Sacre Scritture rettamente comprese solo nel contesto ecclesiale: così il Papa alla
plenaria della Pontificia Commissione Biblica
“Soltanto il contesto ecclesiale permette alla Sacra Scrittura di essere compresa
come autentica Parola di Dio” e “ciò comporta il rifiuto di ogni interpretazione soggettiva”:
è quanto ha detto il Papa stamani durante l’incontro con i membri della Pontificia
Commissione Biblica, guidati dal cardinale presidente William Joseph Levada, riuniti
nella assemblea plenaria, dedicata quest’anno al tema “Ispirazione e verità della
Bibbia”. Ecco il testo integrale del discorso del Papa: Signor Cardinale, Eccellenza, cari
Membri della Pontificia Commissione Biblica, sono lieto di accogliervi
ancora una volta al termine della vostra annuale Assemblea plenaria. Ringrazio il
Signor Cardinale William Levada per il suo indirizzo di saluto e per la concisa esposizione
del tema che è stato oggetto di attenta riflessione nel corso della vostra riunione.
Vi siete nuovamente radunati per approfondire un argomento molto importante: l'ispirazione
e la verità della Bibbia. Si tratta di un tema che riguarda non soltanto la teologia,
ma la stessa Chiesa, poiché la vita e la missione della Chiesa si fondano necessariamente
sulla Parola di Dio, la quale è anima della teologia e, insieme, ispiratrice di tutta
l'esistenza cristiana. Il tema che avete affrontato risponde, inoltre, a una preoccupazione
che mi sta particolarmente a cuore, poiché l'interpretazione della Sacra Scrittura
è di importanza capitale per la fede cristiana e per la vita della Chiesa. Come
Ella ha già ricordato, Signor Presidente, nell'Enciclica Providentissimus Deus Papa
Leone XIII offriva agli esegeti cattolici nuovi incoraggiamenti e nuove direttive
in tema di ispirazione, verità ed ermeneutica biblica. Più tardi Pio XII nella sua
Enciclica Divino afflante Spiritu raccoglieva e completava il precedente insegnamento,
esortando gli esegeti cattolici a giungere a soluzioni in pieno accordo con la dottrina
della Chiesa, tenendo debitamente conto dei positivi apporti dei nuovi metodi di interpretazione
nel frattempo sviluppati. Il vivo impulso dato da questi due Pontefici agli studi
biblici, come Lei ha anche detto, ha trovato piena conferma ed è stato ulteriormente
sviluppato nel Concilio Vaticano II, cosicché tutta la Chiesa ne ha tratto e ne trae
beneficio. In particolare, la Costituzione conciliare Dei Verbum illumina ancora oggi
l'opera degli esegeti cattolici e invita i Pastori e i fedeli ad alimentarsi più assiduamente
alla mensa della Parola di Dio. Il Concilio ricorda, al riguardo, innanzitutto che
Dio è l'Autore della Sacra Scrittura: «Le cose divinamente rivelate che nei libri
della Sacra Scrittura sono contenute e presentate, furono consegnate sotto l'ispirazione
dello Spirito Santo. La Santa Madre Chiesa, per fede apostolica, ritiene sacri e canonici
tutti interi i libri sia dell'Antico che del Nuovo Testamento, con tutte le loro parti,
perché, scritti sotto ispirazione dello Spirito Santo, hanno Dio per autore e come
tali sono stati consegnati alla Chiesa» (Dei Verbum, 11). Poiché dunque tutto ciò
che gli autori ispirati o agiografi asseriscono è da ritenersi asserito dallo Spirito
Santo, invisibile e trascendente Autore, si deve dichiarare, per conseguenza, che
«i libri della Scrittura insegnano fermamente, fedelmente e senza errore la verità
che Dio per la nostra salvezza volle fosse consegnata nelle sacre Lettere» (ibid.,
11). Dalla corretta impostazione del concetto di divina ispirazione
e verità della Sacra Scrittura derivano alcune norme che riguardano direttamente la
sua interpretazione. La stessa Costituzione Dei Verbum, dopo aver affermato che Dio
è l'autore della Bibbia, ci ricorda che nella Sacra Scrittura Dio parla all'uomo alla
maniera umana. E questa sinergia divino-umana è molto importante: Dio parla realmente
per gli uomini in modo umano. Per una retta interpretazione della Sacra Scrittura
bisogna dunque ricercare con attenzione che cosa gli agiografi hanno veramente voluto
affermare e che cosa è piaciuto a Dio manifestare tramite parole umane. «Le parole
di Dio infatti, espresse con lingue umane, si sono fatte simili al linguaggio degli
uomini, come già il Verbo dell'eterno Padre, avendo assunto le debolezze dell'umana
natura, si fece simile agli uomini» (Dei Verbum, 13). Queste indicazioni, molto necessarie
per una corretta interpretazione di carattere storico-letterario come prima dimensione
di ogni esegesi, richiedono poi un collegamento con le premesse della dottrina sull'ispirazione
e verità della Sacra Scrittura. Infatti, essendo la Scrittura ispirata, c'è un sommo
principio di retta interpretazione senza il quale gli scritti sacri resterebbero lettera
morta, solo del passato: la Sacra Scrittura deve «essere letta e interpretata con
l'aiuto dello stesso Spirito mediante il quale è stata scritta» (Dei Verbum, 12).
