrette
a fuggire dalle proprie case, per di più nella stagione delle piogge. La denuncia
arriva da Medici Senza Frontiere: una stima dell’organizzazione umanitaria indica,
infatti, dieci mila nuovi sfollati nella regione di Kabo e Moyen Sido, al confine
con il Ciad, rifugiati nella foresta, privi di assistenza sanitaria e senza aiuti.
Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, ha invocato il rispetto dei diritti
umani nel Paese africano, già colpito da scontri tra governativi e ribelli del Fronte
democratico del popolo centrafricano (FDPC), movimento che non ha aderito al processo
di pace in corso. Sulla situazione nella Repubblica Centrafricana, Giada Aquilino
ha intervistato Sergio Cecchini, direttore della comunicazione di Medici Senza
Frontiere-Italia:
R. – Dal
mese di febbraio, ormai, c’è una nuova ondata di violenza in alcune zone della Repubblica
Centroafricana, in particolare nelle zone al nord, le zone intorno a Kabo e Dabngafò
dove però la violenza non è mai terminata dal 2006, quando sono esplosi gli scontri.
Migliaia di persone, in questo momento, sono fuggite all’interno della foresta, non
si presentano più agli ambulatori, non si presentano più ai centri di salute ed è
una situazione di estrema vulnerabilità per più di dieci mila persone che in questo
momento sono sparite dai nostri centri di salute. Alcuni rapporti delle ultime equipe
mobili, che nel fine settimana hanno visitato diversi villaggi, hanno riscontrato
un numero maggiore di villaggi bruciati.
D. – Quindi,
ora, quali sono le emergenze nel Paese?
R. – Cercare
di raggiungere queste persone che sono fuggite nella foresta con ogni tipo di mezzo,
sia con cliniche mobili a bordo di motorette, sia andando a piedi, inoltrandosi dentro
la foresta, perché parliamo di persone che si trovano a vivere in condizioni di estrema
vulnerabilità alla pioggia, al freddo nella notte. Ma parliamo anche di persone che
sono sotto trattamento antiretrovirale per l’Aids o sotto trattamento tubercolosi
per cui un’interruzione di questo trattamento significa sviluppare una resistenza.
Parliamo di uno dei Paesi più poveri al mondo, di uno dei Paesi in cui è saltata la
rete di sorveglianza epidemiologica e di supporto sanitario data dall'autorità, per
cui la popolazione dipende totalmente dagli aiuti che possono arrivare dalle organizzazioni
umanitarie o dalle missioni.
D. – Dalle testimonianze
che i vostri operatori hanno raccolto sul campo, perché, secondo voi, sono scoppiati
ora questi scontri?
R. – Quella zona lì è una zona
che risente moltissimo di quello che succede in Darfur ed in Ciad da parte di un cosiddetto
triangolo, Repubblica Centroafricana, Ciad e Darfur, per cui il passaggio di milizie
ribelli o comunque il travasarsi della tensione e degli scontri, è una costante. In
questo momento, dobbiamo tener conto che c’è la stagione delle piogge per cui c’è
una recrudescenza delle violenze nell’intento di recuperare quanto più possibile i
viveri, i generi di prima necessità da parte dei vari gruppi ribelli.
D.
– E allora, qual è l’appello di Medici Senza Frontiere?
R.
– Mobilitare quante più organizzazioni possibili per raggiungere la popolazione fuggita
in questo momento nella foresta ma soprattutto accendere dei riflettori sulla crisi
della Repubblica Centroafricana per evitare che quelle poche realtà missionarie o
le organizzazioni umanitarie che sono sul campo, siano totalmente abbandonate in questo
difficile lavoro di portare assistenza alle persone fuggite nella foresta.