Conferenza del padre gesuita Leclerc alla Gregoriana su scienza e natura
“La questione del finalismo nei processi della natura”. E' il tema della conferenza
che nel pomeriggio terrà il padre gesuita Marc Leclerc, della Pontificia Università
Gregoriana, presso il master in Scienza e Fede dell'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum.
Tramite videoconferenza la “lezione” potrà essere seguita anche presso l'Istituto
Veritatis Splendor. “Secondo la visione del mondo che regge da quasi due secoli -
si legge negli stralci dell’intervento anticipati dall’Osservatore Romano - la concezione
dominante delle scienze positive, queste costituiscono l'unica conoscenza legittima
e verificabile pur essendosi formate tramite il rifiuto sistematico di ogni causalità
finale”. Per il Circolo di Vienna, animato a partire dal 1922 da filosofi e scienziati,
il ruolo della filosofia si limita praticamente a "eliminare le scorie metafisiche
e teologiche accumulate da millenni" - secondo l'espressione del Manifesto del 1929
- per purificarne e liberarne le scienze sperimentali e consentire loro di raggiungere
la piena maturità, nella perfetta autosufficienza. “La nostra vita biologica – continua
il docente di Filosofia della Natura - condizione necessaria ma non sufficiente della
nostra esistenza consapevole, non è pensabile se non in stretto legame con tutto il
mondo vivente, esso stesso condizionato dalla struttura globale dell'universo”. Leclerc
cita nella sua relazione i filosofi Jacques Monod, Joseph Maréchal, Pierre Scheuer
e Gaston Isaye. “Secondo Maréchal – continua Leclerc - ogni movimento tende verso
un fine ultimo, secondo una legge, o forma specificatrice, che imprime a ogni tappa
del movimento il segno dinamico del fine ultimo”. “Questa finalità interna del movimento
- precisa - lungi dall'entrare in conflitto con il determinismo causale, ne è, al
contrario, la prima condizione razionale”. Nell'ambito dell'affermazione realista,
che supera le scienze avvolgendole per intero, lo studioso sostiene che “ogni divenire,
ogni movimento che non sia un semplice spostamento passivo, tende, di per sé, verso
un riposo finale o verso un fine ultimo”. Di Isaye ha ricordato l’“interazione reciproca,
senza circolo vizioso, tra le scienze e la filosofia”. Ricordando il pensiero di Scheuer
evidenzia il tipo di rapporto che unisce, nella distinzione, la metafisica alle scienze
positive. Ecco l'intuizione centrale: la metafisica è “immanente per modum formae
al sapere scientifico, nel modo in cui l'anima è immanente al corpo”. “I pochi elementi
di una critica realista nella linea di Maréchal, Scheuer e Isaye – conclude il docente
della Gregoriana - indicano una delle direzioni che potrebbe prendere una feconda
interazione tra ricerca scientifica e riflessione filosofica, permettendoci di superare
in atto le aporie ricorrenti del positivismo e delle sue vicissitudini. Tale articolazione
critica ci acconsente di riconoscere una vera unità finale del cosmo, supponendo una
teleologia criticamente fondata”. (A.V.)