L'abbraccio del Papa ai terremotati dell'Abruzzo: "la Chiesa tutta è qui con me accanto
alle vostre sofferenze desiderosa di aiutarvi nella ricostruzione"
Il Papa è arrivato alle 10.30 circa ad Onna. Aveva lasciato il Vaticano in auto poco
dopo le 9.00, diretto in Abruzzo per la visita alle popolazioni colpite dal terremoto
del 6 aprile. Benedetto XVI non ha potuto prendere l'elicottero a causa del maltempo.
In un clima di grande commozione il Pontefice ha abbracciato e parlato con i terremotati
nella tendopoli di Onna. Poi ha rivolto questo discorso: Cari amici! Sono
venuto di persona in questa vostra terra splendida e ferita, che sta vivendo giorni
di grande dolore e precarietà, per esprimervi nel modo più diretto la mia cordiale
vicinanza. Vi sono stato accanto fin dal primo momento, fin da quando ho appreso la
notizia di quella violenta scossa di terremoto che, nella notte del 6 aprile scorso,
ha provocato quasi 300 vittime, numerosi feriti e ingenti danni materiali alle vostre
case. Ho seguito con apprensione le notizie condividendo il vostro sgomento e le vostre
lacrime per i defunti, insieme con le vostre trepidanti preoccupazioni per quanto
in un attimo avete perso. Ora sono qui, tra voi: vorrei abbracciarvi con affetto uno
ad uno. La Chiesa tutta è qui con me, accanto alle vostre sofferenze, partecipe del
vostro dolore per la perdita di familiari ed amici, desiderosa di aiutarvi nel ricostruire
case, chiese, aziende crollate o gravemente danneggiate dal sisma. Ho ammirato e ammiro
il coraggio, la dignità e la fede con cui avete affrontato anche questa dura prova,
manifestando grande volontà di non cedere alle avversità. Non è infatti il primo terremoto
che la vostra regione conosce, ed ora, come in passato, non vi siete arresi; non vi
siete persi d’animo. C’è in voi una forza d’animo che suscita speranza. Molto significativo,
al riguardo, è un detto caro ai vostri anziani: “Ci sono ancora tanti giorni dietro
il Gran Sasso”. Venendo qui, ad Onna, uno dei centri che ha
pagato un alto prezzo in termini di vite umane, posso immaginare tutta la tristezza
e la sofferenza che avete sopportato queste settimane. Se fosse stato possibile, avrei
desiderato recarmi in ogni paese e in ogni quartiere, venire in tutte le tendopoli
e incontrare tutti. Mi rendo ben conto che, nonostante l’impegno di solidarietà manifestato
da ogni parte, sono tanti e quotidiani i disagi che comporta vivere fuori casa, o
nelle automobili, o nelle tende, ancor più a causa del freddo e della pioggia. Penso
poi ai tanti giovani costretti bruscamente a misurarsi con una dura realtà, ai ragazzi
che hanno dovuto interrompere la scuola con le sue relazioni, agli anziani privati
delle loro abitudini. Si potrebbe dire, cari amici, che vi trovate,
in un certo modo, nello stato d’animo dei due discepoli di Emmaus, di cui parla l’evangelista
Luca. Dopo l’evento tragico della croce, rientravano a casa delusi e amareggiati,
per la “fine” di Gesù; Sembrava che non ci fosse più speranza, che Dio fosse nascosto
e non fosse più presente nel mondo. Ma, lungo la strada, Egli si accostò e si mise
a conversare con loro. Anche se non lo riconobbero con gli occhi, qualcosa si risvegliò
nei loro cuori: le parole di quello “Sconosciuto” riaccesero in loro quell’ardore
e quella fiducia che l’esperienza del Calvario aveva spento. Ecco,
cari amici: la mia povera presenza tra voi vuole essere un segno tangibile del fatto
che il Signore crocifisso vive, che è con noi, che è realmente risorto e non ci dimentica,
non vi abbandona; non lascerà inascoltate le vostre domande circa il futuro, non è
sordo al grido preoccupato di tante famiglie che hanno perso tutto: case, risparmi,
lavoro e a volte anche vite umane. Certo, la sua risposta concreta passa attraverso
la nostra solidarietà, che non può limitarsi all’emergenza iniziale, ma deve diventare
un progetto stabile e concreto nel tempo. Incoraggio tutti, istituzioni e imprese,
affinché questa città e questa terra risorgano. Il Papa è qui,
oggi, tra di voi per dirvi anche una parola di conforto circa i vostri morti: essi
sono vivi in Dio e attendono da voi una testimonianza di coraggio e di speranza. Attendono
di veder rinascere questa loro terra, che deve tornare ad ornarsi di case e di chiese,
belle e solide. È proprio in nome di questi fratelli e sorelle che ci si deve impegnare
nuovamente a vivere facendo ricorso a ciò che non muore e che il terremoto non ha
distrutto e non può distruggere: l’amore. L’amore rimane anche al di là del guado
di questa nostra precaria esistenza terrena, perché l’Amore vero è Dio. Chi ama vince,
in Dio, la morte e sa di non perdere coloro che ha amato. Vorrei
concludere queste mie parole rivolgendo al Signore una particolare preghiera per le
vittime del terremoto. Affidiamo questi nostri cari a Te, Signore,
sapendo che ai tuoi fedeli Tu non togli la vita ma la trasformi, e
nel momento stesso in cui viene distrutta la dimora di questo nostro esilio
sulla terra, Ti preoccupi di prepararne una eterna ed immortale in Paradiso. Padre
Santo, Signore del cielo e della terra, ascolta il grido di dolore e di
speranza, che si leva da questa comunità duramente provata dal terremoto! E’
il grido silenzioso del sangue di madri, di padri, di giovani e anche di
piccoli innocenti che sale da questa terra. Sono stati strappati all’affetto
dei loro cari, accoglili tutti nella tua pace, Signore, che sei il Dio-con-noi, l’Amore
capace di donare la vita senza fine. Abbiamo bisogno di Te e della Tua forza, perché
ci sentiamo piccoli e fragili di fronte alla morte; Ti preghiamo, aiutaci,
perché soltanto il Tuo sostegno può farci rialzare e indurci a riprendere
insieme, tenendoci fiduciosi l’un l’altro per mano, il cammino della vita. Te
lo chiediamo per Gesù Cristo, nostro Salvatore, in cui rifulge la speranza
della beata risurrezione. Amen! Preghiamo adesso con la preghiera che il
Signore ci ha insegnato «Padre Nostro…». Quindi il Papa ha impartito
la benedizione, poi ha aggiunto: La mia preghiera è con voi; siamo
insieme e il Signore ci aiuterà. Grazie per il vostro coraggio, la vostra fede e la
vostra speranza.