Clonazione. Pessina: l'uomo ha un enorme potere e una consapevolezza morale piccola
Entro uno-due anni si potrebbe arrivare al primo bambino clonato. L’annuncio è arrivato
ieri dagli Stati Uniti, dall’andrologo cipriota Panayotis Zavos, che ha detto di aver
clonato 14 embrioni umani e di averne impiantati 11 nell’utero di quattro donne. L’operazione,
che sarebbe anche stata filmata, sarebbe avvenuta nel laboratorio di un Paese mediorientale,
dove tale pratica non è reato. Già nel 2004 Zavos fece dichiarazioni analoghe, senza
fornire prove scientifiche. Anche se solo parole, però, resta la pericolosità del
messaggio: è l’opinione del prof. Adriano Pessina, direttore del Centro di
Ateneo di Bioetica dell’Università Cattolica di Milano, Francesca Sabatinelli
lo ha intervistato.
R. – Nella
storia della bioetica, spesse volte, si sono fatti degli annunci – di fatto fasulli
-, ma che in qualche modo preparavano l’opinione pubblica ad un certo tipo di pratica,
ad un certo tipo di prassi; quindi, è molto probabile che non sia avvenuto quello
che lì viene dichiarato- bisognerà verificarlo -, ma certo l’idea è, in qualche modo,
quella di creare da una parte una sorta di scandalo e poi anche di assuefazione. Cosa
su cui, in qualche modo, riflettere, perché le persone facilmente si abituano, dopo
il primo momento di scandalo, anche alle cose più incredibili, e da questo punto di
vista, la possibilità di clonare e manipolare l’uomo è una possibilità che, nel tempo,
potrebbe diventare reale. D. – Semmai dovesse essere veramente
avvenuto, questo ripropone anche il problema che ci sono laboratori, nel mondo, che
lo consentano, nonostante la maggioranza dei Paesi, in realtà, l’abbia proibito… R.
– Sappiamo benissimo che in molti Paesi il riconoscimento del valore inviolabile della
dignità di ogni singolo uomo è purtroppo una consapevolezza che non è diventata “senso
comune”, non solo in Paesi diversi da quelli occidentali, ma anche in alcune zone
franche dell’Occidente. Poi capiamo anche, però, la grande responsabilità morale che
ha la politica, la quale non può continuare a giocare la carta della pura neutralità;
questo liberalismo dell’indifferenza per cui le cose, in qualche modo, sono quasi
sempre concesse o permesse, fino a quando poi non si deve fare un passo indietro di
fronte alle catastrofi. Da questo punto di vista, credo che una collaborazione fra
la consapevolezza morale, la capacità politica d’indicare anche dei valori che servano
per tutelare il bene comune ed un’accresciuta consapevolezza morale di coloro che
fanno la scienza, potrebbe evitare – in futuro – azioni come queste, che sono oggettivamente
inaccettabili. D. – Quindi, professor Pessina, è questa la strada,
secondo Lei, da seguire per evitare che ciò accada? R. – Si
può rispondere ribadendo una cosa: l’uomo della tecnologia è un uomo che ha un enorme
potere, ma che ha una consapevolezza morale sempre più piccola, sempre più legata
ai piccoli interessi. Tra l’altro, l’idea di mettere al mondo un figlio pensando di
copiarlo, di riprodurlo, è un po’ un’idea che sembra mettere in gioco l’idea della
riproduzione di massa degli oggetti d’arte; anche l’uomo sembra essersi ridotto ad
un oggetto d’arte, riprodotto in modo indefinito. Non solo è sbagliato, ma è anche
impensabile, perché nel momento in cui ci si apre questa strada, ciò che ne va è veramente
l’intera dignità dell’uomo, non solo di chi compie quest’atto, ma della nostra stessa
consapevolezza morale.