Il commento al Vangelo della terza Domenica di Pasqua del teologo, don Massimo Serretti
Nel Vangelo della terza Domenica di Pasqua, la liturgia presenta il brano di Luca
nel quale Gesù risorto appare nel Cenacolo provocando timore e stupore nei discepoli.
Mostrando le mani e piedi trafitti e mangiando davanti a loro, Gesù spiega nuovamente
loro la sua Risurrezione, a partire dalle Scritture, dicendo:
"Così sta
scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno
predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da
Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni".
Su questo
brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del teologo, don Massimo Serretti,
docente di Cristologia all'Università Lateranense:
In questo
racconto della apparizione di Gesù risorto agli Undici e ai discepoli Luca annota
che essi «per la gioia non credevano ed erano pieni di stupore» (41). Due
osservazioni si impongono per la loro evidenza. La prima è che la gioia che è in loro
è una gioia santa, fiorita in virtù della Risurrezione, è la «pienezza della gioia
pasquale». L'origine di quella gioia è in Dio, è Dio stesso e pertanto essa, in coloro
che stanno con Cristo, ha un inizio, ma, per sua stessa natura non ha fine. E' una
gioia divina, senza fine. (Esto perenne mentibus/ paschale, Iesu, gaudium). La
seconda osservazione riguarda il fatto che la gioia sgorga in noi a prescindere da
noi, la fede, invece, no. La fede richiede l'assenso (cum assensione cogitare). Qui
si aprono due sviluppi. Il primo è quello in cui la gioia è talmente traboccante che
l'atto di fede ne viene ritardato. Qui lo stupore rimane dominante e non matura in
riconoscimento aperto. L'altro è quello per cui la gioia può essere presente in noi,
ma noi possiamo non crederci, non aderire con fede ad essa, lasciare che i dubbi (dialogismoi)
salgano nel nostro cuore. L'uomo può contraddire in se stesso ciò a cui tutto il suo
essere corrisponde. E' a questi due pericoli che Gesù pone riparo con le
Sue ripetute apparizioni dopo la Sua Risurrezione. Così alla grazia della gioia Egli
aggiunge la grazia della sua accoglienza e quindi della sua permanenza in noi nella
fede.