Mons. Crepaldi: l'individualismo corrode la solidarietà nelle famiglie e nel lavoro
“Come la famiglia viene sempre più individualizzata, così anche il lavoro viene sempre
più individualizzato” e il fenomeno della rarefazione familiare va di pari passo con
la “corrosione della solidarietà nel mondo del lavoro”. È questo in sintesi l’allarme
lanciato da mons. Giampaolo Crepaldi, Segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia
e della Pace, nel discorso pronunciato al convegno sul tema “Lavoro e famiglia”, organizzato
dal Forum delle persone e associazioni di ispirazione cattolica nel mondo del lavoro,
che si è svolto a Roma. Il Forum è stato animato dal Movimento Cristiani Lavoratori,
dalla Compagnia delle Opere, dalla Cisl, dalla Confartigianato e dalla Confcooperative.
Davanti a una platea di 800 persone il segretario del dicastero vaticano – ripreso
dalla Zenit - ha spiegato che “la famiglia è soprattutto relazione”, il luogo della
primordiale socializzazione della persona e che in famiglia “l’uomo apprende virtù
e atteggiamenti che poi faranno la differenza anche nella società e sul posto di lavoro.
Anche il lavoro è ormai soprattutto relazione”. In questo contesto mons. Crepaldi
ha osservato come sia in atto un fenomeno che “indebolisce le capacità relazionali
della famiglia e che si chiama rarefazione familiare”. A conferma delle preoccupazioni
esposte dal presule ci sono i dati sulla famiglia di quasi tutti i paesi europei che
mettono in evidenza che in famiglia le relazioni si stanno assottigliando a causa
della diminuzione dei matrimoni e l’aumento delle convivenze, per i divorzi e le separazioni,
per l’inverno demografico in atto, per il numero degli aborti e, da ultimo, per una
certa prassi eugenetica che sta montando all’orizzonte. Aumentano le famiglie monoparentali
e i figli unici. Aumentano i legami intrafamiliari ad intermittenza. Le esperienze
di relazione, così, diminuiscono non solo in quantità ma anche nella gamma della loro
qualità: sono sempre più limitate, di corto respiro, di breve durata e standardizzate.
Mons. Crepaldi ha quindi criticato i nuovi modelli di famiglia, perché non è vero
che “la flessibilità familiare sarebbe il congruo corrispondente della flessibilità
lavorativa”, al contrario la moderna divisione del lavoro richiede “maggiore forza
interiore, più sviluppate capacità di stabilire continuità di relazioni e stili di
vita, una maggiore coerenza di visione” e quindi “più famiglia e non meno famiglia”.
Per questo motivo c’è bisogno di nuove politiche che valorizzino e incentivino la
famiglia tradizionale. Successivamente ha ricordato che la globalizzazione favorisce
le concentrazioni ma assegna anche nuovi compiti al piccolo e al locale e che l’attuale
crisi della finanza creativa ci rimette con i piedi per terra e ci richiama alla concretezza
dei rapporti produttivi. Mons. Crepaldi ha poi sottolineato che “se il lavoro passa
sempre più dalla società civile, esso passa sempre di più dalla famiglia, che della
società civile è la prima cellula”. E’ infatti evidente che la famiglia svolge compiti
sociali di fondamentale importanza, “innerva la rete del risparmio produttivo, dirotta
energie verso la cura alla persona, fa da ammortizzatore sociale primario in tempi
di crisi, anima il volontariato, stabilisce rapporti con la piccola industria e con
il credito su base locale, sviluppa una educazione alla socialità di grande importanza
per il lavoro”. Il Segretario del Pontificio Consiglio ha infine invocato politiche
‘family friendly’, quali la legislazione sui tempi e sulle condizioni di lavoro, la
legislazione sui congedi e sulla sospensione del lavoro, misure per favorire i compiti
di cura della famiglia, sostegni da parte di enti pubblici, imprese, terzo settore
e reti informali. Tutto questo, ha concluso, al fine di “superare la logica individualistica
da una parte e quella della programmazione rigida degli interventi da parte del solo
Stato dall’altra” perché “sappiamo che si tratta di un corto circuito che ha già provocato
molti danni in passato”. (M.G.)