Catalogna: alcuni istituti cancellano i riferimenti cristiani dalle festività del
calendario scolastico
Stravolgere le festività del calendario in omaggio di un distorto concetto di laicità.
È quanto hanno deciso di fare alcune scuole pubbliche della Catalogna che hanno cancellato
ogni riferimento alla tradizione cristiana attraverso acrobazie linguistiche incomprensibili.
Ed è così che il Natale diventa la “festa d’inverno” e la Pasqua la “festa di primavera”.
Ma la battaglia di retroguardia relativista raggiunge il grottesco con il giorno di
San Giorgio, patrono di Catalugna, che si celebra il 23 aprile: in occasione della
ricorrenza gli studenti festeggeranno i giochi floreali. Per gli stessi motivi, tramite
una circolare, è stato naturalmente proibito agli insegnati di svolgere attività relative
al Natale e alla Pasqua e di ornare le aule con simboli religiosi come il presepe.
Fra gli istituti che hanno deciso di stravolgere il calendario ci sono il Cervantes
e Arenal di Llevant. “Queste festività hanno assunto nella nostra regione un carattere
profano – ha spiegato in un intervista alla stampa locale, poi ripresa da Avvenire,
la responsabile del Cervantes Isabel Nadal -. Ed è giusto che i nomi vengano adeguati
per non urtare la sensibilità dei laici”. La singolare decisione di questi istituti
ha suscitato l’immediata reazione della comunità cristiana: l’associazione E-Cristians
si è mobilità per chiedere al Dipartimento di educazione di riportare la normalità
“lessicale e culturale”. D’altra parte l’associazione evidenzia che per nessun catalano
il 25 dicembre è la festa d’inverno, “in tutto l’occidente lo chiamano da sempre Natale”.
La guerra lessicale proclamata da queste scuole ha quindi il solo risultato di confondere
gli allievi e di privarli delle proprie radici e identità. “La costituzione afferma
la laicità dello Stato ma parla anche di collaborazione tra istituzioni e fedi religiose.
– conclude il comunicato di E- Cristians – La a-confessionalità dello stato, pertanto,
non implica la a scomparsa della religione dalla vita pubblica”. (M.G.)