Eugenio Vagni è vivo. Dopo giorni di incertezza, l’operatore della Croce Rossa internazionale,
rapito nelle Filippine più di 3 mesi fa, è riuscito a telefonare alla famiglia giovedì
notte. Lo ha riferito la Croce Rossa Internazionale. L’ingegnere toscano, l’ultimo
ostaggio ancora in mano ai terroristi di Abu Sayyaf, sta bene. Come racconta Enzo
Brogi, consigliere regionale e intimo amico della famiglia Vagni, in un’intervista
raccolta da Roberta Rizzo:
R. – La telefonata
è stata relativamente breve; Eugenio ha potuto comunicare lo stato di salute complessivamente
buono, anche se in una situazione di difficoltà provocata prima di tutto dagli oltre
cento giorni di segregazione e poi dall’affaticamento complessivo e dalle complicazioni
dell'ernia. D. – Era la voce di una persona terrorizzata da
quello che sta vivendo? R. – Immagino che adesso le sue difese
si stiano, pezzetto per pezzetto, sgretolando. D. – Anche perché,
in questo momento, si trova solo… R. – Anche questo è un elemento
psicologico di enorme precarietà. D. – Come mai proprio giovedì
sera è riuscito a telefonare? R. – E’ sicuro che vi sono state
condizioni di precarietà nelle ultime giornate, dopo la liberazione del sequestrato
svizzero; probabilmente si sono mossi con più facilità, e poi immagino che vi sia
stata anche una volontà, da parte di coloro che lo tengono prigioniero, di dare un
segnale di vita da parte di Eugenio e quindi consentire la possibilità di proseguire
le azioni diplomatiche. D. – C’è un pericolo di vita effettivo,
in questo momento? R. – La vita di Eugenio rappresenta una possibilità,
da parte di chi lo tiene prigioniero, di poter trattare; nel momento in cui essa venisse
meno, per loro si aprirebbero condizioni di diverso rapporto con il governo delle
Filippine.