Al riguardo, il Concilio Vaticano II indica tre criteri sempre
validi per una interpretazione della Sacra Scrittura conforme allo Spirito che l'ha
ispirata. Anzitutto occorre prestare grande attenzione al contenuto e all'unità di
tutta la Scrittura: solo nella sua unità è Scrittura. Infatti, per quanto siano differenti
i libri che la compongono, la Sacra Scrittura è una in forza dell'unità del disegno
di Dio, del quale Cristo Gesù è il centro e il cuore (cfr Lc 24,25-27; Lc 24,44-46).
In secondo luogo occorre leggere la Scrittura nel contesto della tradizione vivente
di tutta la Chiesa. Secondo un detto di Origene, «Sacra Scriptura principalius est
in corde Ecclesiae quam in materialibus instrumentis scripta» ossia «la Sacra Scrittura
è scritta nel cuore della Chiesa prima che su strumenti materiali». Infatti la Chiesa
porta nella sua Tradizione la memoria viva della Parola di Dio ed è lo Spirito Santo
che le dona l'interpretazione di essa secondo il senso spirituale (cfr Origene, Homiliae
in Leviticum, 5,5). Come terzo criterio è necessario prestare attenzione all'analogia
della fede, ossia alla coesione delle singole verità di fede tra di loro e con il
piano complessivo della Rivelazione e la pienezza della divina economia in esso racchiusa. Il
compito dei ricercatori che studiano con diversi metodi la Sacra Scrittura è quello
di contribuire secondo i suddetti principi alla più profonda intelligenza ed esposizione
del senso della Sacra Scrittura. Lo studio scientifico dei testi sacri è importante,
ma non è da solo sufficiente perché rispetterebbe solo la dimensione umana. Per rispettare
la coerenza della fede della Chiesa l'esegeta cattolico deve essere attento a percepire
la Parola di Dio in questi testi, all'interno della stessa fede della Chiesa. In mancanza
di questo imprescindibile punto di riferimento la ricerca esegetica resterebbe incompleta,
perdendo di vista la sua finalità principale, con il pericolo di essere ridotta ad
una lettura puramente letteraria, nella quale il vero Autore – Dio – non appare più.
