Si conclude il Convegno sulla Pastorale del turismo. Intervista con uno dei relatori,
mons. Carlo Mazza
Confrontare idee ed esperienza al fine di mettere a punto una pastorale più aggiornata.
E’ l’obiettivo dell’incontro promosso dal Pontificio Consiglio della Pastorale per
i Migranti e gli Itineranti ed incentrato sul tema: “La Pastorale del Turismo oggi,
a 40 anni dal Direttorio Peregrinans in Terra”. Il convegno, che si conclude
oggi, è anche l’occasione per ribadire lo sforzo di “far sentire sempre più la materna
presenza della Chiesa” nell’ambito del turismo. All’approccio della Chiesa per i turisti
di oggi ha dedicato il proprio intervento mons. Carlo Mazza, vescovo di Fidenza
e già direttore dell’Ufficio nazionale della Conferenza episcopale italiana per la
Pastorale del tempo libero, turismo e sport. Ascoltiamo il presule, intervistato da
Fabio Colagrande:
R. - Il fenomeno
del turismo, così come oggi lo si vede, richiede una modalità nuova di approccio al
fenomeno da parte della Chiesa. Bisogna subito chiarire che il turismo è un ambito
estremamente “volubile”, di difficile interpretazione e anche penetrazione, sotto
il profilo della Chiesa. Tuttavia, questo non impedisce e non ferma la Chiesa nella
sua missione di evangelizzare il turismo o meglio i turisti. Noi abbiamo uno sguardo
sull’Italia, sull’Europa e sul mondo, i turismi sono molto diversi. Dovremo parlare
di approcci più che di approccio, perché c’è un turismo di viaggio, così come si dice,
c’è un turismo di massa che è il turismo dei vacanzieri, c’è un turismo settimanale,
c’è un turismo d’arte, c’è un turismo dei luoghi anche alti della religiosità. Quindi,
proprio per questa diversificazione, la Chiesa è chiamata a dare delle risposte precise
e delle risposte anche diversificate, mantenendo ferme le risposte del Vangelo.
D.
- Eccellenza, lei ha una lunga esperienza per quanto riguarda la pastorale del turismo
e in particolare la pastorale che è legata ai pellegrinaggi nei luoghi religiosi.
Quanto il turismo può essere davvero di aiuto per la crescita spirituale?
R.
- Certamente, un grandissimo aiuto. Abbiamo interventi dei Sommi Pontefici a riguardo
estremamente illuminanti. Anzitutto, una coltivazione dello spirito perché il viaggio
è sempre un’avventura dello spirito, comunque lo si faccia e dovunque si vada. La
coltivazione dello spirito e una condizione “sine qua non” per poter fare un viaggio
che abbia un senso e che lasci una traccia dentro di noi. E’ importante coltivare
lo spirito, e questo lo si può fare in tanti modi. In secondo luogo, dobbiamo certamente
crescere in una comprensione della diversità. Ma questo non è sufficiente per poter
affrontare una nuova realtà. Occorre andare senza pregiudizio, al limite preparati
su quello che si sta per affrontare. In terzo luogo, occorre una grande capacità di
stare insieme, cioè una forma di camminare nella comunità - soprattutto se si va in
gruppi e in famiglie - e questo è importante proprio per non perdersi e non disperdersi,
per non creare situazioni di smarrimento. Questa forza della comunità e della famiglia
ci aiuta ad affrontare le situazioni che poi si andranno a vivere. (Montaggio
a cura di Maria Brigini)