Il grazie di Benedetto XVI ai soccorritori: adesso soluzioni rapide per chi vive nelle
tendopoli e L'Aquila anche se ferita tornerà a volare
Il Papa da Onna si è trasferito alla Basilica di Collemaggio dell’Aquila dove ha venerato
l’urna di Celestino V e depone come omaggio il Pallio che gli è stato imposto nel
giorno dell'inizio del suo Pontificato. Poi ha incontrato alcuni ragazzi davanti alle
macerie della Casa dello Studente. Nel Piazzale della Scuola della Guardia di Finanza
a Coppito l’incontro con la popolazione e il personale impegnato nei soccorsi. Ecco
il testo integrale del discorso del Santo Padre: Cari fratelli e sorelle! Grazie
per la vostra accoglienza, che mi commuove profondamente. Vi abbraccio tutti con affetto
nel nome di Cristo, nostra salda Speranza. Saluto il vostro Arcivescovo, il caro Mons.
Giuseppe Molinari, che come Pastore ha condiviso e sta condividendo con voi questa
dura prova; a lui va il mio ringraziamento per le toccanti parole piene di fede e
di fiducia evangelica con cui si è fatto interprete dei vostri sentimenti. Saluto
il Sindaco dell’Aquila, Onorevole Massimo Cialente, che con grande impegno sta operando
per la rinascita di questa città; come pure il Presidente della Regione, Onorevole
Gianni Chiodi. Ringrazio entrambi per le loro profonde parole. Saluto la Guardia di
Finanza, che ci ospita in questo luogo. Saluto i Parroci, gli altri sacerdoti e le
religiose. Saluto i Sindaci dei paesi colpiti da questa sciagura, e tutte le Autorità
civili e militari: la Protezione Civile, i Vigili del Fuoco, la Croce Rossa, le Squadre
di Soccorso, e i tanti volontari di molte e diverse associazioni. Nominarle tutte
mi sarebbe difficile, ma a ciascuno vorrei far giungere una speciale parola di apprezzamento.
Grazie di ciò che avete fatto e soprattutto dell’amore con cui l’avete fatto. Grazie
dell’esempio che avete dato. Andate avanti uniti e ben coordinati, così che si possano
attuare quanto prima soluzioni efficaci per chi oggi vive nelle tendopoli. Lo auguro
di cuore, e prego per questo. Ho iniziato questa mia visita
da Onna, tanto fortemente colpita dal sisma, pensando anche alle altre comunità terremotate.
Ho nel cuore tutte le vittime di questa catastrofe: bambini, giovani, adulti, anziani,
sia abruzzesi che di altre regioni d’Italia o anche di nazioni diverse. La sosta nella
Basilica di Collemaggio, per venerare le spoglie del santo Papa Celestino V, mi ha
dato modo di toccare con mano il cuore ferito di questa città. Il mio ha voluto essere
un omaggio alla storia e alla fede della vostra terra, e a tutti voi, che vi identificate
con questo Santo. Sulla sua urna, come Ella Signor Sindaco ha ricordato, ho lasciato
quale segno della mia partecipazione spirituale il Pallio che mi è stato imposto nel
giorno dell’inizio del mio Pontificato. Inoltre, assai toccante è stato per me pregare
davanti alla Casa dello studente, dove non poche giovani vite sono state stroncate
dalla violenza del sisma. Attraversando la città, mi sono reso ancor più conto di
quanto gravi siano state le conseguenze del terremoto. Eccomi
ora qui, in questa Piazza su cui s’affaccia la Scuola della Guardia di Finanza, che
praticamente sin dal primo momento funziona come quartiere generale di tutta l’opera
di soccorso. Questo luogo, consacrato dalla preghiera e dal pianto per le vittime,
costituisce come il simbolo della vostra volontà tenace di non cedere allo scoraggiamento.
