Mons. Tomasi denuncia il legame tra razzismo e povertà, le discriminazioni contro
i cristiani e l’eugenetica
Dopo l’approvazione, ieri, del documento finale, proseguono a Ginevra i lavori della
Conferenza Onu contro il razzismo. Questo pomeriggio è intervenuto il rappresentante
vaticano, mons. Silvano Maria Tomasi, il quale ha auspicato che tale evento possa
segnare un passo avanti nella lotta contro le discriminazioni e l’intolleranza. Tuttavia
ha sottolineato che a otto anni dalla Conferenza di Durban l’impegno internazionale
contro il razzismo resta ancora incompleto nella sua attuazione. Il presule - dopo
aver ribadito la deplorazione della Santa Sede per le posizioni politiche estremiste
e offensive manifestate dal presidente iraniano nel suo intervento - ha affermato
la necessità di combattere le discriminazioni contro i bambini e le donne, spesso
vittime della tratta e ridotti in schiavitù, le discriminazioni contro gli immigrati
irregolari, i rifugiati e gli stranieri in genere che suscitano paure irrazionali.
In particolare mons. Tomasi ha parlato degli effetti devastanti derivanti dal legame
tra razzismo e povertà. Ascoltiamo la sua riflessione al microfono di Sergio Centofanti.
R. – C’è una
connessione diretta tra estrema povertà e discriminazione, quindi dobbiamo fare in
modo che tutti i diritti delle persone, inclusi i diritti economici e sociali, vengano
rispettati. Certo questa crisi economica tende a far soffrire di più i più poveri
e a relegarli ancora di più in una condizione che li espone a discriminazioni maggiori. D.
– Alla Conferenza si è parlato molto di discriminazioni religiose, ma non di discriminazioni
anti-cristiane… R. – Sì. Nel mondo in questo momento – dicono
i dati – 200 milioni di cristiani soffrono discriminazioni, il carcere o anche la
morte a causa della loro fede. Nel mondo la più grande comunità religiosa che viene
discriminata è quella cristiana. D. – Lei ha parlato anche di
eugenetica, di discriminazioni pre-natali: si decide chi deve vivere e chi no… R.
– Sì. E’ chiaro che il diritto fondamentale che prevale su tutto è il diritto alla
vita e quando questo diritto – come nel caso dell’aborto - viene negato – è la forma
più radicale di discriminazione.