Alla Lateranenese giornata di studio su “Nuove tecnologie, nuove relazioni"
Ripercorrere le orme del messaggio di Benedetto XVI per la 43.ma giornata mondiale
per le comunicazioni sociali, per analizzare il rapporto tra i nuovi media e le attuali
trasformazioni sociali e culturali. È il tema centrale della giornata di studio dal
titolo: “Nuove tecnologie, nuove relazioni. Promuovere una cultura di rispetto, di
dialogo, di amicizia”, in corso oggi nell’aula Pio XI della Pontificia Università
Lateranense. Al termine del convegno, l’Associazione Meter di Don Fortunato Di Noto
riceverà il Premio Paoline Comunicazione e Cultura 2009. Il servizio di Alessandra
De Gaetano:
Per la 43.ma
Giornata mondiale per le comunicazioni sociali, il Papa esorta ad “essere attenti,
a non banalizzare il concetto e l’esperienza di amicizia” anche sul web. I nuovi linguaggi
della comunicazione – la televisione, Internet – come modificano la pastorale della
Chiesa? Risponde mons. Dario Edoardo Viganò, preside del Pontificio
Istituto pastorale Redemptor Hominis: “Pongono sotto vaglio
critico ogni processo, non solo quelli della Chiesa: ogni processo, ogni modello socio-pedagogico
… Proviamo a prendere in esame, ad esempio, temi molto importanti su cui è necessario
riflettere oggi, con questa diffusione capillare ed enfatizzata delle nuove tecnologie.
Per quanto riguarda la Chiesa, si deve analizzare il problema dell’identità, quindi
lo sdoppiamento dell’io e del se nella grande rete. C'è poi il problema di comunità:
cosa intendiamo noi per comunità? Bisogna andare a ri-definire questo senza perdere
nulla di ciò che è il valore tradizionale costitutivo normativo dell’esperienza del
credente. Ma allo stesso tempo si deve anche far tesoro di queste possibilità ulteriori
della tecnologia”. Destinataria del messaggio del Papa per la
prossima giornata delle comunicazioni sociali, che si terrà il 24 maggio, è la generazione
digitale, quella dei giovani che navigano in Internet. Quali sono le linee guida della
pastorale della Chiesa per evangelizzare, come hanno fatto i discepoli di Gesù? Ascoltiamo
don Domenico Pompili, direttore dell’Ufficio nazionale della
Cei per le comunicazioni sociali: R. – Il continente digitale,
così come lo definisce il Papa, ha a che fare innanzitutto con le giovani generazioni
che hanno, appunto, in questi nuovi linguaggi il loro habitat naturale. Per questo,
il Papa si rivolge primariamente ai giovani, perché ritiene che il linguaggio debba
essere necessariamente tenuto presente anche quando si evangelizza: così è sempre
stato, del resto, in tutte le epoche storiche. E così è anche oggi. Per questo, il
Papa fa molto affidamento sui giovani proprio perché per loro questo linguaggio è
qualcosa di quasi connaturale. D. – In più occasioni, ultimamente,
le parole del Papa sono state demistificate dai mezzi di comunicazione. In che modo,
a questo proposito, è possibile ripensare un’etica della comunicazione? R.
– Credo che la comunicazione del Papa, come del resto più in generale la comunicazione,
oggi soggiaccia a due ipoteche negative, che sono la spettacolarizzazione per un verso
e la politicizzazione. Sono un po’ come due filtri che deformano qualsiasi messaggio.
Purtroppo, come capita talvolta, anche le parole del Papa rischiano di essere contraddette
da queste lenti deformanti che impediscono di coglierne il vero senso e l’autentico
spirito di provocazione che il messaggio del Vangelo ha sempre, nei riguardi della
cultura, anche di quella contemporanea.