Elezioni a Panama. Ricardo Martinelli favorito nella corsa alla presidenza
A Panama, due milioni e 200 mila elettori sono chiamati oggi a eleggere il presidente
della Repubblica, a rinnovare il parlamento unicamerale e le rappresentanze locali.
I sondaggi danno come molto probabile un cambiamento alla guida del Paese, dalla sinistra
ai conservatori. Favorito ad assumere la più alta carica dello Stato è l’imprenditore
Ricardo Martinelli, leader del partito, da lui fondato, “Cambio Democratico”. In vista
dell’appuntamento elettorale, i vescovi del Paese hanno diffuso una lettera pastorale
dal titolo “Sull’impegno cittadino di fronte alle prossime elezioni”. Ma quali sono
le sfide che attendono il nuovo capo dello Stato? Giancarlo La Vella lo ha
chiesto a Luis Badilla:
R. - La prima
riguarda il consolidamento del sistema democratico di questo Paese. E' vero che da
diversi anni, per fortuna, Panama transita attraverso una via democratica abbastanza
solida, però ci sono dei problemi che derivano dalle sfide sociali. E quindi, seconda
cosa, riguarda l’iniquità sociale: Panama è un Paese con una crescita tutto sommato
abbastanza alta e sostenuta da diversi anni, però, al tempo stesso, c’è un problema
di ridistribuzione della ricchezza fondamentale, e questo mette a repentaglio la stabilità
democratica. Per ultimo, inoltre, c’è una sfida non meno importante che riguarda il
rapporto con la nuova amministrazione americana: Panama costituisce, in questo momento,
per la sicurezza degli Stati Uniti, un pericolo sia dal punto di vista della corruzione
- cioè un Paese dove si ricicla molto denaro proveniente dal narcotraffico - e, in
secondo luogo, sia del narcotraffico in sé stesso, ovvero il transito sul territorio
panamense della cocaina verso gli Stati Uniti.
D.
- Non c’è una contraddizione nel parlare di democrazia progredita e, allo stesso tempo,
di iniqua distribuzione delle ricchezze?
R. - Sì,
c’è una contraddizione, ma questa contraddizione appartiene a tutta la regione latinoamericana.
Il problema dell’America Latina degli ultimi anni - che ha avuto una crescita sorprendente
dal punto di vista dei cosiddetti indici macroeconomici - è che poi questa ricchezza
si è concentrata in pochissime mani, e dunque esiste una contraddizione. Questa è
una sfida, e su questa sfida le Chiese latinoamericane - non solo quella di Panama
- insistono moltissimo negli ultimi anni.
D. - I
vescovi locali hanno pubblicato una lettera esortando la popolazione a partecipare
in massa a questo voto: con quali auspici?
R. - Soprattutto
a scegliere bene, cioè a dare il voto a coloro che, in qualche modo, hanno fatto propri
i problemi della nazione, elencati dai vescovi in diversi modi. Per esempio, il primo
problema è la qualità della vita: a Panama è andata peggiorando negli ultimi anni,
dal punto di vista dell’inquinamento, del poter vivere bene. Il consumo ha rovinato
la qualità della vita perché è un consumo molto esagerato e poco austero. Un secondo
problema riguarda la crescita economica che i vescovi denunciano come una crescita
economica senza solidarietà sociale: la povertà - un quarto del Paese vive al di sotto
dei limiti della povertà - e la corruzione: a Panama è un fenomeno esistente da moltissimi
anni, che però sembra ormai arrivato a limiti insostenibili. La corruzione è deleteria
per lo sviluppo economico, perché di questa crescita s’impadroniscono tutti i centri
di potere corrotti. Infine, la Chiesa ha molto sottolineato - in questo suo documento
di esortazione al voto - la qualità dell’educazione: a Panama l’educazione è gratuita,
pubblica, e tutti possono accedervi, ma la sua qualità è andata sempre più peggiorando,
per via dei programmi scolastici e del bassissimo - o quasi inesistente - sostegno
ai docenti, ai maestri, ai professori, che vengono considerati impiegati statali,
la terza categoria.