Il cardinale Bagnasco: l’insegnamento della religione cattolica è una ricchezza per
tutti
L’insegnamento della religione cattolica non pone problemi alla laicità. Per gli studenti
che hanno un altro credo, conoscere la religione cristiano – cattolica significa comprendere
meglio la cultura italiana. E' quanto ha sottolineato il cardinale Angelo Bagnasco,
presidente della Conferenza episcopale italiana, intervenendo ieri al convegno “Io
non mi vergogno del Vangelo. L’insegnamento della religione cattolica per una cultura
al servizio dell’uomo”. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
L’insegnamento
della religione cattolica non va considerato come un “intralcio all’esercizio della
laicità”. E’ invece una ricchezza per tutto il Paese che “concorre al pieno sviluppo
della personalità dell’alunno”. Nell’illustrare l’attuale tessuto italiano, modellato
dalla religione cattolica, il cardinale Angelo Bagnasco sottolinea che la confessionalità
non è una complicazione ma “una garanzia di identità”. Il confronto con la società
è oggi segnato dalla richiesta di senso e dalle spinte del secolarismo. In questa
realtà dinamica “l’alleanza educativa” tra Stato e Chiesa e la “sintesi” tra fede
e cultura realizzata dagli insegnanti di religione offrono secondo il porporato “la
possibilità di riconoscere il Vangelo come sensato e significativo per la propria
vita”.
L’insegnamento della religione cattolica è
dunque chiamato ad interpretare la storia e a proporre orizzonti di senso. Il cardinale
Angelo Bagnasco rileva che non sono solo i cattolici a poter beneficiare di questo
“contributo originale e specifico”: anche per i ragazzi di altro credo o che si riferiscono
ad “altri sistemi di significato”, la conoscenza della religione cattolica non è un
orpello o un asettico elenco di nozioni. E’ invece un patrimonio insostituibile per
comprendere “valori generalmente vissuti e condivisi”. Si possono così apprendere
principi fondanti delle persone che “vivono coerentemente la fede cristiana”, in vista
della promozione di una “mentalità accogliente” capace di favorire “una serena convivenza
civile nel quadro del pluralismo”.
L’ora di religione
è una “risorsa anche per non credenti”, andando incontro “ai bisogni culturali ed
educativi degli alunni e delle loro famiglie, mostrando così “un impegno educativo
per la piena realizzazione dell’uomo”. Il porporato sottolinea che si tratta di un
impegno orientato verso un insegnamento radicato in una “tradizione viva”. All’alunno
non si richiede che aderisca personalmente al credo religioso cristiano ma che “conosca
e percepisca il significato dei valori che scaturiscono da questa fede”. In Italia
gli alunni che si avvalgono dell’insegnamento della religione sono oltre 6 milioni
e 100 mila, più del 91 per cento. I docenti sono complessivamente circa 25 mila e
tra questi quasi l’86 per cento sono laici.