Mons. Onaiyekan: le violenze in Nigeria non hanno nulla a che fare con la religione
Le sedicenti violenze religiose tra cristiani e musulmani che periodicamente infiammano
alcune regioni della Nigeria hanno in realtà poco o nulla a che fare con la religione.
Lo ha ribadito mons. John Olorunfemi Onaiyekan, arcivescovo di Abuja e presidente
dell’Associazione Cristiana della Nigeria (CAN), parlando nei giorni scorsi a Washington
ai membri della Commissione americana sulla libertà religiosa nel mondo (USCIRF).
La commissione sta preparando un rapporto sulla Nigeria, dopo gli ultimi scontri a
Jos e a Bauchi, nel nord-est del Paese, in cui numerose chiese e moschee sono state
date alle fiamme con diverse vittime. Nel suo intervento – riferisce l’agenzia Cns
- mons. Onaiyekan ha spiegato che all’origine di queste violenze spesso ci sono di
fatto motivazioni politiche e sociali e come la religione sia solo un pretesto per
gruppi di potere locale. “I nigeriani prendono sul serio la religione e i politici
corrotti hanno gioco facile a manipolarli e ad istigarli alla violenza”, ha detto
il presule paragonando la situazione del suo Paese a quella in Terra Santa dove la
matrice politica del conflitto israelo-palestinese viene confusa con quella religiosa.
Secondo l’arcivescovo, gran parte di queste violenze settarie potrebbero essere superate
se si riportasse un po’ di ordine nelle varie comunità. Non dissimile è stato il giudizio
del Sultano di Sokoto e presidente del Consiglio superiore islamico, Sa’ad Abubakar.
L’esponente musulmano, che insieme a mons. Onaiyekan presiede il Consiglio interreligioso
della Nigeria (NIREC), ha convenuto sul dovere dei leader religiosi nigeriani di smascherare
la falsa idea che attribuisce alla religione la causa dei problemi. Diversa è stata
invece la valutazione dei due esponenti religiosi sull’introduzione della Sharia in
alcuni Stati del nord della Nigeria: secondo il Sultano Abubakar, essa non avrebbe
avuto ripercussioni sui cristiani, mentre mons. Onaiyekan ha segnalato casi di cristiani
che hanno dovuto sottomettersi alla legge islamica. (L.Z.)