2009-04-25 12:00:04

Il commento al Vangelo della terza Domenica di Pasqua del teologo, don Massimo Serretti


Nel Vangelo della terza Domenica di Pasqua, la liturgia presenta il brano di Luca nel quale Gesù risorto appare nel Cenacolo provocando timore e stupore nei discepoli. Mostrando le mani e piedi trafitti e mangiando davanti a loro, Gesù spiega nuovamente loro la sua Risurrezione, a partire dalle Scritture, dicendo:

"Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni".

 
Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del teologo, don Massimo Serretti, docente di Cristologia all'Università Lateranense:RealAudioMP3

In questo racconto della apparizione di Gesù risorto agli Undici e ai discepoli Luca annota che essi «per la gioia non credevano ed erano pieni di stupore» (41).
Due osservazioni si impongono per la loro evidenza. La prima è che la gioia che è in loro è una gioia santa, fiorita in virtù della Risurrezione, è la «pienezza della gioia pasquale». L'origine di quella gioia è in Dio, è Dio stesso e pertanto essa, in coloro che stanno con Cristo, ha un inizio, ma, per sua stessa natura non ha fine. E' una gioia divina, senza fine. (Esto perenne mentibus/ paschale, Iesu, gaudium).
La seconda osservazione riguarda il fatto che la gioia sgorga in noi a prescindere da noi, la fede, invece, no. La fede richiede l'assenso (cum assensione cogitare). Qui si aprono due sviluppi. Il primo è quello in cui la gioia è talmente traboccante che l'atto di fede ne viene ritardato. Qui lo stupore rimane dominante e non matura in riconoscimento aperto. L'altro è quello per cui la gioia può essere presente in noi, ma noi possiamo non crederci, non aderire con fede ad essa, lasciare che i dubbi (dialogismoi) salgano nel nostro cuore. L'uomo può contraddire in se stesso ciò a cui tutto il suo essere corrisponde.
E' a questi due pericoli che Gesù pone riparo con le Sue ripetute apparizioni dopo la Sua Risurrezione. Così alla grazia della gioia Egli aggiunge la grazia della sua accoglienza e quindi della sua permanenza in noi nella fede.







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