Raccolti in un libro gli interventi del cardinale Ratzinger sul primato della coscienza
Esce domani in libreria per i tipi della Cantagalli il libro “Elogio della coscienza”
(pag.176, 13,50 euro), raccolta di interventi del cardinale Joseph Ratzinger sulla
questione fondamentale della coscienza. L’opera raccoglie una serie di testi preparati
dal futuro Benedetto XVI, tra il 1990 e il 2000. Prendendo spunto da riflessioni su
Socrate, Platone, Agostino, i Padri della Chiesa e in particolare John H. Newman,
il cardinale Ratzinger si sofferma su fede, verità e coscienza. In questo servizio
di Alessandro Gisotti, ripercorriamo alcuni passaggi dell’articolato intervento
del futuro Papa del 16 marzo del 1991 che dà anche il titolo alla raccolta:
“Certamente
se io dovessi portare la religione in un brindisi dopo un pranzo — cosa che non è
molto indicato fare — allora io brinderei per il Papa. Ma prima per la coscienza e
poi per il Papa”: il cardinale Joseph Ratzinger prende l’abbrivio dalla famosa affermazione
del cardinale Newman, nella Lettera al Duca di Norfolk, per un elogio appassionato
della coscienza dell’uomo. In una conferenza tenuta il 16 marzo del 1991, il prefetto
della Congregazione per la Dottrina della Fede sottolinea la connessione fondamentale
tra coscienza e verità. Per questo, avverte, bisogna rifuggire dalla falsa concezione
della coscienza soggettiva. Altrimenti, annota il porporato, anche i membri delle
SS naziste sarebbero giustificati perché hanno portato a compimento le loro atrocità
“con un’assoluta certezza di coscienza”. Di qui il ruolo essenziale del senso di colpa,
“necessario per l’uomo quanto il dolore fisico quale sintomo che permette di riconoscere
i disturbi alle normali funzioni dell’organismo”. Chi “non
è più capace di percepire la colpa – è la sua riflessione – è spiritualmente ammalato”.
Il “non vedere più le colpe, l’ammutolirsi della voce della coscienza in così numerosi
ambiti della vita – ribadisce – è una malattia spirituale molto più pericolosa della
colpa, che uno è ancora in grado di riconoscere come tale”. La colpa è proprio quella
trascuratezza che “mi ha reso sordo alla voce della verità e ai suoi suggerimenti
interiori. Per questo motivo, anche i criminali che agiscono con convinzione rimangono
colpevoli”. La “riduzione dell’uomo alla sua soggettività – prosegue – non libera
affatto ma rende schiavo” e “significa al tempo stesso rinuncia alla verità”. Proprio
la verità, soggiunge il cardinale Ratzinger, è al centro del pensiero di Newman sulla
coscienza. Per il grande teologo inglese, infatti, era doveroso obbedire alla verità
piuttosto che al proprio gusto, anche in contrasto con i propri sentimenti. “Un uomo
di coscienza – scrive il cardinale Ratzinger – è uno che non compra mai a prezzo della
rinuncia alla verità, l’andar d’accordo, il benessere, il successo, la considerazione
sociale e l’approvazione da parte dell’opinione dominante”. Per
il futuro Papa qui si tocca “il punto veramente critico della modernità: l’idea della
verità è stata nella pratica eliminata e sostituita con quella di progresso”. Ma,
rileva, la conseguenza è che “in un mondo senza punti fissi di riferimento non ci
sono più direzioni” e prendono così il sopravvento “considerazioni di utilità”. Eppure,
costata, l’uomo è in grado di conoscere la verità, giacché è iscritta nel proprio
cuore e la coscienza ne dà testimonianza. Richiamando San Basilio e Sant’Agostino,
il cardinale Ratzinger afferma che l’amore di Dio “non ci viene imposto dall’esterno”,
ma “viene infuso in noi precedentemente”. E così si comprende correttamente il brindisi
di Newman prima per la coscienza. Il Papa, infatti, “non può imporre ai fedeli cattolici
dei comandamenti solo perché egli lo vuole o perché lo ritiene utile”, “tutto il potere
che egli ha è potere della coscienza”. Ancora, mette l’accento sulla “certezza della
memoria cristiana”, “l’originaria memoria del bene e del vero”. Il Papa, scrive il
porporato, è garante di questa memoria che dev’essere continuamente purificata, ampliata
e difesa contro le diverse forme di distruzione. Ma qual è dunque, in definitiva,
la novità del Cristianesimo? Il Logos, la Verità in persona, risponde il futuro Benedetto
XVI e aggiunge: solo quando conosciamo e sperimentiamo interiormente questa Verità,
che "ci ha amato ed ha bruciato le nostre colpe nel suo amore", “diventiamo liberi
di ascoltare con gioia e senza ansia il messaggio della coscienza”.