Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica
In questa quarta Domenica di Pasqua la liturgia ci propone il passo del Vangelo in
cui Gesù si presenta come il Buon Pastore:
"Il buon pastore dà la propria
vita per le pecore. Il mercenario … vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge,
e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle
pecore. Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me,
così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore”.
Su
questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del teologo, don Massimo Serretti,
docente di Cristologia all'Università Lateranense:
Se qualcuno
offre la sua vita per me, e al posto mio, ciò significa che io vivo grazie all'offerta
sacrificale volontaria di un altro, che io devo il mio attuale essere in vita al gesto
di donazione che l'altro ha compiuto per me. La radicalità di quell'offerta introduce
nella mia vita una radicalità di dipendenza: io devo la mia vita ad un altro. Quando
Gesù si presenta come il Buon Pastore che offre la sua vita, si presenta come il Figlio
eterno che nell'obbedienza al Padre ridona quel che da Lui ha ricevuto ed anche, insieme,
come Colui che ama le sue pecore e, facendo offerta di sé, le inserisce nella Sua
stessa vita, che è poi quella medesima che riceve dal Padre. La dipendenza si svela
allora, non come soggiogamento e come illibertà, ma come vita eterna, eterno amore,
nella eterna comunione. Il legame col Buon Pastore ci libera dalla paura della morte
che tiene soggiogati gli uomini per la vita intera (cf. Eb 2, 15). Troppo spesso oggi
l'uomo vorrebbe per sé la vita, ma senza l'Alleanza, senza il legame col «Pastore
grande». E' il prototipo di ogni peccato: voler essere come Dio, contro Dio, disgiuntamente
da Lui.