Inoltre, l'interpretazione delle Sacre Scritture non può essere soltanto uno sforzo
scientifico individuale, ma deve essere sempre confrontata, inserita e autenticata
dalla tradizione vivente della Chiesa. Questa norma è decisiva per precisare il corretto
e reciproco rapporto tra l'esegesi e il Magistero della Chiesa. L'esegeta cattolico
non si sente soltanto membro della comunità scientifica, ma anche e soprattutto membro
della comunità dei credenti di tutti i tempi. In realtà questi testi non sono stati
dati ai singoli ricercatori o alla comunità scientifica «per soddisfare la loro curiosità
o per fornire loro degli argomenti di studio e di ricerca» (Divino afflante Spiritu,
EB 566). I testi ispirati da Dio sono stati affidati in primo luogo alla comunità
dei credenti, alla Chiesa di Cristo, per alimentare la vita di fede e guidare la vita
di carità. Il rispetto di questa finalità condiziona la validità e l'efficacia dell'ermeneutica
biblica. L'Enciclica Providentissimus Deus ha ricordato questa verità fondamentale
e ha osservato che, lungi dall'ostacolare la ricerca biblica, il rispetto di questo
dato ne favorisce l'autentico progresso. Direi, un’ermeneutica della fede corrisponde
più alla realtà di questo testo che non una ermeneutica razionalista, che non conosce
Dio. Essere fedeli alla Chiesa significa, infatti, collocarsi
nella corrente della grande Tradizione che, sotto la guida del Magistero, ha riconosciuto
gli scritti canonici come parola rivolta da Dio al suo popolo e non ha mai cessato
di meditarli e di scoprirne le inesauribili ricchezze. Il Concilio Vaticano II lo
ha ribadito con grande chiarezza: «Tutto quello che concerne il modo di interpretare
la Scrittura è sottoposto in ultima istanza al giudizio della Chiesa, la quale adempie
il divino mandato e ministero di conservare e interpretare la Parola di Dio» (Dei
Verbum, 12). Come ci ricorda la summenzionata Costituzione dogmatica esiste una inscindibile
unità tra Sacra Scrittura e Tradizione, poiché entrambe provengono da una stessa fonte:
«La sacra Tradizione e la Sacra Scrittura sono strettamente congiunte e comunicanti
tra loro. Ambedue infatti, scaturendo dalla stessa divina sorgente, formano, in un
certo qual modo, una cosa sola e tendono allo stesso fine. Infatti la Sacra Scrittura
è parola di Dio in quanto è messa per iscritto sotto l'ispirazione dello Spirito Santo;
invece la sacra Tradizione trasmette integralmente la parola di Dio, affidata da Cristo
Signore e dallo Spirito Santo agli apostoli, ai loro successori, affinché questi,
illuminati dallo Spirito di verità, con la loro predicazione fedelmente la conservino,
la espongano e la diffondano. In questo modo la Chiesa attinge la sua certezza su
tutte le cose rivelate non dalla sola Sacra Scrittura. Perciò l'una e l'altra devono
esser accettate e venerate con pari sentimento di pietà e di riverenza» (Dei Verbum,
9). Come sappiamo, questa parola “pari pietatis affectu ac reverentia” è stata creata
da San Basilio, è poi stata recepita nel Decreto di Graziano, da cui è entrata nel
Concilio di Trento e poi nel Vaticano II. Essa esprime proprio questa inter-penetrazione
tra Scrittura e Tradizione. Soltanto il contesto ecclesiale permette alla Sacra Scrittura
di essere compresa come autentica Parola di Dio che si fa guida, norma e regola per
la vita della Chiesa e la crescita spirituale dei credenti. Ciò, come ho già detto,
non impedisce in nessun modo un’interpretazione seria, scientifica, ma apre inoltre
l’accesso alle dimensioni ulteriori del Cristo, inaccessibili ad un’analisi solo letteraria,
che rimane incapace di accogliere in sé il senso globale che nel corso dei secoli
ha guidato la Tradizione dell'intero Popolo di Dio. Cari Membri
della Pontificia Commissione Biblica, desidero concludere il mio intervento formulando
a tutti voi i miei personali ringraziamenti e incoraggiamenti. Vi ringrazio cordialmente
per l'impegnativo lavoro che compite al servizio della Parola di Dio e della Chiesa
mediante la ricerca, l'insegnamento e la pubblicazione dei vostri studi. A ciò aggiungo
i miei incoraggiamenti per il cammino che resta ancora da percorrere. In un mondo
dove la ricerca scientifica assume una sempre maggiore importanza in numerosi campi
è indispensabile che la scienza esegetica si situi a un livello adeguato. E' uno degli
aspetti dell'inculturazione della fede che fa parte della missione della Chiesa, in
sintonia con l'accoglienza del mistero dell'Incarnazione. Cari fratelli e sorelle,
il Signore Gesù Cristo, Verbo di Dio incarnato e divino Maestro che ha aperto lo spirito
dei suoi discepoli all'intelligenza delle Scritture (cfr Lc 24,45), vi guidi e vi
sostenga nelle vostre riflessioni. La Vergine Maria, modello di docilità e di obbedienza
alla Parola di Dio, vi insegni ad accogliere sempre meglio la ricchezza inesauribile
della Sacra Scrittura, non soltanto attraverso la ricerca intellettuale, ma anche
nella vostra vita di credenti, affinché il vostro lavoro e la vostra azione possano
contribuire a fare sempre più risplendere davanti ai fedeli la luce della Sacra Scrittura.
Nell’assicurarvi il sostegno della mia preghiera nella vostra fatica, vi imparto di
cuore, quale pegno dei divini favori, l’Apostolica Benedizione.