Conferenza di Ginevra. Mons. Tomasi: Santa Sede presente per lottare contro razzismo
e discriminazione
In un clima di divisioni e assenze clamorose, si è aperta stamane a Ginevra la seconda
Conferenza delle Nazioni Unite sul razzismo, la discriminazione razziale e la xenofobia,
8 anni dopo la prima svoltasi a Durban in Sud Africa. Oltre 150 i Paesi partecipanti,
30 i ministri degli Esteri e 4 i capi di Stato presenti, oltre ad una delegazione
della Santa Sede. Ad aprire i lavori è stato il segretario generale dell’ONU, Ban
Ki-moon. Il servizio di Roberta Gisotti.
“Sono
profondamente deluso” – ha esordito Ban Ki-moon – “rimpiango profondamente che alcuni
abbiano scelto di farsi da parte”. E poi ha aggiunto “possiamo superare le divergenze”,
quindi l’appello “a tutti i Paesi a considerare questo processo come un inizio
e non una fine.''
Le lunghe trattative e
i compromessi raggiunti sulla bozza di dichiarazione finale per eliminare le accuse
di razzismo contro lo Stato di Israele e i toni ritenuti antisemiti non hanno impedito
l’assenza oggi a Ginevra di Stati Uniti ed Israele, che ricordiamo avevano già abbandonato
la Conferenza di Durban. Ma la crepa nella casa ONU dopo 8 anni si è allargata ad
Australia, Nuova Zelanda, Canada e in Europa a Germania, Olanda, Polonia ed Italia,
che dopo consultazioni febbrili per raggiungere una posizione comune nell’Unione Europea
hanno deciso di boicottare i lavori di Ginevra.
A
scaldare ulteriormente gli animi l’incontro ieri tra il presidente elvetico Merz e
il presidente iraniano Ahmadinejad, verso cui si appuntano le critiche più aspre.
Per questo l’ambasciatore israeliano ha abbandonato stamane Ginevra in segno di protesta,
mentre il premier Netanyahu, ha sottolineato come nel giorno in cui Israele celebra
la memoria della Shoah, la Conferenza contro il razzismo “accoglie un razzista e negazionista”.
Grande attesa dunque per l’intervento di Ahmadinejad previsto nel pomeriggio, su cui
pesa il monito della Francia, che lascerà l’aula alle prime dichiarazioni razziste
o antisemite del capo di Stato iraniano, che questa mattina ha incontrato, a margine
della Conferenza, Ban Ki-moon, forse nel tentativo del segretario generale dell’ONU
di arginare uno scontro ancora più duro con i Paesi che hanno disertato Ginevra.
Tornando
all’intervento in aula di Ban Ki-moon, questi ha denunciato che il razzismo non è
scomparso “e può essere istituzionalizzato, come l’Olocausto ma può anche esprimersi
in modo meno ufficiale, sotto forma di odio verso alcune classi o persone particolari”,
citando “l’antisemitismo” e “la nuova islamofobia”. “Le vittime del razzismo “ci
guardano ma cosa vedono?" - si è chiesto il segretario generale dell’ONU: ''parliamo
di tolleranza e mutuo rispetto, ma puntiamo l'indice gli uni contro gli altri e ci
rivolgiamo gli uni agli altri le stesse accuse'' del passato, ha deprecato Ban Ki-moon,
denunciando poi il traffico di esseri umani e le nuove politiche xenofobe in aumento.
Per il capo dell'Onu, ''la discriminazione non sparisce da sola. Deve essere affrontata.
Altrimenti può diventare causa di disordini e violenze sociali”. Ultimo monito: “dobbiamo
essere particolarmente vigilanti in questo periodo di difficoltà economica''.
