In Ecuador dieci milioni e mezzo di persone devono scegliere il presidente e altre
6 mila cariche pubbliche, secondo le regole della nuova Costituzione, sancita con
un referendum popolare nel settembre dello scorso anno. Come sempre l'incognita sono
gli indecisi che però questa volta a differenza del passato sono secondo i sondaggi
tra il 35 - 40%. Ma quale è l'attuale scenario del Paese? Virginia Volpe lo ha chiesto
a Luis Badilla, esperto in questioni latino-americane:
R. - La
situazione momentaneamente appare abbastanza calma. La campagna elettorale, seppure
lunga – oltre 50 giorni – in realtà si è svolta in modo abbastanza civile, senza violenze
o attacchi personali, aspetti che caratterizzano le campagne elettorali in America
Latina. Il problema è piuttosto un altro: sapere quanto rimane dell’entusiasmo popolare
che due anni fa portò al governo il presidente Correa. Si dovrà capire quindi quanto
queste elezioni serviranno per confermarlo o no, non tanto dal punto di vista elettorale,
perché è molto probabile che lui venga rieletto. Si deve capire se l’appoggio rispetto
a due anni fa sia diminuito o aumentato perchè ci sono molte promesse che sono rimaste
incompiute. D. – E quali sono gli altri candidati che hanno
delle possibilità? R. – Questa forse è un’altra cosa interessante
per quanto riguarda l’elezione perché il panorama politico ha otto candidati presidenziali;
ricordiamo che in base alla nuova Carta Costituzionale, approvata tramite un referendum
l’anno scorso, adesso devono essere rinnovati tutti, dal presidente della Repubblica
fino all’ultima carica pubblica. Sono in palio seimila cariche pubbliche. Alla presidenza
della Repubblica si presentano otto candidati ed è una miscela molto strana, perchè
in parte sono politici nuovi, giovani, che vengono dalla linea del presidente Correa,
che fino a due anni fa era estraneo alla politica. Dall’altra parte, ci sono molte
facce vecchie, anzi vecchissime: presidenti che sono stati rovesciati da insurrezioni
popolari o da colpi militari. D. – E come la Conferenza episcopale
del Paese, e più in generale la Chiesa, si è espressa in merito alle elezioni? R.
– La Conferenza episcopale in questa circostanza particolare non ha diffuso nessun
documento. Si mantengono gli orientamenti che ha dato in questi ultimi due anni, cioè
la Chiesa che non entra in politica, che non giudica i partiti, i programmi, e che
si mantiene solo a livello di principi. La Chiesa continua a dire che la Carta Costituzionale
nuova, in base alla quale si fanno queste elezioni, ha molti aspetti positivi. Però
ne ha altri un po’ meno positivi. Il presidente della Conferenza episcopale ha detto
recentemente che ci sono moltissimi articoli di questa carta – sono 444 in totale
– confusi e ambigui, che creano molta difficoltà nella loro interpretazione, soprattutto
nella loro applicazione. Allora la Chiesa ha detto: va bene questa Costituzione, perchè
il Paese aveva bisogno di rinnovare le sue istituzioni, ma ci sono molti aspetti che
riguardano la vita, la famiglia, il matrimonio, l’educazione, il pluralismo, l’intervento
dello Stato, in cui la Chiesa mantiene le sue riserve, le sue perplessità.