“Nec recisa recedit”: il motto del Corpo della Guardia di Finanza, che possiamo ammirare
sulla facciata della struttura, sembra bene esprimere quella che il Sindaco ha definito
la ferma intenzione di ricostruire la città con la costanza caratteristica di voi
abruzzesi. Questo ampio piazzale, che ha ospitato le salme delle tante vittime per
la celebrazione delle esequie presiedute dal Cardinale Tarcisio Bertone, mio Segretario
di Stato, raccoglie quest’oggi le forze impegnate ad aiutare L’Aquila e l’Abruzzo
a risorgere presto dalle macerie del terremoto. Come ha ricordato l’Arcivescovo, la
mia visita in mezzo a voi, da me desiderata sin dal primo momento, vuole essere un
segno della mia vicinanza a ciascuno di voi e della fraterna solidarietà di tutta
la Chiesa. In effetti, come comunità cristiana, costituiamo un solo corpo spirituale,
e se una parte soffre, tutte le altre parti soffrono con lei; e se una parte si sforza
di risollevarsi, tutte partecipano al suo sforzo. Devo dirvi che manifestazioni di
solidarietà mi sono giunte per voi da tutte le parti del mondo. Numerose alte personalità
delle Chiese Ortodosse mi hanno scritto per assicurare la loro preghiera e vicinanza
spirituale, inviando anche aiuti economici. Desidero sottolineare
il valore e l’importanza della solidarietà, che, sebbene si manifesti particolarmente
in momenti di crisi, è come un fuoco nascosto sotto la cenere. La solidarietà è un
sentimento altamente civico e cristiano e misura la maturità di una società. Essa
in pratica si manifesta nell’opera di soccorso, ma non è solo una efficiente macchina
organizzativa: c’è un’anima, c’è una passione, che deriva proprio dalla grande storia
civile e cristiana del nostro popolo, sia che avvenga nelle forme istituzionali, sia
nel volontariato. Ed anche a questo, oggi, voglio rendere omaggio. Il
tragico evento del terremoto invita la Comunità civile e la Chiesa ad una profonda
riflessione. Come cristiani dobbiamo chiederci: “Che cosa vuole dirci il Signore attraverso
questo triste evento?”. Abbiamo vissuto la Pasqua confrontandoci con questo trauma,
interrogando la Parola di Dio e ricevendo dalla crocifissione e dalla resurrezione
del Signore nuova luce. Abbiamo celebrato la morte e la risurrezione di Cristo portando
nella mente e nel cuore il vostro dolore, pregando perché non venisse meno nelle persone
colpite la fiducia in Dio e la speranza. Ma anche come Comunità civile occorre fare
un serio esame di coscienza, affinché il livello delle responsabilità, in ogni momento,
mai venga meno. A questa condizione, L’Aquila, anche se ferita, potrà tornare a volare. Vi
invito ora, cari fratelli e sorelle, a volgere lo sguardo verso la statua della Madonna
di Roio, venerata in un Santuario a voi molto caro, per affidare a Lei, Nostra Signora
della Croce, la città e tutti gli altri paesi toccati dal terremoto. A Lei, la Madonna
di Roio, lascio una Rosa d’oro, quale segno della mia preghiera per voi, mentre raccomando
alla sua materna e celeste protezione tutte le località colpite. Ed ora
preghiamo: O Maria, Madre nostra amatissima! Tu, che
stai vicino alle nostre croci, come rimanesti accanto a quella di Gesù, sostieni
la nostra fede, perché pur affranti dal dolore, conserviamo lo sguardo fisso
sul volto di Cristo in cui, nell’estrema sofferenza della croce, si
è mostrato l’amore immenso e puro di Dio. Madre della nostra speranza, donaci
i tuoi occhi per vedere, oltre la sofferenza e la morte, la luce della risurrezione; donaci
il tuo cuore per continuare, anche nella prova, ad amare e a servire. O
Maria, Madonna di Roio, Nostra Signora della Croce, prega per noi!