2009-04-23 15:12:50

Sri Lanka: è catastrofe umanitaria


Nello Sri Lanka i ribelli tamil continuano ad opporre una strenua resistenza all’avanzata dell’esercito di Colombo. La situazione è drammatica soprattutto per i civili che, in fuga dalle violenze, si rifugiano a migliaia in campi di raccolta ormai al collasso. Nella regione del Vanni,14 sfollati sono rimasti uccisi nel bombardamento della chiesa di Sant'Antonio a Valaignarmadam in cui si erano rifugiati: due sacerdoti cattolici sono rimasti gravemente feriti mentre portavano assistenza umanitaria. A uno di essi, padre T.R. Vesanthaseelan, direttore della Caritas di Vanni, è stata amputata una gamba. Di questa gravissima emergenza Giancarlo La Vella ha parlato con padre Bernardo Cervellera, direttore dell’agenzia missionaria del Pime, AsiaNews:RealAudioMP3

R. – La situazione è disperata, perché praticamente questa gente è sottomessa ai fuochi incrociati degli uni e degli altri. Cercano di lasciare le zone di conflitto, fuggendo dove è possibile. L’esercito accusa i ribelli tamil di usare come scudo i civili, ma l’esercito stesso li prende, li mette in campi profughi, da dove non possono uscire e dove sono quindi in qualche modo prigionieri di questa situazione. Mancano viveri, mancano i vestiti. Un sacerdote ieri ci diceva che questa gente in fuga ha soltanto i vestiti che indossa, quindi ha bisogno di tutto: ha bisogno di cibo, ha bisogno di acqua, di servizi igienici, e tanti altri beni di prima necessità. Quindi è una situazione che ha raggiunto un livello di violenza veramente spaventoso!

 
D. – Secondo molti osservatori, ormai si tratta di una guerra senza senso: nonostante l’appello dell’Onu ai tamil di deporre le armi, i ribelli continuano questa guerra che probabilmente li vedrà sconfitti …

 
R. – Sì: prospettive non ce ne sono tante. Da quando Rajapakse è diventato presidente dello Sri Lanka, ha detto di voler risolvere in modo definitivo il problema dei ribelli tamil. Il punto è che lo sta risolvendo con questa guerra spietata. Certo, probabilmente, potrà risolvere la situazione dal punto di vista politico, ma, se non trovano il modo di far partecipare, di lasciare esprimere l’etnia tamil all’interno della società dello Sri Lanka, temo che tra qualche anno ci saranno di nuovo rivolte e violenze, perché il problema è garantire un’uguale dignità ed un’uguale partecipazione a questa minoranza.

 
D. – E’ definitivamente tramontata la possibilità di negoziati?

 
R. – Rajapakse ha fatto di tutto per bloccare il dialogo, che era iniziato con il patrocinio della Norvegia alcuni anni fa, ma attualmente non se ne sente proprio parlare. E i due schieramenti non fanno altro che accusarsi continuamente dei crimini più disgustosi e più umilianti verso la popolazione civile.

 
Cresce di ora in ora, in Sri Lanka, il numero di vittime civili nella guerra in corso tra il governo e i separatisti del Tigri Tamil del “Liberation Tigers of Tamil Eelam”. Il ministero della Difesa di Colombo parla di oltre 100mila rifugiati. Decine di migliaia i civili rimasti intrappolati negli scontri: secondo alcune stime si tratterebbe di almeno 120mila persone. Aumenta intanto anche il numero di feriti che giungono all’ospedale di Vavuniya, vicino la zona del conflitto. Il direttore generale di Medici Senza Frontiere, Kostas Moschochoritis, lancia un appello al microfono di Roberta Rizzo:RealAudioMP3

R. – Come Medici Senza Frontiere facciamo quest’appello a tutte le parti del conflitto, affinché venga permesso alle agenzie umanitarie di portare i feriti fuori dalla regione di Vani e di portarli negli ospedali; che i civili siano salvati è una loro responsabilità. In questo momento, tutti i nostri sforzi sono concentrati a Vavuniya, dove c’è l’ospedale a sud della zona dei combattimenti che supportiamo; lavoriamo anche nei campi degli sfollati, che sono circa 50mila persone. La situazione si evolve di ora in ora, perché i bombardamenti continuano.

 
D. – Quante sono le equipe mediche al lavoro, in questo momento e cosa stanno facendo esattamente?

 
R. – Abbiamo equipe mediche ma anche equipe di psicologi, perché il trauma subito da questa popolazione è davvero pesante.

 
D. – Quanti sono gli intrappolati ed i feriti che giungono da voi, nell’ospedale di Vavuniya?

 
R. – Prima dell’ultimo avanzamento de combattimenti – diciamo una settimana fa – erano da 150 a 200mila persone, civili, intrappolati in una zona di soli 20 chilometri quadrati; ci sono piccoli bus che arrivano di continuo a Vavuniya, portando feriti. In questo momento, ci sono 1.700 feriti nell’ospedale di Vavuniya – che aveva una capacità di soli 400 pazienti -. Il 90% di questi feriti sono ricoverati per via di ferite da arma da fuoco, di granate, anche di mine; quelli che, per esempio, hanno avuto una ferita grave sulla testa, non ci raggiungono.







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