Il
Papa ieri al Regina Caeli, a Castel Gandolfo, ha ribadito la richiesta di “un’azione
ferma e concreta, a livello nazionale e internazionale, per prevenire ed eliminare
ogni forma di discriminazione e di intolleranza. Occorre, soprattutto – ha detto -
una vasta opera di educazione, che esalti la dignità della persona e ne tuteli i diritti
fondamentali”. Quindi ha sottolineato che “solo il riconoscimento della dignità dell’uomo,
creato ad immagine e somiglianza di Dio, può costituire un sicuro riferimento per
tale impegno”. Sulle polemiche alla conferenza Onu e il boicottaggio di alcuni Paesi
ascoltiamo l’osservatore permanente della Santa Sede all'Ufficio delle Nazioni Unite
a Ginevra mons. Silvano Maria Tomasi, al microfono di Sergio Centofanti:
D. – Dal
punto di vista della Santa Sede, noi guardiamo anzitutto alla sostanza di questa conferenza
e, cioè, che in questo momento ci sono delle forme nuove di razzismo, che si manifestano
in discriminazioni verso gruppi emigrati, verso comunità indigene, verso gruppi che
sono economicamente emarginati. E, quindi, si vede la necessità di rinnovare, come
propongono le Nazioni Unite, uno sforzo comune della Comunità internazionale per combattere
il razzismo in tutte le sue manifestazioni. Il primo punto di partenza è che si tratta
di una questione etica, cioè che non si può violare la dignità di nessuna persona,
tutte le persone sono figli di Dio, di uguale valore. Davanti a questa necessità,
la presenza nei negoziati e nella conferenza stessa, ci pare una necessità al giorno
d’oggi, appunto per facilitare questo cammino della comunità internazionale nel trovare
nuove forme per combattere le discriminazioni. Certo, l'assenza di alcuni Paesi crea
un po’ di disagio, nel senso che non si capisce bene, dopo che l’ultimo documento
del negoziato - che sarà il testo su cui questa conferenza si baserà per approvare
le sue conclusioni - ha eliminato i punti che erano stati sollevati come punti di
disaccordo. E, in particolare, vorrei citare la questione dell’antisemitismo: in questo
documento viene riaffermato che bisogna combattere ogni forma di antisemitismo, di
islamofobia e di cristianofobia. Si fa una menzione esplicita dell’Olocausto, che
non si deve dimenticare, si fa poi una riformulazione del diritto alla libertà di
espressione in maniera molto chiara, cioè dicendo che l’esercizio al diritto della
libertà di espressione deve essere sostenuto e mantenuto. Quindi, non si capisce bene
la ragione di queste assenze. Certo, il primo paragrafo del nuovo documento, dell’ultimo
documento, riafferma la dichiarazione e il programma di azione della prima conferenza
di Durban del 2001. E’, però, la prassi normale delle Nazioni Unite di fare conferenze
di esame per vedere come sono stati applicati i programmi e le decisioni prese nella
prima Conferenza. Perciò, non si poteva fare a meno di fare riferimento a questo documento,
che era stato del resto approvato da tutti i Paesi che avevano partecipato a Durban,
eccetto i due che erano assenti, gli Stati Uniti e Israele. Quindi, direi che in questo
momento la conferenza è cominciata con una certa serenità. Ha parlato il segretario
generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, che ha deplorato l’assenza di alcuni Paesi,
citando il presidente americano Roosvelt che diceva che è meglio essere nell’arena
a combattere che essere assenti. Davanti a questo svolgimento io ho fiducia che si
continui su questo cammino e che non ci siano delle occasioni di disturbo.
D.
– C’è stato anche chi ha criticato la Santa Sede per la sua partecipazione…
R
. – La Santa Sede non è legata a nessuna posizione politica di carattere immediato,
va direttamente al cuore del problema, che è un problema umano di grande importanza:
che la dignità di ogni persona deve essere valorizzata e rispettata e che non si può
accettare che ci siano delle categorie di persone che vengano considerate inferiori
o di minor valore per ragioni di razza o di appartenenza etnica o di confessione religiosa.
E' importante che tutte le persone indistintamente siano protette e rispettate. Questo
è il motivo di fondo che spinge la Santa Sede ad esser presente come ha detto il Santo
Padre nel Regina Coeli di ieri. Quindi, noi ci muoviamo su questa direttiva che ci
è stata indicata dal Santo Padre e camminiamo per migliorare la situazione, dialogando,
invece che utilizzare metodi più aggressivi, che non creerebbero un dialogo sereno.
D.
- Per la Santa Sede occorre lottare contro ogni forma di discriminazione, contro l’antisemitismo
e l’islamofobia, ma è crescente e meno considerata anche la discriminazione contro
i cristiani sia dove sono un minoranza sia in Occidente….
R.
– Io ho avuto occasione di parlare all’ultima sessione del Consiglio dei diritti umani,
non molto tempo fa, esplicitamente di questa necessità di guardare con più attenzione
ai cristiani i cui diritti umani non vengono rispettati. Di fatto, fra tutte le confessioni
e le religioni, i cristiani sono il numero più grande di persone che soffrono la violazione
dei loro diritti. Si parla addirittura di 200 milioni di cristiani di tutte le confessioni
che si trovano in situazioni precarie o in situazioni di discriminazione. Questo problema
lentamente sta emergendo e entrando anche nella coscienza internazionale, ma penso
che ci sia ancora un cammino piuttosto lungo da fare.