In un clima di grande commozione l'abbraccio di Benedetto XVI ai terremotati
Nubi, pioggia e fango non hanno smorzato l’intensità con la quale, nelle varie tappe
del suo percorso tra tendopoli e macerie - davanti alla Basilica di Santa Maria di
Collemaggio come davanti ai resti della Casa dello studente - Benedetto XVI ha parlato,
pregato, confortato i sopravvissuti al sisma. Ripercorriamo allora i singoli istanti
che hanno scandito la visita del Papa in Abruzzo, prima del suo arrivo alla Caserma
di Coppito. La cronaca è del nostro inviato al seguito di Benedetto XVI, Fabio
Colagrande:
C’è chi
lo definisce il Papa ‘teologo’, c’è chi parla a sproposito della sua ‘solitudine’:
ma Benedetto XVI, vero Pastore tra la gente, trasmette la speranza della Resurrezione
soprattutto attraverso gli sguardi e i gesti più semplici. Fin
dall’arrivo nella tendopoli di Onna – la frazione quasi completamente distrutta dal
sisma del 6 aprile, che ha sepolto sotto le macerie ben 40 dei suoi abitanti – il
Papa ha mostrato che lo scopo di questa sua visita era - al di là di ogni momento
ufficiale – dare direttamente la consolazione della fede a questa gente, squarciata
dal dolore di tanti lutti e ancora atterrita e spaurita a tre settimane da quei drammatici
28 secondi che hanno ferito e mutilato per sempre tante famiglie. In modo informale
Benedetto XVI ha ascoltato le loro storie, stringendo mani e dando parole di conforto
ai familiari delle vittime, commossi di vederlo finalmente fra di loro. Sentiamo le
loro reazioni alle parole del Papa: R. - E’ stato di buon auspicio. Confidiamo
nella fede e in lui. Siamo fiduciosi. D. - E’ stato di conforto… R.
- Sì, di sostegno. Siamo nelle mani del Signore, come ha detto giustamente Sua Santità.
Speriamo che le autorità ci aiutino e che anche Sua Santità sia di monito a spingere
le autorità, perché ci aiutino a risollevarci da questo grande disastro che purtroppo
ci ha colpito. R. - E’ un’emozione fortissima che riempie di
gioia tutti i nostri cuori e siamo davvero onorati per la presenza del Sommo Pontefice
tra noi. Speriamo davvero che grazie alla sua preghiera Onna possa risorgere e siamo
fiduciosi per questo. E’ importante la sua presenza qui perché ravviva la fede nei
nostri cuori ed è fondamentale per superare questo momento di grande sconforto e di
grande dolore per tutti noi. D. - Cosa l’ha colpita delle parole
del Santo Padre? R. – Sono state delle parole splendide, meravigliose,
e l’emozione è fortissima nei nostri cuori. Poi, questa vicinanza, questa umanità
infinita che lui ha; condivide con noi questo immenso dolore. Il Papa è grande e noi
lo amiamo. D. – Che significato ha questa visita del Papa ad Onna? R.
– E’ molto importante. Ci porta speranza e ci porta serenità, perchè ne abbiamo veramente
bisogno. ‘Noi abruzzesi siano forti e gentili e lo siamo grazie alla nostra
fede. Abbiamo sentito il Papa vicino, fin dai primi momenti di questa tragedia’. Questo
un passaggio del messaggio che i sopravvissuti di Onna hanno preparato per l’occasione.
A guidarli anche oggi c’era il parroco don Cesare Cardoso che
così commenta la visita del Pontefice: R. – Prima di tutto abbiamo sperimentato
un’emozione molto grande con la presenza del Papa e con le sue parole, che ci hanno
incoraggiato a vivere questo momento nella serenità e, soprattutto, innanzitutto,
nella fede, che è l’unica arma che ci aiuta in questi momenti così difficili e di
grande calamità. D. – Che le ha detto quando l’ha abbracciato,
quando è sceso dalla macchina? R. – Sua Santità ci ha detto:
“Da quando ho saputo, prego per voi. Vi sono vicino con la preghiera e, quindi, adesso
la mia presenza qui è una vicinanza fisica, ma da quando è successo tutto, vi ho sempre
pensato. Ho sempre pregato per voi”. Dopo l’incontro con la popolazione
il Papa ha visto le macerie del paesino, accompagnato dal sottosegretario Bertolaso,
e poi è tornato verso L’Aquila, mentre una folla di abruzzesi lo salutava lungo la
statale. L’omaggio a San Celestino, nella Basilica di Collemaggio scoperchiata dal
terremoto, ha un grande valore per gli aquilani che hanno visto riaprirsi eccezionalmente
la Porta santa della Perdonanza, assieme alla speranza di un riscatto dalla sofferenza.
Poi, dopo aver visitato il centro storico del capoluogo, ormai una città fantasma,
Benedetto XVI è arrivato nella via dolorosa, com’è stata ribattezzata via XX settembre,
e davanti alle macerie della Casa dello studente ha incontrato uno per uno gli universitari
sopravvissuti a quel drammatico crollo, informandosi sui loro studi e incoraggiandoli
a proseguire nella vita di sempre. Con loro c’era Don Luigi Epicoco,
il cappellano universitario che così descrive quell’esperienza drammatica: R.
- E’ stata un’esperienza terribile. Quella notte abbiamo cercato di scappare un po’
tutti. Noi, fortunatamente, siamo riusciti a uscire dalle nostre case prima che crollassero.
La cosa bella, però, è che se in quei momenti prevale l’istinto di sopravvivenza,
lì è prevalso l’istinto di solidarietà. Vedevo questi ragazzi che si cercavano a vicenda.
Nonostante il terremoto continuasse, non avevano paura di rientrare nei vicoli, nelle
stradine, cercare di tirare fuori gli amici, ricercarli, scavare a mani nude. Proprio
accanto alla nostra parrocchia, che è crollata, è crollato anche il palazzo di fianco
dove vivevano diverse famiglie e lì un gruppo di studenti, qualche minuto dopo il
terremoto, ha sentito dei lamenti e ha cominciato a scavare. In una famiglia, i genitori
hanno protetto i propri figli di 10 e 7 anni con il proprio corpo e, infatti, questi
bambini si sono salvati, i genitori no. Questi ragazzi sono stati salvati da questi
universitari che hanno cominciato a scavare nel buio senza nessuna protezione e li
hanno tirati fuori. Vedevo tanta commozione e smarrimento ma anche questo senso di
responsabilità. In una notte soltanto, penso che questi ragazzi siano cresciuti di
trent’anni.