Oggi la Giornata dell’Università Cattolica del Sacro Cuore
Essere “nel cuore della realtà”. E’ l’obiettivo dell’Università cattolica del Sacro
Cuore alla quale oggi, come accade da 85 anni nella terza domenica dopo Pasqua, è
dedicata una giornata di promozione e raccolta fondi. In particolare, si ricorda il
mezzo secolo dalla morte di padre Agostino Gemelli che insieme alla Serva di Dio Armida
Barelli fondò l’ateneo. Oltre a Milano, l’Università Cattolica è presente anche a
Brescia, Piacenza-Cremona, Roma e Campobasso con più di 42.500 studenti e oltre 1400
docenti. L'arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi, ha celebrato stamani
la Messa nella sede dell'Università e affermato che la sfida in questo momento “è
quella di mostrare l'osmosi profonda tra fede e ragione, un intreccio non solo possibile
ma anche fecondo”. Nel suo messaggio il rettore Lorenzo Ornaghi sottolinea
inoltre “la necessità di una presenza cattolica all’avanguardia nell’odierna società”.
Paolo Ondarza gli ha chiesto quali le origini della giornata dell’Università
cattolica:
R. – Per
ricordarla bene bisogna tornare alle origini, e quindi a quel sogno coltivato già
dalla fine dell’Ottocento dai cattolici italiani di avere una propria università.
Ed era per Gemelli e per Armida Barelli un compito davvero gigantesco, anche dal punto
di vista finanziario. E direi che il contributo dei cattolici italiani fu straordinario;
ci sono ancora, quando si gira per le diocesi italiane, per le parrocchie, persone
ormai anziane, un po’ in là con gli anni, che raccontano gli sforzi fatti per raccogliere
appunto i soldi per la Giornata universitaria. Ecco, questo è il tempo lontano; oggi
i tempi sono diversi, però il mantener vita la Giornata universitaria – sempre accanto
alla richiesta di fondi che abbiamo fatto – è soprattutto far capire quanto è stretto
il legame fra il popolo dei fedeli italiani e l’università cattolica. D.
– Cinquant’anni fa moriva padre Agostino Gemelli, il fondatore dell’ateneo; quale
l’eredità lasciata per l’università cattolica?
R.
– Un’eredità grande. Credo che, come poche altre figure del cattolicesimo italiano,
questo frate sia entrato nel cuore della realtà, l’abbia cioè capita – perché non
la temeva – e l’amava con la ragione e con la fede.
D.
– E pensando ai giovani, padre Gemelli diceva: “diventeranno il prezioso patrimonio
dell’Italia di domani”…
R. - La speranza nei giovani
la si alimenta con la nostra testimonianza, cioè con l’essere noi un po’ maestri ed
un po’ guide; il secondo ed altro criterio importante era che egli sapeva ascoltare
i giovani.
D. – La crisi dei valori e l’emergenza,
la sfida educativa sono temi che il Papa ha particolarmente a cuore. L’università,
nel pensiero di Benedetto XVI, non deve essere solo luogo di trasmissioni e di nozioni,
ma un luogo di crescita integrale della persona. Professore Ornaghi, come l’università
cattolica raccoglie questa sfida?
R. – Insistendo
molto su questo concetto di “educare”: educare significa non solo far crescere, ma
soprattutto mostrare quanto il veder amiche – per adoperare un’espressione ricorrente
di Benedetto XVI – la fede e la ragione, consenta davvero di entrare nel cuore della
realtà, ma consenta anche, alla fine, di vivere con più entusiasmo, con maggior felicità
ed anche di capire meglio.
D. – Ed è anche a questo
che si riferisce lei quando nel suo messaggio parla della necessità di una presenza
cattolica all’avanguardia, nell’odierna cultura?
R.
– E’ esattamente questo. Noi abbiamo la necessità di non trovarci ai margini, ma questo
rischio si evita cominciando appunto a pensare che dobbiamo essere in prima fila,
cioè all’avanguardia.