Abruzzo. Rischio di infiltrazioni mafiose nella ricostruzione: servono 12 miliardi
Terremoto in Abruzzo. Prosegue l’opera di sostegno alle popolazioni, non senza polemiche
sulla tempestività di alcuni interventi necessari ad alleviare le condizioni degli
sfollati, che sarebbero 50 mila in un'area di 1500 chilometri quadrati, secondo dati
aggiornati della Protezione civile, che ha allestito finora 106 campi con 4.500 tende
ed occupato 406 alberghi. E mentre nuove scosse si sono registrate ieri sera, fino
alla magnitudo di 4.1 sulla scala Richter, prosegue anche l’opera di verifica sull’agibilità
degli edifici dell’Aquila e provincia. Intanto si fanno i primi conti per la ricostruzione,
secondo il ministro dell’Interno Maroni serviranno 12 miliardi di euro. Il servizio
di Giampiero Guadagni:
In vista
del prossimo Consiglio dei Ministri che si terrà all’Aquila, oggi è in programma una
riunione tra Governo e tecnici per capire quali misure potranno essere adottate per
affrontare l’emergenza. Su circa 1.500 edifici finora esaminati dalla Protezione Civile
e dai Vigili del Fuoco, poco più della metà è in condizioni di agibilità. Ma la gente
resta lontana dalle abitazioni, la paura è ancora molta perché le scosse, anche di
forte intensità, non sembrano ancora in fase di esaurimento. Intanto le banche hanno
annunciato misure straordinarie a favore delle popolazioni colpite, in particolare
la sospensione per tutto il 2009 del pagamento delle rate dei mutui. L’Abi ha messo
poi a disposizione fondi per la ricostruzione e, a tale proposito, la Procura dell’Aquila
- che sta indagando su eventuali responsabilità penali per i crolli dovuti al sisma
di lunedì - lancia l’allarme per possibili infiltrazioni mafiose proprio nella gestione
dei fondi post-terremoto.
Ricostruzione, la parola che
apre alla speranza e sulla quale si discute in termini di scelte politiche e imprenditoriali
che andranno a condizionare il territorio. Massimiliano Menichetti ha interpellato
Gianni Chiodi, presidente della Regione Abruzzo, che ritiene attendibile la
cifra prevista dal governo per la ricostruzione, e che ha chiesto di rinviare le elezioni
amministrative.
D. – La grande
problematicità legata a questo sisma è che ha investito un’intera città: questo rende
più difficile la ricostruzione. Da più parte gli appelli a ricostruire tutti i luoghi
d’arte. Si parla di un quartiere satellite, come vede questa possibilità?
R.
– Intanto c’è bisogno della ricostruzione del centro storico e dei luoghi anche artistici.
Prima le case, però, perché rappresentano l’identità di una comunità. Io auspico che
venga fatto all’Aquila perché le due cose non si escludono l’un l’altra. Quella del
centro storico richiede un forte investimento di capitali statali, invece il modello
che si sta studiando per le “new town” prevede un forte coinvolgimento di capitali
privati. Io dico sempre che se vogliamo vincere le sfide economiche bisogna mettere
insieme tutte le risorse pubbliche e private di cui un territorio dispone.
Sul
piano degli aiuti, la notizia stamane sulla raccolta di fondi avviata dalla Protezione
civile - attraverso donazioni telefoniche - che ha superato i 10 milioni euro. Ma
se la solidarietà collettiva è grande, ci sono popolazioni tutt’ora in stato di estrema
sofferenza, come riferisce l'inviato di “Avvenire” Luca Liverani, raggiunto
da Stefano Leszczynski:
R. – Io ho
fatto un lungo giro in alcune frazioni del Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti
della Laga. Lì ci sono effettivamente delle situazioni difficili. L’epicentro del
terremoto si sta spostando a nord-est proprio verso la zona dei monti della Laga e
lì le scosse che hanno fatto più danni non è stata quella della notte di domenica
6 aprile, quanto quelle successive di mercoledì e giovedì. Ho visto Campotosto, il
cui centro è lesionato, la gente non può rientrare in casa; la tendopoli si trova
sotto il paese, una quindicina di tende, ci sono circa 150 persone. Fino a ieri sera
non c’era ancora la luce elettrica e, quindi, il riscaldamento e stiamo parlando di
un paese a 1.400 metri di altezza, che nella notte fra la domenica di Pasqua e il
lunedì è stato sferzato da una bufera di vento e neve.
Migliorano
invece le condizioni dei cittadini assistiti nel campo di Onna, il paese raso al suo
dal sisma. Ascoltiamo la testimonianza di un medico, il dottor Giovanni Valeri,
al microfono di Luca Collodi:
R. – Grazie
a Dio con la tendopoli si comincia ad avere un assetto quasi regolare: ognuno ha la
propria piccola abitazione, una piccola tenda; sono arrivate le docce, la mensa già
c’era. La prospettiva del paese era quella di organizzarsi anche nell’immediato, di
creare qualcosa di più stabile per poter ricominciare l’attività lavorativa.
D.
– A cosa state pensando?
R. – Si sta pensando di
avere delle casette in legno, al più presto, per poi da lì poter riedificare, se possibile,
il paese, o ristrutturarlo oppure ricrearlo ex novo.
D.
– Le stufe sono arrivate? Il freddo è intenso, ancora?
R.
– Il freddo è tanto: sono arrivate sia stufette piccole sia piccoli climatizzatori,
che fanno caldo e freddo. Però, per queste piccole tende vanno benissimo. (Montaggio
a cura di Maria Brigini)
E mentre si attende domani
una nuova visita nelle zone del sisma del presidente del Consiglio Berlusconi, stamane
arriva l’appello - rivolto alla classe politica nel suo insieme - di madre Viviana
Ballarin, presidente dell'Unione delle Superiori maggiori di Italia (USMI) riunite
in Assemblea nazionale a Roma. Raccomanda madre Ballarin: non solo “proclami e promesse
ma gesti concreti'' anche “quando non si parlerà più del terremoto”, “perché la vita
e la speranza non si ricostruiscono in pochi giorni ma nel tempo”. (A cura di Roberta
Gisotti)